Ed era sempre quel malefico Venerdì 13
di Maurizio Porro
"Venerdì 13" fu, nel 1980, un grande successo dell'horror in Usa. Fidandosi, con un giudizio di metro televisivo, che le ripetizioni -pagano- al botteghino, i produttori misero subito in cantiere, come in un serial. il n. 2 e in tre dimensioni, il n. 3.
Eccoci ora al "capitolo finale" di questa tipica storia di paura all'americana che si ripete senza dubbi, con il mostro psicopatico, il bosco pericoloso come nelle favole, i ragazzotti middle class in vacanza, stupidotti e pomicioni, così sempre eccitati che sembra quasi vengano massacrati anche per un po’ di moralismo, perché sono «porkys».
Dopo la strage dell'altro giorno nei pressi di San Diego, non si potrà più dire che è il cinema a dare il cattivo esempio. L'assassino di Venerdì 13, capitolo finale miete a Crystal Lake meno vittime del mostro reale, ma in compenso agisce con più determinazione. Fa fuori uno per uno i ragazzi e le ragazze di cui si diceva, spesso durante o subito dopo l'amplesso, più due gemelle fastidiose, una mamma innocente, un campeggiatore coraggioso ma sfortunato, eccetera. Quelli che hanno la meglio, dopo la solita lotta finale che prevede mosse precise come negli scacchi (prima sembra morto il mostro, poi sembra morto l'innocente, poi quest'ultimo sembra avere la peggio, infine e invece vince) sono una fanciulla e il suo fratellino esperto di computer, che gioca contro il bruto la mossa psicologica, vittoriosa.
Per chi non ha visto le puntate precedenti, peraltro riassunte all'impazzata all'inizio del film, e per chi lecitamente non le ricorda, diremo solo che c'è un certo terrificante Jonas, che nessuno riesce a uccidere, vittima di un antico torto, e che, nella prima scena, scappa dall'obitorio dopo aver massacrato un inserviente e un'infermiera, anche loro un po’ porcelloni.
Per il resto il coloratissimo film di Joseph Zito è di assoluta e ordinaria amministrazione, non organizza la materia, fa storiella e non storia, né riesce a spaventare più di tanto perché il meccanismo logico è così incongruo che la partecipazione è puramente epidermica.
Friday the 13th, final chapter è quindi un prodotto tipicamente televisivo, se non fosse per la abbondantissima violenza, redatto con il solito professionismo Usa. Attori giovani e un po’ qualunque per personaggi che non ispirano mai simpatia, tanto è vero che, confessiamolo, non si vede l'ora (e non per moralismo) che il sadico incominci la sua opera.
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