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Un gladiatore sull'arca di Noè


di Barbara Nevosi


Eravamo in Islanda, era il nostro 36esimo giorno di riprese. Stavamo girando una scena in cui cadevo in acqua. Fuori ci saranno stati 3 o 4 gradi ed era tutto il giorno che entravo ed uscivo dall’acqua, mezzo nudo. A un certo punto ho iniziato a piangere e tremare. Non riuscivo a controllarmi. Mi sono sdraiato a terra. Ero in ipotermia, 7 o 8 persone mi hanno gettato coperte addosso, si sono messe sopra di me, per scaldarmi».

Girare Noah, il film di Darren Aronofsky, sul personaggio biblico del diluvio universale, non è stato facile per Russell Crowe.

Fisicamente è stata "una tortura cinese con l'acqua" e psicologicamente non deve essere stato meno difficile, viste le critiche, velenosissime, che sono piovute sulla produzione. Il film è stato addirittura vietato in numerosi paesi islamici.

C’era da aspettarselo. Non crede, Mr. Crowe?

«Si, ma difendo questo film e lo faccio proprio per il numero di critiche che ha raccolto, basate su preconcetti».

Succede sempre quando c'è di mezzo la religione.

«Già. Mi aspettavo contestazioni ma non così aggressive. Sono dell'opinione che la Bibbia, così come la Torah o il Corano lascino spazio all'interpretazione individuale».

Cosa ha imparato di Noè che non sapeva prima?

«Che la sua figura compare in ogni testo delle religioni monoteiste che hanno la stessa radice. Dopo questa scoperta ho visto Noè in un altro modo, ho cominciato a considerarlo un uomo».

Ha chiesto al Papa un'udienza per vedere il film. Via Twitter.

«Non sono stato irrispettoso. Ho iniziato il messaggio con "Caro Santo Padre". Volevo che vedesse il film. Prima di Bergoglio non ho mai avuto interesse per la figura del Papa. Mi piace tanto, è intelligente, erudito e ha una gran forza».

Lei è credente?

«Sono una persona dotata di spiritualità. Credo che Dio viva dentro di noi, nella nostra gentilezza, nei gesti altruistici».

Per la cronaca: l'incontro con Papa Francesco per la visione del film Noah era stato organizzato, poi però è stato cancellato a causa della diffusione anticipata della notizia.






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