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La lunga notte di Lafferty - R.A. Lafferty, o del nuovo misticismo


a cura di Marcello Bonati & Luciano Maleti


Prima parte. I racconti-R.A. Lafferty: o del nuovo misticismo, di Luciano Maleti



Se i romanzi di Lafferty possono già essere considerati dei piccoli classici del genere, forse non si può dire altrettanto dei racconti che solo recentemente sono stati proposti in modo organico al lettore italiano. Ci riferiamo naturalmente alle antologie "Strange Doings" e "Nine Hudred Grandmothers" (1) di cui ci vogliamo occupare, ritenendo che l'analisi di questi frammenti dell’immaginario Laffertiano possa costituire un'utile introduzione allo studio delle opere maggiori.

Possiamo anticipare che questi racconti non deludono le nostre aspettative, in quanto sempre stimolanti, spesso divertenti, caratterizzati da un sottile umorismo e non privi di una robusta vis polemica. Tentarne una definizione globale non è certo facile: in essi Lafferty tocca tutti i temi della letteratura non realistica, dal fantastico (scandalo della ragione), al meraviglioso, allo strano. Si è spesso sottolineata 'la dimensione ludica di questi racconti, la predilezione dell’autore per l'ironia, la satira, i giochi verbali e metafisici.

Ma considerarli come semplici divertissement sarebbe comunque riduttivo se in ognuno di essi ritroviamo:

l) Una storia o intreccio

2) una coloritura caratteristica data dalle continue oscillazioni di senso del racconto

3) un elemento speculativo o ideologico.

Ora presupponendo la lettura dei testi ed evitando lo schema abusato del riassunto, ci proponiamo di individuare i modelli culturali e le finalità ideologiche che stanno dietro la scrittura. Per comodità d'analisi individuiamo preliminarmente alcuni nuclei di aggregazione tematica (per poi verificarne i contenuti): essi potrebbero essere rappresentati in negativo DALLA CRITICA DEL SOCIALE e DALLA CRITICA DELLA RAGIONE. Intorno al primo ruotano i temi dell'eroe, dell'"alieno", dell'infanzia; intorno al secondo quelli del progresso, della scienza, della magia.

Il primo nucleo appare di più facile interpretazione: esso nasce culturalmente dalla riflessione dell'uomo su se stesso (il “guarda dentro" di Snuffles), che contro il rassicurante principio di identità, riscopre il suo dualismo originario: spirito e materia, essenza ed esistenza, ma anche essere individuale ed essere sociale. In questo senso gran parte della produzione di Lafferty può essere considerata come una critica del sociale: dalla satira dell’intellettuale impegnato (Hog-Belly Honey), all'epica dell'eroe che sarebbe piaciuta a Hemingway (Frog on the Mountain), dalle suggestioni superomistiche di "The Man with the Specled Eyes" e "The Man who never was" (3), agli ironici "Gueting time" e "The Hole in the Corner", le scelte del nostro autore sono sempre orientate a privilegiare l'individuo.

Contro le tendenze diffuse della società di massa, Lafferty propone infatti un nuovo individualismo ispirato alla figura dell'eroe omerico che deve possedere "muscoli, intelligenza, capacità di maneggiare la spada e magia (sono tutti aspetti della stessa cosa)".(4)

