Domani al San Fedele Pupi Avati e l'horror padano
di Alberto Pezzotta
Chi dubita che possa esistere un horror italiano dovrebbe vedere "La casa dalle finestre che ridono".
Era il 1976, e Pupi Avati, prima della conversione alla poetica della memoria e delle piccole cose, era un regista surreale e bizzarro, abbonato alla categoria del grottesco nei tamburini del quotidiani.
Nella "Casa", sua opera quinta, Avati narra il lato oscuro della Bassa padana, terra di delitti e di artisti matti. Quello del film è soprannominato il "pittore dell'agonia", e ha lasciato in una serie di affreschi la chiave di un mistero orribile. Il restauratore Stefano (Lino Capolicchio) si ostina a indagare, e scopre una truce storia di sacrifici umani ...
La "Casa" è stato un battesimo della paura per una generazione di cinefili, appena teen-ager quando il film uscì o venne trasmesso in tv. Ed è probabile che gli incubi avatiani siano invecchiati bene: perché sono corretti da un umorismo nero, tanto terreno quanto raggelante; e soprattutto sono ambientati alla luce del sole, in un mondo padano che improvvisamente perde la sua bonomia pascolian-guareschiana.
Il film, che è stato restaurato digitalmente per l'uscita in dvd dalla 20th Century Fox, verrà videoproiettato domani sera, all'Auditorium San Fedele. Precede un incontro (organizzato dalla rivista «Nocturno») con Avati, il fratello Antonio (sceneggiatore e produttore), Gianni Cavina (attore e sceneggiatore) e Lino Capolicchio.
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