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La lunga notte di Lafferty - R.A. Lafferty, o della fantasy moderna


a cura di Marcello Bonati & Luciano Maleti

seconda parte: I romanzi: R.A. Lafferty, o della fantasy moderna, di Marcello Bonati


Salve a tutti.

Prima di incomincuiare a parlare dei romanzi del vecchietto di Tulsa, vorrei spendere due parole sulla genesi di questo articolo a quattro mani (vedi 1 parte sul n.3-83 di T.D.S.), e sui suoi esiti.

Un bel giorno trovai sul "Cosmoinformatore" questo annuncio: "Cerco articoli e saggi su M.P. Shiel, R.A. Lafferty, H.R. Haggard e F. Rolfe detto Baron corno. Scrivete a: Dott. Luciano Maleti via..."

Stavo dando una guardata a quella pagina di "compro e vendo" per vedere un pò se per caso qualcuno non avesse da vendermi "Il castello d'acciaio" di L. Sprague De Camp, introvabile nelle libreria della mia città; così sottolineai quel R.A. Lafferty, essendo quello uno dei miei autori preferiti, e essendo a conoscenza di dove poter reperire materiale critico su di lui, misi un foglio di carta nella macchina da scriverete vi scrissi sopra tutto quello che sapevo che potesse interessargli. Qualche giorno dopo ricevetti la sua lettera di ringraziamento, in cui, fra l'altro, mi chiedeva di procurargli un libro presso una casa editrice di Milano, la Todariana. Glielo procurai, e, nel pacchetto con cui glielo spedii, inserii anche una letterina, in cui avanzavo la proposta di comporre questo articolo, occupandomi appunto, io dei romanzi e lui dei racconti. Qualche giorno ed ecco la sua risposta entusiastica; io gli invio del materiale critico, su segnalazione sua, e da quel momento in poi fra noi cala un lungo periodo di silenzio epistolare. Io, da parte mia, metto giù le schede dei tre romanzi del nostro che avevo già letto, "Maestro del passato", "Quarta fase" e "Scogliere della terra".

Poi, pochi giorni fa, ecco che arriva il pezzo di Maleti; leggo il titolo, "R.A. Lafferty o del nuovo misticismo", lo leggo tutto, e...capisco che non è esattamente quello che avrei voluto leggere.

Non che sia brutto, tutt'altro, solo il tono, il livello, lo scopro molto lontano dal tono e dal livello con cui avevo ed ho impostato la mia parte di lavoro. Comunque gli scrivo una lettera esponendo, appunto, il mio punto di vista, la mia non propensione a toni accademici quali lui aveva usato, (lui è laureato in filosofia... era inevitabile), oltre che riferendogli una mia netta non corcondanza con un'opinione da lui espressa, ovvero il tono negativo con cui parlava dell'antiscientismo di Lafferty, della sua critica alla ragione, per usare i termini di Luciano.

E così, ora che ho ultimato la lettura degli altri due testi del nostro, eccomi a comporre il mio pezzo, senza pretese, forse un pò alla buona, ma di tutto cuore.

Ed andiamo a cominciare.

1968, escono ben tre dei cinque romanzi del nostro; nel senso che sono tutti e tre marchiati con un copyright '68;c omunque, al di là dei copyright, la successione con cui vengono scritti e pubblicati è ben chiara: il primo è "Cantata spaziale" (Space Chantey, 1968) (1).

Qui Lafferty tenta un'operazione letteraria piuttosto complessa, ovvero la trasposizione dell'"Odissea" di Omero in chiave fantascientifica. A proposito di fantascienza e mitologia vi consiglierei di andarvi a leggere il bellissimo saggio di Giuseppe Caimmi "Mitologia e dintorni" (2), oltre che quello di Alessandro Paronuzzi "Il pensiero orientale" (3). Comunque, detta così, la cosa sembra leggermente strana, un pochettino esagerata, magari affiora anche un pò di ibris... ma come, il classico dei classici ridotto a favoletta, a romanzetto di fantascienza?

Scandalo!

Ed è proprio qui che Aloysius punta, a divertire, a scandalizzare, anche, a raccontare enormi fandonie (che non è il titolo della rubrica di Caimmi sul fandom che apparì su Aliens; quello era "fan-donie", che è ben diverso). Si tratta di vari episodi a sè stanti, legati fra di loro da un tenue filo conduttore, appunto, del mito.

