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Il demiurgo di Helliconia: intervista con Brian W. Aldiss


di Silvio Sosio


Brian W. Aldiss, fin dal suo esordio nel 1954, è una delle personalità più interessanti nel mondo della fantascienza. Inglese, legato ai migliori momenti della new wave degli anni Sessanta, intelligenza eclettica e brillante (come appare anche da questa intervista), associa a una carriera di scrittore di primo piano quella di brillante saggista. Sua è l'opera, fondamentale, Million Year Spree (Un miliardo di anni, Delta), in cui traccia una storia critica della sf dal suo inizio, fissato da Aldiss all’uscita del Frankenstein di Mary Shelley, fino all'inizio degli anni Settanta.

Nel campo della narrativa, vincitore di diversi premi fra cui Hugo e Nebula, è autore di opere come The Long Afternoon of Earth (Il lungo meriggio della Terra, Fanucci), Greybeard (Cittadino del tramonto, Libra), Non stop (Non stop, Fanucci). Suo recente successo è la trilogia di Helliconia, in cui viene descritto il ciclo evolutivo di un mondo in cui le stagioni durano migliaia di anni, In Italia è uscita da diverso tempo La primavera di Helliconia, e sta ora per uscire L'estate di Helliconia, entrambi presso l'Editrice Nord.


Signor Aldiss, fa sempre piacere vedere opere impegnate, valide e non del tutto facili ottenere un vasto successo, come ha fatto la sua serie di Helliconia, in un periodo in cui la fantascienza appare dominata da fattori puramente commerciali. Pensa che ci sia qualche speranza, o si tratta solo di episodi isolati?


Una domanda difficile. Oggi pubblicare un libro è un fatto molto commerciale, ma si può ancora trovare l'editore che crede in qualcosa di più complesso del normale.


Qual'è stata la preparazione necessaria a creare lo scenario di Helliconia?


Io conosco la scienza solo come amatore.

Ero intensamente convinto di aver avuto un'idea brillante. Per darle vita, per essere sicuro di non cadere in errori stupidi dovetti consultarmi con vari scienziati sulle reali possibilità di esistenza di un sistema come quello di Freyr-Batalix, o del virus helico, e così via. Per circa due anni ho lavorato sui concetti generali senza cominciare a scrivere altro che appunti, (*)


Se c'è un particolare che non mi ha convinto del tutto, nella per altro stupenda ricostruzione etnologica di Helliconia. è l'estrema rapidità con cui si svolge l’evoluzione sociale di Embruddock, anche se immagino che, narrativamente, sarebbe stata improponibile una dilatazione temporale degli eventi.


Sulla rapida evoluzione sociale di Embruddock. Forse è leggermente semplificata – fumettistica, potrebbe dire. Ma fino a quel punto la narrazione era stata lenta, pigra, gravata dall'inverno e dalla storia. L'improvvisa accelerazione è giustificata artisticamente, spero. Riflette il modo in cui la primavera, spesso, giunge improvvisa.


Con L'inverno la serie di Helliconia è finita?

Che fine ha fatto l'autunno?


Solo tre volumi. In realtà li vedo come un unico grande romanzo, con significati e riferimenti interconnessi, a creare una soddisfacente risonanza. Non avrei mai potuto visualizzare quattro volumi. Qualcuno mi ha detto: "Vivaldi ha quattro stagioni, perché tu no?". Dovetti ammettere di non essere Vivaldi.


Oltre che come scrittore, Brian Aldiss è noto anche come grande critico, probabilmente uno dei più validi nel campo della sf. Sta lavorando a qualche progetto attualmente?


Si, dopo Helliconia ho deciso di riscrivere e aggiornare interamente la mia storia della sf (Un miliardo di anni), con l'aiuto di David Wingrove. Il nuovo libro apparirà in autunno col titolo Trillion year spree, e spero che possa avere una traduzione italiana.

Mi è dispiaciuto che il mio romanzo più italiano, The Malacia tapestry, basato sulle acqueforti di Giambattista Tiepolo, non ha mai trovato un editore italiano.


Qual'è la sua opinione sulle ultime leve di autori americani, così spesso rivolti a una science fantasy molto avventurosa, come David Brin, C.J. Cherryh, Roberta McAvoy, Tanith Lee?


Dopo tutto c'è una nuova generazione emergente di autori di sf negli Stati Uniti. Mi piacerebbe poter dire lo stesso per l'Inghilterra. Mi piacciono le cose che scrivono Lucius Shepherd, William Gibson e Bruce Sterling. Anche Sharon Baker, Michael Kube-McDowell, Russell Griffin e Hilbert Schenk, e altri ancora. Qualcuno prende il proprio lavoro seriamente, il che è sempre una cosa coraggiosa nel circo della sf!


Che ne pensa di Gene Wolfe?


Non ho un'opinione precisa su Gene Wolfe.

È abile e si fa leggere, e forse è profondo.

Come uomo, è una persona ottima e affascinante.


E in Gran Bretagna, com'è la situazione?

Attualmente c'è un clima culturale molto freddo, e per quanto riguarda la sf nel particolare, sembra di essere entrati in un'Era Glaciale. Alcuni, autori, come Rob Holdstock, hanno molto successo. Cioè ci guadagnano da vivere, e forse anche da vivere molto bene. Ma per ottenere quel tipo di riconoscimento di cui uno scrittore ha altrettanto bisogno, dal momento che non si vive di solo pane, siamo costretti a rivolgerci all'estero.


