Riecco gli ultracorpi, più orridi che mai
di Tullio Kezich
L’hanno preso sottogamba: recensioni altezzose, premi niente. Il «cinema-cinema», quello che passa attraverso i film di genere e ha per obiettivo principale il divertimento dello spettatore, non trova grazia ai festival. Ma tornando alle sale dopo la parentesi forzata dell'estate (ahimé, che presa in giro quella strombazzata «Festa del cinema») andate a vedere il penultimo film di Abel Ferrara e mi saprete dire se non vi ha messo paura, se non vi ha fatto pensare. È in gioco, scusate se è poco, il destino dell'umanità intera, che sembra compromesso dall'invasione degli ultracorpi (era il titolo del film originario di Don Siegel nel '56). Giù dal vasto universo sono piovuti in una plaga degli USA (là era una cittadina di provincia, qui un campo militare) migliaia di grossi baccelli: dai quali nottetempo si sviluppano schifosi tentacoli che avvinghiano i mortali nel sonno svuotando i loro corpi e trasformandoli in esseri di una razza omologata, sonnambulistica, insensibile.
La ragazza Marti, in transito a Camp Daly al seguito del padre ricercatore sanitario, ha l’annunciazione della catastrofe quando in un cesso buio un uomo nero la ghermisce solo per avvertirla: «Ti prendono mentre dormi». Il suo fratellino Andy si allarma nello scoprire che tutti i compagni di scuola, tranne lui, hanno fatto lo stesso disegno. La giovane matrigna Carol, passabilmente indigesta anche da terrestre, assume per prima i connotati del mostro e papà, povero papà, seguirà la stessa sorte e non resterà che sparargli addosso ...
Se il film di Siegel venne colto all'epoca come una spregiudicata allegoria del maccartismo che contaminava le coscienze americane, Ferrara affronta in una chiave tra favola e metafora un mutamento ancora più radicale. Magistralmente fotografato da Bojan Baselli che sa giocare a rimpiattino con le tenebre, scandito sui tempi secchi di un'ora e mezzo e sempre più soffocato nella stretta dell'esercito degli zombi, il film è una danza macabra degna di diventare un pezzo d'obbligo nella cineteca del fantastico.
Valorizzato da una «personale» che gli dedicò Gian Piero Brunetta al Mystfest di Cattolica il talentosissimo Ferrara trascorre in Ultracorpi dall'abituale melodramma urbano alla fantasmagoria apocalittica, strizzando l'occhio alle trasformazioni dei vari “Jekyll” e a, «La notte dei morti viventi»: e collocando i nuovi mostri in una cornice militaristica inquietante.
Per cui al repertorio degli incubi possiamo aggiungere da oggi in poi l'immagine fortissima di un qualsiasi innocuo interlocutore che di colpo si trasforma e ti punta addosso il dito accusatore cacciando un urlo disumano per richiamare l'orrenda congrega. Fantasia? Fantascienza? Delirio paranoico? No, un'icastica metafora di ciò che succede tutti i giorni intorno a noi, quando siamo fortunati; e addosso a noi, quando quel dito della collettività impazzita ce lo troviamo puntato nella nostra direzione.
Pensate ai vari mostri sbattuti in prima pagina, a Valpreda, a Enzo Tortora. Non mi stupirei che nel tempo Body Snatchers venisse ricordato come un film politico; e di quelli a più lunga conservazione.
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