Io, sinceramente, mi sono fatto delle grosse e grasse risate, nel leggerlo, ma questo non vuol dire certo che sia un puro e semplice divertisment, anche se, fondamentalmente, lo è. Che Lafferty si diverta a prendere in giro (per usare un bell'eufemismo) il suo pubblico, è un sospetto che non può che sorgere, e che è stato anche esposto da più parti.

Dovremmo forse inalberarci? Credo che leggendo questo libro si inalberino i così detti conservatori, i bigotti, quelli, insomma... credo che mi capiate; e allora? Lafferty era mica un reazionario?

Mah?

La trama, l'ordito è intriso di continui rimandi, di riferimenti ammiccanti che arrivano diretti al lettore dalla mentalità aperta, e che, credo, feriscano il pedante. Dunque Lafferty lo si può definire un antiscientifico o no? O semplicemente un vecchietto con una gran voglia di vivere? Io, sinceramente, propendo per la seconda interpretazione. E la morale, qual'è la morale del romanzo? Non c'è morale, e basta; o forse ognuno vi trova la morale che ci vuole trovare, quella che gli fa più comodo, quella che sente come sua... se proprio vuole trovarvi una morale.

Il secondo romanzo targato '68 è "Le scogliere delle Terra" (The reefs of earth)(4).

Qui si narra dell'intrusine di una famiglia Puca in un mondo tranquillo,quello dell'America conosciuta da Raphael.

Montanari, nell'introduzione, fa notare come il motivo per cui "in alcuni circoli di S.f. degli Stati Uniti "The reef of earth" è considerato il romanzo meno riuscito di Lafferty, sia unicamente l'eccessiva facilità con cui il lettore americano trova sterotipi a lui vicini, vedendo affondare le lame del sarcasmo lafferiano fin dentro alle radici dell'intero popolo americano".

Ciò mi pare verosimile, ma a me, a noi lettori italiani, il romanzo appare sotto tutt'altra luce; principalmente come un romanzo di "fantasy moderna", come la definirei io, in cui certo non si rispettano le ferree leggi della razionalità dominante, ma in cui è appunto il diverso, l'alieno che giunge a scardinare il quotidiano.

Anche qui, come in tutti gli altri romanzi del nostro, eccezion fatta per il precedente, troviamo quei titoli dei vari capitoletti così accattivanti, racchiudenti, in un certo senso, tutta l'atmosfera che si respira della narrazione: "Vuotar la terra ed ammazzar la gente"; "Bruciare il mondo levando un gran miasma", eccetera, tra l'epico-poesistico e l'ironico, tra il simbolico e la rappresentazione netta della violenza fisica. Dicevo "Fantasy moderna", e in questo senso; l'importante non è, come in ogni buon romanzo di S.f. pura che si rispetti, afferrare cosa stia succedendo nelle pagine, ma bensì, preso per buono il fondale fornito dall'autore, far scorrazzare la fantasia nei luoghi mentali preferiti... e questa è fantasy, tanto più che il fondale, come dicevamo, non rispetta per niente i canoni della così detta realtà.

Terzo ed ultimo romanzo marcato '68, è "Maestro del passato" (Past master)(5),c on esso Lafferty giunge in finale sia del premio Hugo che del premio Nebula.

Difficile definirlo, come per tutta l'opera del nostro, vedi l'elenco di "quello che potrebbe essere" redatto da Riccardo Valla nella gustosissima introduzione; il tema centrale, indubbiamente, è quello dell'utopia, anche se il Thomas More del romanzo non è il Thomas More storico, per lo meno non del tutto, come giustamente fa notare lo stesso Valla. Ancora una volta, quindi, la S.f. contemporeanea, quella più avanzata tocca il tasto dolente del migliore dei mondi possibili, e delle ambiguità che esso comporta; la conclusione è pur sempre ancora quella: non è possibile tale mondo, non esisterà mai, non è plausibile, nel senso che non fa parte della struttura mentale dell'uomo, del suo essere come è. A questo proposito mi viene in mente il "Triton" di Delany e il "I reietti dell'altro pianeta" della Le Guin; il primo era una distopia, mentre il secondo un'utopia ambigua.

