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Anche Nosferatu in cerca d'amore


di Paolo Mereghetti


Più di altri generi, l'horror ha dimostrato di essere permeabile alle suggestioni che arrivano dalla Cultura, dalla Società, dalla Storia, trasformando così un cinema codificato e soggetto a rigide regole narrative in qualche cosa che, nei suoi casi migliori, ha saputo superare i confini delle convenzioni per diventare riflessione e metafora del mondo. Soprattutto nei suoi autori più innovativi, come sicuramente è George A. Romero. Sono da poco in commercio due suoi film per vari versi esemplari, che si fregiano entrambi del titolo di «director's cut»: sono La terra dei morti viventi (Universal), uscito nei nostri cinema l'anno scorso, e il più vecchio Wampyr che il dvd 01 ripropone col suo titolo originale, Martin. Tornando dopo vent'anni ad affrontare il tema degli zombi (la sua precedente trilogia, iniziata nel 1968 con Il giorno degli Zombi e proseguita nel 1978 con Zombi, si era fermata nel 1985 con Il giorno degli zombi), Romero ci dà qui la sua opera «politicamente» più lucida e angosciante: i morti-viventi del suo ultimo film sono una chiara rappresentazione dei diseredati di ogni censo e paese che assediano le poche oasi di benessere per rivendicare una «parità di diritti» che il denaro e le armi non possono rimandare in eterno. Il messaggio non potrebbe essere più chiaro. E quasi per non distrarre lo spettatore anche le sequenze splatter, maggiori in questa versione, sembrano meno truculente e compiaciute del solito (la più importante novità del director's cut è una scena di suicidio che finisce solo per accrescere l'angoscia che si respira nel mondo dei ricchi). Il dvd di Martin, invece, permette di apprezzare nella sua integralità, visiva e sonora, il film che per l'uscita italiana del 1978 era stato rititolato Wampyr e «rimodellato» da Dario Argento, che aveva tagliato una decina di minuti (adesso ne dura 95) e aggiunto musiche dei Goblin. Visto come l'aveva pensato (e girato) Romero, il film diventa una ancor più disincantata e cupa lettura del mito di Nosferatu, con il protagonista alla disperata ricerca di un rapporto d'amore che gli faccia dimenticare la sua «sete di sangue» e chi gli sta intorno (a cominciare da uno zio ossessionato dai vampiri) che invece fanno di tutto perchè finisca schiacciato dalla sua maledizione transilvanica. E lo stile povero della produzione (chiaramente da serie B) ne aumentano, se possibile, il fascino e l'inquietudine. Molti extra, anche un po’ pletorici, per la Terra. Interessante commento audio per Martin.






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