Un "cartoon" pieno di orrori
di Leonardo Autera
Quattro anni di lavoro da parte di 244 persone, oltre due milioni e mezzo di disegni: impiego di telecamere, di una cinepresa multipla, di elaboratori elettronici alla maniera giapponese, di pellicola a 70 mm, di colonna sonora in Dolby Stereo: il tutto per 25 milioni di dollari. Ed ecco realizzato l'ultimo ambizioso progetto della premiata ditta Walt Disney (in coproduzione con la Silvers Screen Partners II) nel campo dei "cartoons" a lungometraggio. Quanto ai risultati, però, non diremmo che siano all'altezza del precedente impegno della Casa per Brisby e il segreto di Nimh (1982), sicuramente più in linea con lo stile e lo spirito del Maestro.
La storia di Taron e la pentola magica ("The black cauldron"), che ben nove sceneggiatori, tra cui i registi Ted Berman e Richard Rich, hanno lìberamente desunto dai cinque volumi delle "Cronache di Prydain" di Loyd Alexander, è quella del piccolo guardiano di maiali che, sognando di diventare un valoroso guerriero, parte alla ricerca di una favolosa pentola capace di far resuscitare un esercito di soldati con cui chiunque potrebbe dominare il mondo. Ma non sono queste le intenzioni di Taron, bensì di distruggere la pentola o di annullare il suo potere malefico, al quale invece aspira il malvagio re Cornelius. signore delle Tenebre. Con costui e con i suoi scherani capitanati da un perfido Rospus il ragazzo dovrà intraprendere una dura lotta prima di riuscire nel proprio intento. E gli saranno di valido aiuto soprattutto una maialina veggente, il golosone Gurki e un magico spadone incandescente; mentre alle avventure di Taron si accompagnano anche una bella principessina, un vecchio menestrello, una torma di gnomi e un gruppo di streghe ringhiose benché non del tutto cattive.
Il film, con il suo fulcro nella contesa con il terribile Signore delle Tenebre, sembra un rifacimento in disegni animati del recente Legend di Ridley Scott; ma più sicuri sono i rimandi ora a Excalibur, ora a Dark Crystal, ora al Il ritorno dello Jedi, ora a I predatori dell'Arca perduta, e così via con le citazioni. Perché gli autori di Taron hanno soprattutto badato all’imitazione della "fantasy" cinematografica che attualmente va per la maggiore, mutuandone anche gli effetti speciali ottici che più nulla hanno da spartire con la grafica vera e propria, piuttosto che rifarsi alla migliore tradizione disneyana. La quale è per lo più limitata a un paio di simpatici animaletti antropomorfi, la maialina Evy e il godibilissimo Gurki, che costituiscono forse il solo motivo di spasso per il pubblico piccino.
Ciò che predomina, invece, sono gli sfondi tenebrosi e le molte figure orripilanti, a partire dal diabolico e lugubre re Cornelius (la voce cavernosa amplificata dal Dolby Stereo) per finire, ma non e tutto, con una schiera di spaventosi scheletri di guerrieri che fuoriescono dalla pentola magica.
È vero che i "cartoons" giapponesi alla Tv hanno ormai abituato al peggio. Ma se adesso ci si mette anche la "Disney" a calcare il pedale degli affetti opprimenti, addio all'antico prestigio della Casa.
[ Indietro ]
Articoli per film Copyright © di IntercoM Science Fiction Station - (372 letture) |