E questo "Maestro del passato", cos'è?

Forse è la caduta dell'utopia, o meglio l'ironia dell'utopia e sull'utopia, la sua presa in giro, la sua satira piena di humor nero, fino all'ultravioletto, come dice Delany, una commedia nera.

Il marchio che caratterizza questo fritto misto è il colore e lo velocità, l'invenzione mai esaurita, il divertimento del narrare che a volte sembra quasi irridersi del lettore, delle sue possibilità interpretative, dei suoi presunti sforzi in tale senso.

E si finisce, ancora una volta, per rinunciare a ogni velleità di inglobamento a livello teorico-cattedratico di tale componimento, per lasciare del tutto aperte le strade della mente alla scorribanda impetuosa della fantasia di questo vecchietto pestifero della S.f..

Nel 1969 esce "Quarta fase (Fourth mansions), che per me è stato il testo più impegnativo del Nostro, anche perché mi ha accompagnato in un periodo particolarmente difficile della mia vita, l'estate scorsa, durante la quale ho sofferto di un brutto esaurimento nervoso... ma bando alle ciance, questo è veramente un testo eccezionale; l'ho letto ben due volte, cosa che difficilmente accade, trovandolo ogni volta più complesso, più profondo e polisenso.

Molto interessante la presentazione di Prinzhofer, che tenta di inquadrare l'opera in un contesto culturale molto ampio, andando a scovare due generi quali il masque cinquecentesco e la quest arturiana, che secondo lui, farebbero parte del background in cui si muove l'opera.

Per quanto riguarda la quest mi trova pienamente d'accordo, tanto che tale ripescaggio viene a confermare quanto sostengo io sulla possibilità di inquadrare l'opera del nostro come "fantasy moderna": "L'indagine giornalistica perseguita cocciutamente dal protagonista Freddy Foley a dispetto dei savi consigli e delle peggiori minacce, è una quest in piena regola, raccontata, anzichè coi modi del romanzo (o poema) cavalleresco, con i sistemi del masque."

È evidente che di simboli e, conseguentemente, di araldica, il romanzo è infarcito, ma mi sembrano un pò eccessivi i riferimenti colti che Prinzhofer attua; forse è più lecito andare a guardare alla produzione più vicina a noi, al simbolismo della fantasy moderna, ed in questo contesto vengono perfettamente inquadrati anche quegli elementi impoetici che al compianto Renato non dovevano quadrare eccessivamente; a me, ad esempio, viene in mente Dick, col suo romanzo "Ubik mio signore", che trovo decisamente più vicino questo "Quarta fase" che i masque di Robert Lee Frost citati nell'introduzione.

Molto interessante il lavoro di Prinzhofer per quanto riguarda la posizione che Lafferty stesso si assegna all'interno della sua opera.

Prima cita Alexei Panshin che scrisse: "Raphael Aloysious Lafferty è un portentoso bugiardo e Quarta fase rappresenta la bugia migliore e più lunga."

Poi interviene lui stesso: "Bugia, ovviamente, sta per favola, in quanto ogni vero narratore racconta bugie più o meno lunghe, ma meravigliosamente convincenti."(7)

E poi prosegue: "Qui (nella trama) abbiamo un bugiardo matricolato grande come una montagna... a guardia di una fonte... questo guardiano appartiene ai tassi... fra i tassi, amici dell'uomo... ci sono anche gli aloisii, e l'autore si chiama anche Aloysius; sappiamo dunque quale parte egli assegni a se stesso: nel masque e fuori di esso."

Tra parentesi, vorrei far notare una curiosità: il Nostro si pone spesso come personaggio dei suoi racconti e romanzi; basti pensare a "Aloys" (Aloys)(8) e a una frase di "Cantata spaziale", in cui uno dei marinai spaziali agli ordini di Roadstrom, l'Ulisse del futuro, si chiama appunto, Aloys; compare solo lì, poi non si sentirà mai più parlare di lui.

Abbiamo nominato i tassi; questi non sono altro che una delle categorie in cui sono suddivisi i protagonisti della storia; ci sono i pitoni, "quelli che si uniscono per diventare superuomini", ci sono i rospi, i redivivi, ci sono i falchi, "l'autorità di pugno saldo, ma ottusa... il fascismo", e quindi i tassi, coloro che "amano realmente gli uomini."

