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Quando Thomas More incontrò Ulisse


di Marco Abate


Utopia e distopia nella narrativa di Lafferty


Uno studio sulla vena utopica e distopica di Lafferty deve basarsi soprattutto sui due suoi romanzi principali, Past Master e Fourth Mansions, che assumono la veste di vere e proprie requisitorie sulla società odierna. Il successivo The Devil is Dead, pur essendo molto interessante da altri punti di vista, non aggiunge niente di fondamentalmente nuovo all'argomento; così i racconti che, tranne rare eccezioni, quando affrontano temi utopistico-distopistici allargano qualcuno dei punti già presenti nei due romanzi principali, in forma non molto diversa.

È invece interessante, ed importante per l'esatta collocazione delle sue opinioni successive, l'esame di quanto era contenuto nei primi due romanzi di Lafferty, Space Chantey e The Reefs of Earth.


I - Il mito: Ulisse.

In Space Chantey è predominante, in forma non ancora completamente elaborata e personalizzata, quello sfondo mitologico che si ripeterà, in forme più o meno evidenti, per tutto il resto della sua produzione.

L'interesse di Lafferty per il mito, o almeno l'uso che ne fa nelle sue opere, è tutto concentrato sulla funzione archetipale che ha svolto e che continua a svolgere all'interno del sociale: le figure mitologiche, che si ripetono con solo lievi differenze nelle diverse culture in diversi tempi e luoghi, sono simboli di bisogni presenti nell'inconscio collettivo, inteso, qui e nel resto dell'articolo, come quella parte dell'inconscio in cui si formano e si raccolgono gli istinti ed i bisogni indotti dal sociale esterno, istinti e bisogni indotti dalla vita in comune; istinti formatisi durante la preistoria e da allora rimasti nell'inconscio dell'uomo.

Le figure di Ulisse, Icaro, Prometeo, tanto per citare le più tipiche, insieme ai bisogni da loro rappresentati, non hanno mai perduto la loro importanza col passare dei secoli, ed ancora oggi non è per niente raro né casuale che, in forma più o meno manifesta, vengano riprese.

Del resto, l'universalità del mito è implicata anche dalla sua formazione, come sublimazione di conflitti fra desideri indotti dal sociale (Prometeo, tanto per fare un esempio, è rappresentante del desiderio dell'uomo primitivo, e non primitivo, di dominare il mondo esterno, frustrato nel suo tentativo dai rappresentanti di questo mondo esterno, gli dei) e realtà, sublimazione che può essere più evidente in miti come quello di Icaro, meno soggetti a rimaneggiature poetiche, e meno in miti come quello di Ulisse, che contengono molti altri elementi oltre a quello prettamente mitico: Ulisse è il simbolo di una tipologia umana idealizzata, capace di superare le avversità impostegli dall'esterno.

Ed è sotto questa forma che Lafferty riscrive il mito di Ulisse Space Chantey. Roadstrum (corruzione di Road-Storm, strada tempestosa, riferimento al viaggio che deve compiere per tornare a casa) è, come il suo corrispondente greco, forte e testardo, ma non ne possiede né la furbizia né l'intelligenza né la curiosità; non ripartirà da Itaca per seguir virtute e conoscenza ma semplicemente perché «La pace è per quelli d'altra tempra!».

Roadstrum diventa il rappresentante ridicolizzato del grande sogno della frontiera, dell'uomo che si fa con le proprie forze, sogno ancora vivo nella società americana, soprattutto nella provincia, e come tale si trova ad affrontare il consumismo (i Lotofagi), l'accentramento del potere (Atlante) e la soggettivizzazione della sfera oggettiva (Circe), tutte caratteristiche tipiche del sociale attuale e non previste dal grande sogno della frontiera.

Comunque, la critica distopica presente in Space Chantey è ancora rozza e banale, ma vi si riscontrano diversi dei temi che Lafferty riprenderà in seguito.


2 - La difesa dell'uomo-individuo: l'altra razza.

Reefs of Earth si pone in una posizione particolare rispetto agli altri romanzi. Mentre l'evoluzione da Space Chantey fino a Fourth Mansions passando per Past Master è abbastanza lineare, Reefs of Earth rimanda costantemente a tutte le altre opere di Lafferty: si può quasi dire che contenga in vitro tutti i temi che diventeranno predominanti nei due romanzi maggiori.