Questa etica dell'individuo come affermazione delle capacità personali coincide poi con una concezione della politica quantomeno di stampo conservatore: non a caso nella produzione letteraria di Lafferty non è presente alcun progetto sociale di trasformazione del reale. Nella stessa utopia positiva dell'autore (Primary Education of the Camiroi e Polity and Custom of the Camiroi) viene descritta un'organizzazione sociale dove tutto è regolato da leggi e che pure è molto simile all'anarchia. È ancora l'individuo, essere unico ed irripetibile secondo l’insegnamento cattolico, che deve essere in grado di svolgere qualsiasi incarico. Anche qui dunque possiamo ritrovare espressa la sua concezione negativa delle strutture sociali ed una profonda sfiducia nelle organizzazioni politiche, così come in "Rainbird" auspica una "Semplificazione ed eventuale eliminazione del governo" (SD, 21). In questo caso "l’umanesimo" alla Bradbury, pur così carico di tendenze politicamente reazionarie, appare decisamente superato dalla proposta ideologica di Lafferty, a cui non sono estranee motivazioni confessionali. In questi racconti esistono poi altri tipi di eroi, eroi minori rappresentati paradossalmente da indiani (In Our Block-The Narrow Valley) e bambini (Ginny-Seven Day Terror-The Trascendental Tigers). Nel pellerossa americano, al di fuori degli schemi commerciali del film western e del folklore, Lafferty riscopre la vitalità di una mitologia e di una cultura originale; nel bambino che non ha ancora accettato la filosofia realistica dell’adulto, recupera la dimensione del pensiero magico e prerazionale. Essi sono da considerare propriamente come "alieni" in quanto mancano di una precisa collocazione sociale e per questo loro ruolo di outsider hanno ancora intatto il possesso della loro individualità. In particolare i bambini sono "diversi" in quanto "non ancora del tutto umani" (N.H.G. 1,10): possiedono una sicurezza priva di dubbi e una specie di crudeltà originaria, non mitigata, come per l'adulto, da considerazioni morali. Essi appaiono inoltre come i depositari di una profonda saggezza di una verità più autentica, di un sapere "altro": i bambini sanno cose che gli adulti hanno dimenticato (cfr. Snuffles). Lafferty sembra qui riproporre il mito dell'infanzia e quel senso magico della realtà che stava alla base del decadentismo, oltre che il suo personale rimpianto per la fanciullezza. Notiamo di passaggio come questo recupero del diverso come alieno sia solidale, offra cioè buone argomentazioni alla concezione religiosa del nostro autore, nello spirito della metanoia, del rovesciamento dei valori nel messaggio cristiano. Il secondo nucleo delle tematiche laffertiane può essere introdotto dalla considerazione che la stessa natura appare fondamentalmente simbolica (Entire and Perfect Chrysolite), ma conduca il nostro autore a confermare la circolarità di peccato e redenzione. In questo senso la critica della ragione coincide con la negazione del progresso sia nei suoi aspetti deteriori (Slow Thursday Night-Incased in Ancient Rind-What's the name of that Town?) sia in quanto tale (Raibird-Continued on Next Rock).

In particolare "Rainbird", racconto che apre "Strange Doings", appare come una dichiarazione d'intenti, con la confutazione dell' idea di progresso in nome della felicità individuale: "nessuno rinuncia volentieri al suo piacere" (SD, 24). Contro il progresso e la novità Lafferty ripropone la forza e la validità della tradizione: "Sono sempre stato attento al nuovo e a quel di nuovo che c'è nell'antico".

Alla negazione del progresso va poi assimilata la concezione fortemente negativa della scienza a cui viene negato con una pericolosa estensione di ambiti problematici, ogni valore conoscitivo. Essa viene infatti rappresentata nella logica non-popperiana dell'autore come angosciata dalla necessità di dover spiegare tutto, anche il sovrannaturale . Ora è evidente che la scienza, in quanto espressione di una razionalità umana immanente, non può fornire una conoscenza o verità di ordine superiore, che al contrario può essere data solo dalla religione, cioè dalla fede in una trascendenza. In questo senso la svalutazione della scienza assume quasi un carattere di necessità ed è significativo dell'atteggiamento mentale di Lafferty che egli non introduce la distinzione tra un uso corretto della scoperta scientifica ed una sua utilizzazione aberrante, distruttiva.

All'interno di questa particolare attenzione dedicata da Laffery alla scienza come conoscenza "inadeguata" trova posto anche una netta presa di posizione a proposito del Darwinismo e della psicologia. Il problema dell'origine dell'uomo occupa un posto non di secondo piano nella filosofia dell'autore, che lo risolve secondo gli schemi dell'ortodossia cattolica, negando all'evoluzione ogni carattere di scientificità. Se in "Nine Hundred Grandmothers" sembra oscillare tra tesi evoluzionistica e tesi creazionistica, in "Ginny" chiarisce il suo pensiero, accogliendo polemicamente la tesi dell'evoluzione solo per prospettare la possibilità di una regressione, di una involuzione nel cammino della civiltà. E come in "Canticle for Leibowitz" di Miller, ripropone l'immagine della Chiesa come garanzia di civiltà contro una nuova barbarie. La polemica Laffertiana contro la scienza trova poi un fertile terreno nella psicanalisi (Dream-Camels and dromedaries Clem-The Narrow Valley) che egli giudica incapace di fornire risposte autentiche ai problemi dell'uomo.