Ovviamente quelli non sono altro che soprannomi... non è certo la "Fattoria degli animali"! (è di Orwell, per chi non lo sapesse... e chi non lo sa si può andare anche a nascondere).

In conclusione mi sembra che la posizione dell'autore in questo romanzo sia senza dubbio una posizione molto morale, una posizione cristiana, e questo ci viene da lui stesso confermato in un'intervista(9).

Ma non si era mica detto... non confondiamoci, gente, non confondiamoci! Là si parlava di un'altra faccenda, insomma!

Permettetemi a questo punto una piccola digressione personale, una divagazione sul tema: avrei gradito maggiormente il romanzo se Lafferty avesse fatto vincere i pitoni con la loro trama cerebrale, e se la quinta fase ci fosse stata, senza quei dubbi che egli espone nel finale; avrebbe potuto essere il superamento del nichilismo e della decadenza, la morte dell'ultimo uomo e l'avvento dell'uomo nuovo; Nietzsche, tanto per intenderci.

Ed eccoci, alfine, all'ultimo romanzo di Lafferty pubblicato in Italia, "Il diavolo è morto" (The devil is dead, 1971) (10).

Decisamente molto originale, ha come caratteristica saliente quella di avere una trama della quale si può tranquillamente fare a meno, anzi, che risulta, dopo un pò, assolutamente insignificante, rispetto ai singoli episodi. Il gioco dell'autore, principalmente, come abbiamo già visto, consiste nel raccontare bugie, meccanismo basilare della sua produzione, nel costruire ipotesi che verranno poi regolarmente distrutte; basti per tutte questo esempio: "Fate attenzione, ora. Ecco l'informazione esatta! Scrivetela, è la posizione del Paradiso Terrestre. Poi sistemate i vostri affari e andateci. Partite stanotte. Nessuno ha mai dato la posizione accurata del Pradiso. Il paradiso è a sessantuno gradi, quarantaquattro primi e quarantadue secondi di latitudine ovest. E si trova esattamente a sedici gradi di latitudine nord. Questo è il Paradiso terrestre." (pag. 206)

Quello che succede, in definitiva, è che Lafferty porta progressivamente il lettore in una sfera di coscienza sognante, in un ambito di non interpretazione, in cui è possibile ed auspicabile una certa qual sospensione del giudizio, un abbandono temporaneo dell'atteggiamento razionalistico.

Questo, come avete avuto modo di constatare, è stato anche fatto notare dal mio collega Maleti, sebbene là in una luce molto negativa, che, ribadisco, non condivido assolutamente.

Interessante, poi, una stoccata molto penetrante verso la fantascienza così detta avventurosa, quella di alieni ed astronavi, tanto per intenderci: "Le Martin (uno dei personaggi, che sono innumerevoli) era là vicino a lui, intento a leggere una rivista... zeppa di storie di mostruose creature straniere provenienti dalle stelle, scritte da Van Vogt e Leinster e gente simile.

-Le Martin, tu leggi di stranieri invasori che vengono dalle stelle - disse Finnegan- Lo sapevi che esistono mostri e stranieri molto più vicini?-

-Lo so, Mostro, e lo sai anche tu - disse Le Martin, - ma non vogliamo farlo sapere a tutti-" (pag. 187).

In conclusione, quindi, una gran bella possibilità di spiccare un volo di fantasia, ma molto in alto. Una volta capito il gioco, una volta che le nostre connaturate difese razionalistiche e ideologiche hanno ceduto, una volta, in sintesi, che il nostro amatissimo io ha abdicato a favore della fantasia, ecco che ci troviamo, leggendo queste pagine, a navigare (in ogni senso, visto che gran parte della storia si svolge su di una nave e nei porti che esso tocca) in un mare imprevedibile, nel quale possiamo trovare e ritrovare di tutto; ricordi, sensazioni, idee, ipotesi, sogni, speranze; per me è stata un'esperienza grandiosa, e spero che lo sia anche per tutti voi!


