Terrore nel villaggio, infuria un licantropo
di Giovanna Grassi
Intitolato originariamente Silver Bullet (Pallottola d'argento), il film diretto da Daniel Attias, già aiuto regista di Steven Spielberg per E.T., è tratto dal romanzo breve di Stephen King «Cycle of the Werewolf».
Il copione, sceneggiato dallo stesso autore, ripropone alcuni temi già sfruttati in precedenza dall'interessante scrittore di Shining, La zona morta e Cujo, purtroppo ormai asservito e spesso svenduto a una sorta di catena di montaggio della letteratura dello spavento.
Ambientato nella cittadina di Tarker's Mills, e girato quasi tutto negli studios del North Carolina di recente acquisto del produttore Dino De Laurentiis, Unico indizio la luna piena propone una storia di licantropi all'interno del microcosmo di uno dei tanti villaggi americani con la chiesa, la casa del sindaco, quella del pastore e le villette le une eguali alle altre, sparpagliate nella campagna intorno alla strada principale e al drugstore. In questo ambiente di provincia, segnato da abituali ritmi quotidiani e da rari fatti nuovi, cominciano ad accadere cose strane. Lungo la strada ferrata si ritrova il cadavere dell'ubriacone Arnie Westrum, nel suo letto si rinviene il corpo senza vita della giovane Stella in attesa di un figlio dal suo ragazzo deciso a negare la paternità del nascituro, nella campagna si scoprono altri cadaveri... Il panico dilaga e a scoprite che gli omicidi vengono compiuti tutti durante il plenilunio è Marty, un ragazzino handicappato la cui sorella, Jane, nutre come lui sospetti fondati sul mistero degli omicidi che ormai hanno gettato l'intera cittadina nel terrore e acceso gli animi del desiderio di vendetta.
Ruotando intorno a un tema consunto e ormai spesso affrontato dal cinema horror (i licantropi, lo spazio chiuso di un villaggio, la paura che genera violenza e si nutre di violenza), il film si ripete in continuazione proponendo una serie di situazioni analoghe e senza suspense sul nocciolo di un mistero che ha come unica motivazione il momento spettacolare della trasformazione del colpevole in lupo mannaro.
Ma anche i trucchi, gli effetti speciali e le creature realizzate da Carlo Rambaldi lasciano a desiderare. Si è visto di più e di meglio in questo campo a cominciare da Un lupo mannaro a Londra per finire a L'ululato.
Privo dì vera suspense, banale nelle motivazioni ambientali e psicologiche, infantile nelle trovate delle pallottole d'argento e della ferita a un occhio che dovrebbe servire ai giovani e sospettosi primi attori per individuare dopo le notti da lupo mannaro il vero colpevole ferito e scoperto nella sua identità di licantropo, il film risulta sbilanciato nei suoi toni realistici e fantastici.
L'ironia di alcune situazioni (il rapporto, ad esempio, tra i protagonisti adolescenti e uno zio eterno ragazzo) nuoce alle atmosfere macabre, che di sequenza in sequenza perdono presa. Fotografato con mestiere da Armando Nannuzzi e montato in modo fluido e scorrevole, il film è interpretato da caratteristi e attori di scialba presenza ad eccezione dello zio Red, il bravo Gary Busey, noto anche come valido musicista country.
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