È di nuovo la mitologia a dare il pretesto per la trama, anche se stavolta si tratta della mitologia irlandese. Protagonisti del romanzo sono i Puca, folletti secondo il mito originale, nostri cugini spaziali secondo la rivisitazione laffertiana, prototipo della figura dell'«altra razza», del «diverso fra noi», ma di un diverso non più negativo.

Nella figura dei Puca si sviluppano due caratteristiche fondamentali del successivo pensiero di Lafferty, due caratteristiche che si sarebbero esplicitate completamente solo in Past Master ed in Fourth Mansions: l’importanza dell’uomo-individuo contrapposto all’uomo-massa e l’identificazione della vita soggettiva dell'uomo con quella oggettiva del sociale.

I Puca richiedono una sola cosa: mantenere la loro individualità al di là di qualunque valutazione su un mitico «Bene» o su un mitico «Male» insito nel loro comportamento. Lafferty utilizza buona parte del romanzo per mostrare la relatività di questi concetti, compito forse inutile ai nostri occhi, forse più utile se riportato, di nuovo, all'ambiente della provincia e del sud degli Stati Uniti, dove il bigottismo ed i corrispondenti derivati sono estremamente diffusi. In questo, insieme all'ambientazione ed all'atmosfera, Reefs of Earth deve molto all'opera di Mark Twain: che a suo tempo si impegnò in un compito simile.

In questa difesa dell'individualità contro l'arroganza del potere, che li vorrebbe identificare, in quanto diversi, con un «Male» assolutizzato contrapposto ad un «Bene» altrettanto assoluto, i Puca sono i precursori diretti degli abitanti di Cathead in Past Master con una sola differenza: mentre nel successivo romanzo l'arroganza del potere è ancora parzialmente esercitata dalla struttura sociale, qui, come in Fourth Mansions, non è così; la caratteristica del sociale viene personalizzata, viene rappresentata, proprio come avviene nei miti, con dei personaggi; la vita oggettiva dell'essere sociale viene ad essere identificata con la vita soggettiva dell’essere umano: agisce una soggettivizzazione della sfera oggettiva.

Questa identificazione va ben al di là dall'essere un semplice artificio letterario; è invece una delle matrici fondamentali del pensiero laffertiano, strettamente collegata, sia come mezzo di rappresentazione della realtà esterna all'interno della realtà letteraria sia come critica al reale, al meccanismo di identificazione della vita soggettiva dell'essere umano con quella oggettiva dell'essere sociale o, meglio, all'oggettivizzazione della sfera soggettiva.

In Reefs of Earth quest'ultima è ancora rozza ed utilizza un simbolismo banale, ben diverso da quello utilizzato in Fourth Mansions: l'Es in generale, anche se con particolare preminenza degli impulsi distruttivi, viene rappresentato nei bambini Puca, i quali diventano anche, grazie alla duplice identificazione, simboli degli istituti sovversivi che circolano nascosti e/o sotterranei per il sociale. Ma di questo meccanismo di duplice identificazione riparleremo meglio più avanti.

Lafferty assume un atteggiamento ambivalente verso ciò che ha rappresentato, ne è attratto avendone paura; i bambini Puca, come personaggi, gli sono sfuggiti di mano, come dimostrano alcune incongruenze della parte finale e una chiusura troppo affrettata, e quindi tenta di e quindi tenta di porre come barriera il media letterario, senza accorgersi che lui stesso mostra come questo possa agire sul reale, anche se non sempre come programmato: i versetti Bagarthach, strutturalmente simili a sogni, ne sono un esempio.

Questo, tra l'altro, ci permette di notare un ulteriore particolare: Lafferty ha sempre un approccio molto emotivo con ciò che scrive; o lo ama o ne ha paura; anche se maschera ciò che prova sotto l'apparenza dell'ironia, non è mai indifferente. Inoltre, lui teme, ovviamente, che ciò di cui ha paura si realizzi e vede come questa realizzazione possa essere una conseguenza dell'attuale sociale; il passo successivo, la conclusione del sillogismo, viene però lasciata da lui al lettore; i finali dei suoi libri sono sempre aperti, mai definitivi.


3 - La soluzione prima: Thomas More.

E giungiamo finalmente a Past Master, la prima opera importante di Lafferty, in cui la vena utopistico-distopistica esce dall'incompiutezza degli inizi per raggiungere una prima maturità, divenendo chiaramente propositiva.