Questo rifiuto della psicologia come scienza è abbastanza originale; in un momento in cui il dibattito intellettuale è pervaso di furore psicanalitico, Lafferty sembra piuttosto volto a dimostrare quanto poco sappiamo dei nostri processi psichici, in particolare del sogno. Per questo cita ironicamente Jung (Trough Other Eyes) e rifiuta la grande scoperta freudiana: "Il mare è brutto (...) Il mare è molto simile all'inconscio. Può anche darsi che SIA l'inconscio" (SD,177). Altrove aveva denunciato la psicanalisi come una forma degenerata di religiosità (5), come una pseudoreligione che riduce il peccato a manifestazione di squilibrio interiore negandone tutto lo spessore mitico. A questi elementi teorici di critica della ragione corrisponde a livello narrativo l’idea che il reale non è soltanto ciò che possiamo manipolare o misurare (In Our Block) che esistono altre dimensioni del possibile, più sfuggenti ed allusive, che una visione scientifico-razionale non può penetrare (Entire and Perfect Chrysolite). L'ambiguità del reale introduce l'elemento forse più portante del repertorio tematico di Lafferty cioè la magia (The Narrow Valley-The Trascendent Tiger-Seven Day Terror) basata sulla somiglianza tra le cose e sulla onnipotenza delle parole. Non si tratta del realismo magico tipico di tanti scrittori latino-americani, ma del recupero di simbologie, modi o schemi della concezione magica, desunti dal pensiero infantile e primitivo, che introducono nei racconti una particolare atmosfera evocativa e irrazionale (6).

Notiamo che la magia non può rappresentare un elemento teorico contradditorio rispetto alla nota religiosità tutta cattolica di Lafferty. Essa infatti "funziona" come un modello di interpretazione del reale al di fuori degli schemi razionalistici e in questo senso costituisce nell'ideologia dell'autore la categoria privilegiata d'approccio al trascendente, il punto di passaggio dal profano al consacrato: "È quasi come se udissimo il sussurro del ritorno della magia primitiva e del feticismo. È come se avessimo a che fare col LOGOS, la parola che era prima del mondo" (SD, 96).

Vale la pena di approfondire questo passaggio: nella produzione letteraria di Lafferty la scienza (la ragione) esce necessariamente sconfitta dal confronto con la magia e col fantastico in quanto l'autore evita di fornire una spiegazione razionale degli avvenimenti; la soluzione, posto che esista, rientra nella logica stessa del fantastico (che è una logica trasgressiva), e come tale non può essere accettata razionalmente.

Ciò pone a sua volta il lettore in una posizione di mera accettazione, per cui ci si accosta al testo con una sorta di atto di fede (la "sospensione dell'incredulità'" di Coleridge), abbandonando temporaneamente l'atteggiamento razionalistico. Non vogliamo qui contrapporre al fantastico laffertiano lo schema del meraviglioso spiegato, anche se Todorov fa rientrare la fantascienza in questa categoria (7); vorremmo solo evidenziare l’operazione ideologica che questa scelta apparentemente solo letteraria esplicita: "C'è una sola storia al mondo (…) ed è già un dilemma. La nostra parte ragionevole ci dice: .- al diavolo, non può essere - e la parte amante del fantastico ci dice: -al diavolo, forse lo è-" (SD, 188).

Ora se è inevitabile che questa riflessione conduce al rifiuto del realismo e della verosimiglianza, è anche significativo che l'opzione originaria del fantastico, anche sotto forma di magia, comporti per Lafferty l'eliminazione dell’elemento razionale. In questo modo il fantastico diventa una scelta preliminare all'accettazione del trascendente; come è stato acutamente osservato egli sostituisce infatti "il piano del reale con la Sf e il piano del fantastico con le categorie del trascendente" (8).

È quasi una versione parodistica della dialettica Hegeliana, in cui troviamo ragione e immaginazione, realtà e fantastico "come coppie" di opposti che trovano la loro sintesi nel sovrannaturale, nel trascendente. Varrebbe forse la pena di applicare il metodo laffertiano della "valutazione dell'omissione" proprio al tema fondamentale della religione che nei racconti non compare mai direttamente (tranne in Name of the Snake), ma che possiamo ben ritenere sotteso a tutta la sua produzione letteraria e che ne sostanzia le concezioni etico-filosofiche.

