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Non solo effetti speciali nei misteri di un'astronave


di Paolo Mereghetti


Cambia la coprotagonista (la più insipida Rosie Huntington-Whiteley al posto della «ribelle» Megan Fox, che aveva osato criticare l'autoritarismo del regista) ma la storia cambia poco: sempre buoni contro cattivi, Autobot contro Decepticon, difensori della civiltà contro invasori alieni, eroi (qui con un certo riequilibrio numerico tra bianchi e neri: Obama docet?) contro traditori. A voler pensar male verrebbe da far notare che i cattivi Decepticon si nascondono in Africa, in India, in Indonesia (così almeno verrebbe da dedurre dall'ambientazione) e quindi trarre la conseguenza che la minaccia per l'occidente oltre che dallo spazio arriva anche da quelle zone dove la religione più diffusa non è certo il cristianesimo ... Ma forse sono solo deformazioni: in fondo per nascondersi sono meglio la savana o le foreste equatoriali.

Il tema di fondo è sempre il rischio che il mondo sia distrutto e che l'umanità (qui il popolo americano, ma solo per la «solita» deformazione retorica del cinema hollywoodiano) sia ridotta in schiavitù anche perché chi è incaricato di difenderci non sembra molto adatto alla bisogna. Ma per fortuna non ci mancano gli eroi e soprattutto le armi necessarie a scatenare la controffensiva. E anche questo sarebbe un punto su cui chiedere qualche lume al coproduttore Steven Spielberg, perché alla fine il vero piacere del film - soprattutto per il suo pubblico d'elezione, quello adolescenziale - è quello dello scontro senza tregua, della lotta all'ultimo sangue (o bullone) e dell'importanza di dotarsi di un adeguato armamentario bellico ... Ma anche qui forse ti facciamo coinvolgere troppo dalla nostra formazione cinematografica, quella che si era nutrita di film «pacifisti» come E.T.-L'extraterrestre e Incontri ravvicinati del terzo tipo.

Per il resto Transfonners 3 è quello che ci sì aspetta: un vero concentrato di effetti speciali, a volte piuttosto strabilianti, questa volta tenuti maggiormente sotto controllo rispetto alla seconda «puntata» (La vendetta del Caduto), dove il predominio delle tecniche digitali aveva finito per stravolgere il film e farlo assomigliare troppo a un videogioco dell'ultima generazione. Qui, invece, l'alternanza tra immagini generate al computer e scene solo recitate ritrova un suo equilibrio che permette al film di non bombardare troppo gli occhi dello spettatore (rischiando il collasso visivo) e di recuperare quella dimensione più farsesca che era stata la caratteristica del film originario. Una dimensione a cui il protagonista Shia LaBeouf sembra adattarsi con innata facilità, certamente più a suo agio qui, nei panni del tartassato e sbertucciato Sam Witwicky, che in quelli del rampante e determinato Jake Moore di Wall Street: il denaro non dorme mai.

A innescare la storia, questa volta, è una rilettura della storia spaziale americana: Kennedy diede il via al programma Apollo non per conquistare la luna ma solo per poter scoprire prima dell'Urss che cosa nascondeva la misteriosa astronave caduta sul lato oscuro del nostro satellite. E che si rivelerà essere una nave spaziale Transformer che celava al suo interno il loro massimo scienziato, Sentinel Prime, e la sua più stupefacente scoperta, capace del più strabiliante teletrasporto spaziotemporale. Un segreto di cui vogliono impossessarsi anche i Decepticon, capaci di mettere in opera una serie di doppiogiochi per ingannare le difese di Optimus Prime e dei suoi Autobot.

Per fortuna Sam, ancora alla ricerca di un impiego ed eternamente geloso di una fidanzata fin troppo piacente (più per merito di un candido guardaroba ultra-fasciante che per le qualità dell'attrice chiamata a succedere a Megan Fox), intuisce che qualche cosa non funziona e si unisce a BumbleBee e soci per affrontare la nuova minaccia tecno-spaziale. Tornando a coinvolgere l'ex agente segreto Simmons (un John Turturro che sembra particolarmente disponibile a giocare sui toni della farsa) e intrecciando la sua strada con quella di una dittatoriale dirigente dei Servizi col volto di Frances McDormand.

In due ore e trenta di film i colpi di scena sono evidentemente tantissimi ma in questa terza puntata il coinvolgimento dell'elemento umano è decisamente maggiore e le sequenze più spettacolari sono proprio quelle che vedono attori in carne e ossa «coprotagonisti» delle scene digitali (Sam che viene sbalzato fuori e poi ripreso da BumbleBee che passa da auto a transformer e ancora a auto). Riuscendo alla fine a riequilibrare quel curioso compiacimento «luddista» che finisce per trasformare la distruzione dei simboli urbani (qui di Chicago) in un elemento di divertimento. Non sprovvisto di una inquietante pulsione masochista.






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