Diventa chiaro che il dito accusatore di Lafferty è puntato non tanto sulle strutture economiche della società (in tutta la sua opera, con l'occasionale eccezione di qualche racconto, il fattore economico non viene mai citato) quanto su quelle che possiamo chiamare di «interrelazione psicologica» fra stato e cittadino. In particolare, denuncia come l'attuale sociale porta, attraverso il conformismo di stato da una parte, conformismo che si esprime spesso anche attraverso un falso, anche se in buona fede, rifiuto delle convenzioni, e la diffusione dell'influenza dei mezzi di comunicazione di massa (non è certo un caso che il protagonista di Fourth Mansions sia giornalista) dall'altra, alla fine dell'uomo in quanto individuo: porta all'uomo-massa nel senso più deteriore della parola, all'uomo inteso solo come unità nel branco.

E Lafferty, per questo uomo-massa, ha un'avversione quasi viscerale, forte quanto il suo amore per l'uomo-individuo: per lui, la perdita della identità, dell'individualità, della coscienza è la morte, l'inferno, il Nulla: «Ma se non siamo coscienti, allora tutto è inutile (...) Per quale ragione esisterebbe la vita?».

Come in Reefs of Earth, i bambini Puca ingaggiano la loro battaglia contro il mondo per difendere il loro diritto di essere come desiderano, così anche in Past Master c'è chi combatte questo sociale dove «Sei un pesce del banco, e la tua identità si fonde in quella del banco»: sono i duri, «gli sputa sangue di Cathead e del Barrio», disposti a tutto pur di mantenere la propria individualità.

Ma come mantenerla? La risposta data da Lafferty ha tre facce, molto diverse fra di loro. La prima faccia sta nel ritorno ad un periodo precapitalistico in cui, attraverso il lavoro, le emozioni, la fatica, il dolore, anche la povertà se necessario, viene riscattata l'individualità dell'uomo, in cui viene salvato il diritto di sbagliare, di agire in modo irrazionale, tutto ciò che distingue l'uomo-individuo dalla macchina, dal robot, prototipo dell'uomo-massa. Quest'ultimo non ha alcuna reazione non prevista, agisce solo secondo ragione, secondo una logica del reale (vedi oltre) imposta dall'esterno: è un androide, mentre l'uomo-individuo deve essere esattamente il contrario.

La macchina, il robot assumono un aspetto molto negativo in tutta l'opera di Lafferty: sono il simbolo dell'infiltrazione strisciante dell’uomo-massa nel sociale odierno, e di una progressiva identificazione e sostituzione dell'uomo da parte della macchina, sostituzione che gli sottrae importanza e quindi individualità.

Ma qual è la differenza fondamentale fra l’uomo e l'androide? È, risponde Lafferty, l'elemento non-materiale, irrazionale della psiche dell'uomo; è l'inconscio.

L'uomo-massa, completamente fuso in un sociale totalmente programmato, e il robot, costretto ad agire secondo impulsi unicamente razionali, sono obbligati alla completa soppressione del proprio inconscio, collettivo o meno (in diversi punti Lafferty accenna anche ad una possibile uguaglianza fra inconscio ed individualità) e questo, come papà Freud ci ha insegnato, porta alla pazzia e, in particolare in Past Master, al suicidio, divenuto un'usanza sociale.

Infine, per concluderla e darle delle regole di comportamento generali, Lafferty, da cattolico convinto, inserisce un terzo elemento nella sua Utopia: la religione, presente nel romanzo non solo direttamente ma anche attraverso la figura di Thomas More, il protagonista, che assume l'aspetto di un novello Cristo. Non staremo qui a ripetere il discorso sull'importanza della religione nelle sue opere, intesa come uno dei fondamentali miti della nostra epoca: faremo solo notare come la religione, oltre a fornire quel grado di trascendenza intrinseco in ogni Utopia, le fornisca anche un sostegno e un sostrato culturale.