L'ambiguità della proposta etica di Lafferty, connessa alle scelte religiose, deriva forse dal fatto che i racconti non presentano semplificazioni morali, né assumono mai toni apologetici, anche a costo di qualificarsi come immorali: "-C'è una morale in questa storia?- -No. È una storia immorale. Ed è un mistero per me-"(SD, 187). Per sciogliere questo "mistero" il parallelo con un altro scrittore cattolico, Chesterton, può essere illuminante; nei racconti di Padre Brown la soluzione dell’enigma nasce dal rifiuto del paradosso che deve essere rovesciato per affermare la verità, mentre il messaggio morale è evidente. Al contrario in Lafferty la morale, il discorso apologetico è volutamente ricoperto, oscurato, reso paradossale e confuso con la "verità" del racconto, cioè col fantastico.

A questo punto possiamo forse tentare qualche conclusione. L'intenzione e il movimento che la scrittura di Lafferty rivela si svolge su due piani:

A) quello ludico, cioè della fabulazione fantastica (il racconto); B) quello polemico e speculativo riconducibile all'ideologia dell'autore.

Dal punto di vista letterario troviamo nei racconti una doppia metamorfosi del reale: attraverso una prima azione di straniamento (ottenuta operando sul livello formale del testo) Lafferty estrapola alcuni aspetti della realtà dal loro contesto usuale e li carica di un nuovo significato mitico-magico. In secondo luogo, come effetto di uno svelamento, egli rivela in modo allusivo che questi frammenti in realtà sono soltanto segnali, testimonianze, "epifanie" di un Totalmente Altro, della trascendenza. È chiaro che questo movimento (reale/fantastico/trascendente) produce un effetto sconcertante nel lettore che deve di volta in volta rinunciare a tentarne una interpretazione razionale. È chiaro che eliminando l'elemento razionale rischiamo di ricadere nel meraviglioso puro, "in quell'area del favolistico dove il mistero è accettato senza discutere". (9)

Dal punto di vista ideologico poi attraverso un sistema di cifre, di segni, di rimandi interni ed esterni che abbiamo cercato di evidenziare, i racconti trasmettono un messaggio i cui punti notevoli sono rappresentati dall'individualismo, da una visione politica reazionaria, dalla proposta della magia e della religione contro il progresso e la scienza e, in definitiva, dalla svalutazione della ragione. La stessa religiosità di Lafferty, caratterizzata da un nuovo "credo quia absurdum", cade al fascino ambiguo del misticismo e diventa con Chesterton un modello di "cattiva teologia".

Oltre tutto con questo usciamo dall'ambito propriamente fantascientifico, se possiamo accettare la definizione che Roberto Senesi ha dato della S.F. come "un'estensione di atteggiamenti creativi ed una convergenza di temi, dal fantastico all’utopistico al filosofico con una incisiva componente razionale". (10)

Ma di fronte a queste considerazioni, ecco che riappare il sorriso inquietante di Lafferty che sembra ammonirci: "Sono un mistico. Parlate di cose mistiche o altrimenti tacete". (11)


Note

1) Strani fatti; Robot ott. 78, Milano Armenia Editrice, trad. di P. Busnelli (strani fatti lo citeremo SD); Associazione genitori ed insegnanti e Come si chiamava quella città?; in Urania 852, 855, Mondadori, 1980, trad. it. di H. Brinis (citata come N.H.G. I e II)

2) Cfr. per la nostra impostazione C. Pagetti, L'osservatorio sulla luna, in Aliens n. 3, gennaio '80, Armenia, pag. 53/54

3) L'uomo che non aveva mai vissuto, in Il computer sotto il mondo, S.F.B.C. 38 Piacenza, La tribuna 1971

4) R.A.L., Le diecimila maschere e le lingue d'altrove, in Aliens n. 2, Milano, Armenia Editrice, dicembre 1979 pag. 50

5) Cfr. P. Walker, Intervista con R.A. Lafferty, in Galassia nn. 216 e 217, Piacenza 1976, pagg. 152/158 e 141/147

6) Lafferty, del resto, non nasconde le sue simpatie per la "fantasy" che contiene più opzioni irrazionali ed evocative che non logica vera e propria ed inoltre "un briciolo di magia" (Le diecimila maschere e le lingue d'altrove, cit. pag. 50

7) Cfr. T. Torodov, La letteratura fantastica, Milano, Garzanti 1977

8) P. Nicolazzini, Così è stato raccontato, in Robot n. 31, cit. pag. 7

9) R. Sanesi, A proposito di fantascienza, introd. a J. Gattegno, Saggio sulla fantascienza, Milano, Fratelli Fabbri, 1973, pag. xxxi

10) R. Sanesi, op. cit., pag. xiv

11) La congiura contro Carlo Magno, in Il computer sotto il mondo, cit. pag 213






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