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Arriva Ted, l'orsetto a luci rosse


di Mariarosa Mancuso


I bambini lasciateli a casa. L'orsacchiotto Ted si rifornisce dal suo pusher e fuma una pipa ad acqua. Guarda film pornografici e si accompagna a ragazze dai nomi troppo esotici per essere perbene. Beve birra e dice parolacce. Corteggia pesantemente la cassiera del supermercato: con un attore non di peluche la scena sarebbe a luci rosse, per molto meno fu censurato il manifesto di Le regole dell'attrazione, coniglietti di pezza impegnati nelle posizioni del kamasutra. Con lei si apparta nel retrobottega: «Toccami sotto l’etichetta». Dirige Seth MacFarlane, qui anche sceneggiatore e produttore. Già molto applaudito come inventore dei Griffin e di altre fantastiche serie d'animazione sboccate e irrispettose verso tutto e tutti. In Ted fa muovere e parlare l'orso di pezza come se fosse un giovanotto rimasto impigliato nella sua adolescenza. Non lavora e non guadagna, fa tardi la sera, coltiva un'insana passione per Flash Gordon, ancora ha la tremarella quando sente un tuono.

Tale e quale al suo amico umano John, che al lavoro arriva sempre in ritardo dopo aver fatto l'alba con il peluche sporcaccione. Nessuno si stupisce se l'orsetto guida la macchina, o se si presenta in giacca e pantaloni quando viene cacciato di casa ed è costretto a cercarsi un lavoro. Assieme a Mark Wahlberg forma una coppia perfetta, con più chimica di molte altre viste sullo schermo. Non importa se uno arriva dal reparto effetti speciali e l'altro da Boogie Nights di Paul Thomas Anderson, da The Departed di Martin Scorsese, dal più recente The Fighter di David O'Russell.

Sono compagnoni da 18 anni. Da quando il desiderio di un bambino così solo e sfigato che invidiava i compagni di scuola picchiati dai bulli divenne realtà. E il gigantesco orso di pezza cominciò a dire cose diverse dal solito «Ti voglio bene». Urlo di spavento dei genitori, rapida carriera in tv, invito ai talk show, parabola discendente fino a un quartiere di Boston dove nessuno se lo fila.

Fa da terzo incomodo Lori, la fidanzata di John. È Mila Kunis, molto più brava nella commedia - ricordate Amici di letto con Justin Timberlake? - che nel ruolo da femme fatale del Cigno nero (per questo Seth MacFarlane l'aveva scelta per doppiare Meg, la rampolla grassotta, occhialuta e con l'eterno cappellino fucsia dei Griffin). Dopo quattro anni, spera in una proposta di matrimonio. O almeno che il trentacinquenne boy-friend metta fine alla convivenza con l'orsetto.

Tutto cominciò con Roosevelt. La saga Toy Story, firmata Pixar, mostra i giocattoli con una vita propria, a patto che non ci siano umani in circolazione. Nella terza puntata abbiamo conosciuto l'orsacchiotto rosa Lotso, tenero di giorno e autoritario di notte (a sua scusante, una tremenda storia di abbandono, assieme al bambolotto con l'occhio mezzo chiuso arruolato come guardia del corpo). Non è la prima volta che il tenero amico dei bambini, nato quando il presidente americano Theodore Roosevelt salvò la vita a un cucciolo d'orso (per questo si chiama Teddy Bear) fa cose inappropriate. Capita anche nella realtà, non solo al cinema: centinaia di orsetti lanciati da un aereo, ognuno con il loro piccolo paracadute, hanno protestato in Bielorussia contro il regime di Andrei Lukashenko.

Le dolenti note stanno nel doppiaggio italiano, che traduce "white trash" (americano povero e bianco) con "truzzo". Questione annosa, e lo stesso vale per l'adattamento, in difficoltà per i molti riferimenti alla pop culture. La commediaccia, con un tocco di nero, eroicamente resiste. Ma i sottotitoli sarebbero stati una benedizione.






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