L'Utopia di Past Master, la sua risposta alla civiltà dell'uomo-massa, alla società massificata, pur avendo un suo fascino, non regge. Lafferty, nel presentare la sua distopia, e quindi la sua Utopia, prescinde dalle cause storico-economico-sociali che ne hanno causato la nascita. Lui afferma che «Al tempo della nascita di Cristo, la schietta e crudele Repubblica di Roma ( ... ) morì in un attimo, e un attimo dopo, nacque l'Impero, già maturo». È un'immagine certamente suggestiva, letterariamente valida, ma non si può basare sul concetto da essa sotteso un'analisi sociale, che è quanto fa Lafferty quando, oltre a presentarci un sociale già nato, senza alcun accenno alle sue origini, isolato come le terre scoperte da San Brandano attraverso l'Atlantico, vede la sua Utopia come un ritorno ad uno stadio storico precedente, in particolare pre-capitalistico, senza rendersi conto (o meglio rendendosene conto solo alla fine del romanzo, troppo tardi per modificare le tesi di fondo) che questo si sarebbe nuovamente sviluppato nello stesso modo: per risolvere un problema non serve distruggerlo e bruciarne i resi e la memoria, per poi ricominciare come se niente fosse accaduto.

Questo è il punto debole di tutte le utopie rivolte al passato: il paradiso terrestre, tanto per usare una delle metafore religiose tanto care a Lafferty, contiene anche il serpente, e non può non contenerlo.


4 - La soluzione ultima: il verme.

In Fourth Mansions Lafferty, cosciente dei difetti insiti nelle tesi di Past Master, affina la sua analisi abbandonando alcuni dei temi precedenti e perfezionandone altri.

Il meccanismo di duplice identificazione fra realtà oggettiva e realtà soggettiva diventa, come avevamo già accennato, di primaria importanza.

Altrettanto di primaria importanza è però tenere attentamente distinti i due versi dell'identificazione.

La soggettivizzazione di elementi oggettivi, o meglio dell'intera realtà oggettiva, è un processo in atto nel sociale che, tende a portare alla società massificata tanto temuta da Lafferty. Uno dei meccanismi fondamentali di questa trasformazione è il cambiamento del modo di valutare il reale, e quindi il vero, rispetto all'irreale, cioè al falso.

Come nella logica matematica si è visto il passaggio da una logica a due valori, contraddistinta da due soli «valori di verità», vero e falso, certo e impossibile, ad una logica a più valori, contraddistinta, oltre che dal vero e dal falso, da tutti gli altri valori di verità intermedi fra essi, così nel sociale c'è la tendenza al passaggio dalla logica a due valori ad una logica che possiamo chiamare «probabilistica», in cui non si hanno valori di verità diversi dal vero e dal falso, ma è considerato vero, e quindi reale, ciò che è più probabile, e falso tutto il resto.

Non è più, tanto per usare la definizione tarskiana di verità, vero ciò che è vero, ma è vero ciò che è più probabile che lo sia e niente altro: «Tu lo vedi così, io lo vedo così, lui si vede così e perciò ...» è così, dice Bea-Circe in Space Chantey. La logica probabilistica è la logica della società massificata, in cui l'abolizione dell'assoluto porta all'assolutizzazione del relativo e, in particolare, all'assolutizzazione della visione che il potere ha del reale e che è diffusa attraverso i mezzi di comunicazione di massa; porta alla completa ed imposta soggettivizzazione dell'oggettivo, in cui la distinzione fra reale ed irreale è totalmente arbitraria ed imposta; chi non l'accetta si trova ad essere fuori dalla logica del reale, nel senso più letterale della frase, ed è quindi, per definizione, pazzo.

Se queste sono le conseguenze della soggettivizzazione della sfera oggettiva, ben diverse, secondo Lafferty, sono quelle dell'oggettivizzazione della sfera soggettiva, che anzi vengono poste alla base della sua nuova Utopia: è l'oggettivizzazione degli istinti che guidano il comportamento dell'essere umano che guida il comportamento dell'essere sociale; formare una Utopia «personale» porta ad una Utopia «collettiva».

Lafferty presenta quattro forze motrici inconsce nell'uomo, intersecantisi e interreagenti fra loro: l'istinto di sopravvivenza, rappresentato nel romanzo dai rospi; l'istinto di conoscenza, rappresentato dai pitoni; l'istinto di aggressione, simbolizzato dai falchi; l'istinto di conservazione, simbolizzato dai tassi. Quest'ultimo, che è comunque il meno chiaro dei quattro, differisce dal primo perché è più «evoluto»; mentre l'istinto di sopravvivenza è a-razionale e tende alla distruzione delle minacce, l'istinto di conservazione è pararazionale e tende ad evitare la comparsa di minacce, conservando uno status-quo favorevole. Inoltre l'istinto di conservazione, come quello di conoscenza, ha una componente prettamente trascendente mentre quello di sopravvivenza, come quello di aggressione ha una componente prettamente immanente; i primi due trascendono l'essere umano in quanto singolo, gli altri due no.

