Non è un giallo, nonostante ci siano due morti e due inchieste poliziesche; piuttosto è un melodramma senza melodrammaticità, una specie di viaggio raggelato e metafisico dentro il cuore nero delle persone.

Alla base c'è un romanzo di Stephen King, Dolores Claiborne, dal nome della madre che per due volte viene accusata di assassinio: prima di un marito alcolizzato e violento e, una quindicina di anni dopo, della ricca (e insopportabile) signora presso cui ha lavorato tutta la vita. Ma più che la ricerca di una verità giudiziaria che interessa fino a un certo punto, il film scava nella psicologia di questa sciatta governante, che sembra voler allontanare da sé tutti coloro che potrebbero aiutarla, a cominciare da una figlia che ha preferito la carriera agli affetti. E così lo spettatore è portato a interrogarsi sul significato del sacrificio, dell'autocommiserazione, del dolore, sulle ragioni che inaridiscono i sentimenti e incupiscono la vita (magari attraverso due dettagli: l'ossessione della figlia per le creme che ammorbidiscono la pelle e le deformazioni delle dita della madre). Per arrivare a un «recupero» della solidarietà femminile che la dice lunga sull'America e sui suoi sogni E se Hackford è un regista che non sa evitare inutili sottolineature (certi panorami da tregenda, l'insistenza della musica) è un direttore d’attori eccellente. Così come sono straordinarie le due interpreti, Bates e Jason Leigh nei ruoli della madre e della figlia. Tenebroso.

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