NOTE E BIBLIOGRAFIA

-(1) Galassia n. 216 ed. La Tribuna, 1976; traduzione di Gianni Montanari; correlati critici: "Presentazione" di G. Montanari; "Intervista con R.A. Lafferty" a cura di Paul Walker (non è completa, prosegue e termina nel n. 217); Critica: "Letture" di Giuseppe Lippi, Robot n. 13 Armenia '77

-(2) Robot n. 32 Armenia '78 pag. 163

-(3) """""" 176

-(4) Galassia n. 222 ed La Tribuna '76 traduzione di R. Rambelli; correlati critici: "Presentazione" di Gianni Montanari; critica "Letture" di Giuseppe Lippi Robot n. 21 Armenia '77

-(5) Cosmo Argento Nord '72; traduzione di G. Cossato; correlati critici: "Presentazione" di R. Valla; critica: recensione ne "I labirinti della fantascienza" a cura del collettivo un'ambigua utopia, pag. 116, Feltrinelli '79

-(6) S.f. narrativa d'anticipazione n. 2 Nord '74 traduzione di G. Cossato; correlati critici: "Presentazione" di R. Prinzhofer

-(7) Vedi a questo proposito il saggio di G. Placereani "Novecento nonnine" pubblicato su "Famzine" n. 8

-(8) Robot n. 31 Armenia '78 pag. 145 "Strani fatti" ('72) traduzione di P. Busnelli; correlati critici "...così è stato raccontato" di P. Nicolazzini; "Ritratto d'autore; R.A. Lafferty di G. Caimmi e P. Nicolazzini; critica recensione ne "I labirinti della fantascienza" op. cit. pag. 119

-(9) vedi: "correlati critici" di cui al punto 1, pag. 143 del proseguimento

-(10) SFBC n. 45,ed. La tribuna,'74; traduzione di G. Montanari; correlati critici; "Presentazione" di G. Montanari; critica recensione ne "I labirinti della fantascienza" op. cit. pag. 118


ALTRI CONTRIBUTI CRITICI: "Quando Thomas More incontrò Ulisse" di Marco Abate, Un'ambigua utopia n. 2 1980 pag. 38


OPERE NON PUBBLICATE IN ITALIA

"Lieux secrets et vilains messieurs" Donoel ("Does anyone else have something further to add?" 1961-1974)

"The calamities of the last pauper" (Fantasy book settembre '82) racconto

"Aurelia" (Stablaze) romanzo

"More then melchisedesh" (Starblaze) romanzo

"Goldem gate & other stories" (Corrobores press) antologia illustrata da Foglio, Freff e Hanke-Woods (comprende anche il racconto "Mr Hamadryad", "Il signor Amadriade" ('74) pubblicato da noi su "Fantapocket" n. 14 Longanesi '77 antologia: "Stellar", a cura di Lester Del Rey)

"The best of R.A. Lafferty" (Starblaze) antologia

"Infrit" in "Perpetual light" (Warner books) racconto


RIASSUNTO DELLE ANTOLOGIE PUBBLICATE IN ITALIA

Strani fatti: Robot n. 31 Armenia '78

Associazione genitori insegnanti

Come si chiamava quella città? Urania 652, 855 Mondadori


RACCONTI NON ANTOLOGIZZATI

Buono a nulla Robot 18 Armenia '77

Pozzanghera sul pavimento Robot 32 Armenia '78

Un mondo selvaggio Galaxy n. 65 La Tribuna '63

Quella grandiosa carcassa Sfbc n. 38 La Tribuna '67

Parole, parole Urania 823 Mondadori '73

Su un coccodrillo segreto Il meglio di Galaxy n. 2 Mursia '74

In riva al mare Il meglio di Galaxy n. 2 Mursia '74

Indietro non si torna Isaac Asimov's Sf Magazine n. 5 Siad '82



ALTRE EDIZIONI DEI RACCONTI ANTOLOGIZZATI

Snuffles n. 3 anno V° Galaxy La tribuna '62

Quante persone conosci titolo "L'umanità intera" n. 12 anno V° La Tribuna '62

Aloys Galaxy n. 58 La Tribuna '63

Sodoma e Gomorra, Texas Galaxy n. 70 La Tribuna '64

La lunga notte di martedì titolo "La lenta notte di martedì" Urania 393 Mondadori '65

Più siamo meglio stiamo titolo "La visita" Urania 396 Mondadori '65

Nel nostro isolato "Il vento del sole" Sfbc 36 La Tribuna '70



Originariamente in "The Dark Side" n. 4, anno 2






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