Una volta identificati i quattro istinti che ritiene fondamentali, Lafferty li oggettivizzava, come avevamo preannunciato, ma non, come avviene chiaramente, nei movimenti di massa (che sono una caratteristica molto più europea che americana), nella macrofisica del reale, ma in singoli o in gruppi di persone, cioè nella microfisica del reale.

I quattro istinti e i comportamenti che inducono, si combattono pur volendo raggiungere tutti il medesimo fine, l'Utopia, che ora ha perso il suo senso macrosociale per assumerne uno microsociale che, nelle sue ipotesi, viene ad essere l'unico possibile.

L'Utopia è la riconciliazione di questi quattro istinti, riconciliazione soggettiva che, oggettivizzata attraverso un passaggio dal microsociale al macrosociale, diventa un'Utopia in senso classico.

Questa riconciliazione viene resa possibile da un altro elemento del bestiario di Lafferty: il verme.

La rispondenza di questo simbolo, chiave della ipotesi laffertiana, è molto complessa e poco chiara: sembra riferirsi a un atteggiamento più che a un istinto. Può essere forse identificabile con la semplicità del bambino, con la sua curiosità che lo porta a cercar di conoscere tutto di tutto (ma non è l'istinto di conoscenza: mancano la sistematicità ed il filtro a priori di quest'ultimo) unita alla libertà del folle da quella logica probabilistica di cui parlavamo prima, il tutto trasportato all'interno di una non meglio specificata «maturità» dell'adulto (è fondamentalmente la mancata chiarificazione di quest'ultimo termine che rende così vaga la rispondenza cercata). Infine, mentire i quattro istinti principali fanno parte dell'inconscio collettivo, quest'elemento-chiave è fondamentalmente individuale; è parte integrante della distinzione fra l'uomo-individuo e l'uomo-massa.

Accettando questa rispondenza come sufficiente, diventa semplice esprimere l’Utopia di Lafferty come riconciliazione, soggettiva e quindi oggettiva microsociale e quindi macrosociale, dei quattro istinti fondamentali attraverso l'elemento-chiave. In altre parole, l'UtopÌà è la sanità mentale dell'individuo che implica e si esprime nella sanità, mentale del sociale.

Questa è la tesi fondamentale espressa da Lafferty in Fourth Mansions. Anche stavolta, però, nonostante ci sia stato un notevole affinamento rispetto a Past Master, è presente una falla nel ragionamento. Il passaggio da microsociale a macrosociale, l'oggettivizzazione del soggettivo, come ha abilmente mostrato, tanto per restare in SF, Delany nel suo Triton, non è così immediata come presuppone Lafferty: la sanità mentale dell'individuo non implica necessariamente quella del sociale. I due livelli sono staccati dal mare delle convenzioni, delle abitudini, delle tradizioni, che resistono anche alla sanità mentale, e spesso ne fanno parte. Nonostante una prosa molto simile, Lafferty è ben lontano dai rappresentanti del «Teatro dell'Assurdo»: mentre in questi il significato è stato totalmente sommerso dalle convenzioni, in Lafferty è il significato che prevale abolendo ogni convenzione, ogni abitudine; e ciò lo porta a sottovalutare questo aspetto nella sua analisi, dimenticanza fatale per la sua costruzione.


Marco Abate


BIBLIOGRAFIA


-Raphael A. Lafferty, «Cantata spaziale», La Tribuna (Space Chantey, 1968

-idem, «Le scogliere della terra», La Tribuna (The Reefs of Earth, 1968)

-idem, «Maestro del passato», Nord (Past Master, 1968)

-idem, «Quarta fase», Nord (Fourth Mansions, 1969)

-idem, «Il diavolo è morto», La Tribuna (The Devil is Dead, 1971)

-idem, «Strani fatti», Armenia (Strange Doings, 1972)

-idem, «Lieux secrets et vilains messieurs», Denoël (Does Anyone Else have Something Further to add?, 1961-1974)






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