Assieme a Ballard e a Moorcock, il suo è stato uno dei nomi di punta della new wave inglese, negli anni Sessanta. Quello era un periodo storico molto particolare, ma a vent'anni di distanza sembra che le ultime tracce lasciate da quegli anni stiano scomparendo, sia nella cultura giovanile, dove il nuovo mito estremamente deleterio di Rambo risveglia ideali militaristi, sia nella musica, ad esempio, scivolata fin dalla fine de. gli anni Settanta su canoni sempre più bassi e commerciali; e nella fantascienza, cosa è rimasto?


Sono d'accordo, lo spirito degli anni Sessanta sembra morto, ho già accennato alla predominante Era Glaciale. Ma anche i ghiacci non durano in eterno. Dopo questi nefasti anni Ottanta arriveremo a degli anni Novanta ribelli, come lo scorso secolo, e allora danzeremo attorno alla tomba di Rambo e le arti disseppeliranno l'ascia di guerra e fioriranno come prima.


Lei è uno dei membri più attivi della World SF. Cosa pensa della fantascienza non di lingua: inglese oggi? Crede che sia possibile individuare ad esempio uno "stile europeo", comprendendo quindi anche la Gran Bretagna, ben diverso da quello americano?


La domanda su come mai la sf anglofona domini i mercati mondiali è molto complessa, e non si può dare una risposta semplice. Il fatto è che non ci sono autori al di fuori del gruppo di lingua inglese che si siano conquistati un pubblico internazionale.

(Ci sono delle eccezioni che confermano la regola, la prima delle quali è Stanislaw Lem.). D'altra parte, ci sono autori molto graditi al pubblico della sf che invece lo hanno fatto, come Italo Calvino, morto recentemente. Potremmo definirli "spiriti affini". Forse un altro è Umberto Eco, che sulla sf è molto informato; il suo Il nome della rosa ha girato il mondo.

Un amico austriaco recentemente mi ha proposto quella che può essere la chiave del mistero. Secondo lui attraverso le tradizioni della narrativa pubblicata su quotidiani commerciali e, prima di questo, delle storie gotiche di suspence, gli autori inglesi e americani hanno imparato la tecnica di tenere i loro lettori incollati alla pagina, anche quando la qualità del testo non era molto alta. Sul continente europeo manca una tradizione di questo tipo. La tradizione dei feuilleton dipendeva molto più dall'abilità narrativa e dal bello scrivere, ma mancava il trucco, tipico del gotico, del suspence. I diversi stili britannico e americano si sono oggi fusi in un modo di scrivere nel quale l'interesse - al suo minimo comune denominatore, la trama - è facilmente mantenuto vivo. Questo ha reso la letteratura inglese e americana facilmente esportabile, aiutata e favorita in questo anche dalla diffusione della lingua inglese nel campo tecnico e in altri campi.

Un effetto di ciò, come ha fatto notare Sam Lundwall, è stato un adattamento del pubblico europeo alla storia di tipo anglofono, così da renderlo, al limite, scontento delle proprie tradizioni culturali e da rifiutarle. Mentre gli scrittori non sono in grado di competere in questo stile dominante, essendo convinti che a chi parla inglese venga naturale.

Avanzo questa argomentazione pur convinto che non possa essere esauriente. Ma sembra quasi che si voglia una spiegazione del fatto che non ho mai letto, o non ho mai potuto leggere, un romanzo di autore italiano o giapponese. So che questa situazione affligge i vostri connazionali; era così nel 1962, quando per la prima volta visitai le vostre spiagge, e resta ancora un problema irrisolto.


Un'ultima domanda: per scrivere, usa un computer?


Questa lettera è stata scritta con una Olivetti ET 121, una macchina italiana con intestini giapponesi. Sulla scrivania di mia moglie c'è una macchina simile, collegata con un word processor Multinet 3000. Lei ama questa macchina ed essa è di immenso valore per lei. Lei la usa. Io no. A me piacciono le pile Di carta frusciante.


Intervista e traduzione di Silvio Sosio, maggio 1986.


Nota

(*) Per ulteriori informazioni sulla creazione di Helliconia, Aldiss suggerisce la lettura del suo saggio Helliconia, How and Why, pubblicato nel volume The Pale Shadow of Science.- Questo articolo è stato pubblicato anche su Locus, col titolo Conjuring Helliconia, e da qui tradotto sul "Cosmo Informatore" 3/1985, col titolo La costruzione di Helliconia. Dalla versione di Locus mancava pero un interessante paragrafo, che, col permesso di Aldiss, riporto qui sotto: «Gli scrittori di fantascienza sono demoralizzati dai grandi guadagni di cassetta dei film di sf degli ultimi anni, e spesso cercano di imitare le loro follie. Mentre gli scrittori di corbellerie riescono sempre a guadagnarsi da vivere, gli scrittori dello scaglione intermedio sono pressati molto duramente dai cambiamenti nel mercato e nella filosofia del mercato. L'opportunismo diffuso di famosi scrittori della vecchia generazione, come Asimov, Clarke e Heinlein, di buttar fuori povere imitazioni delle loro prime opere e di essere sovrapagati per queste è anch'esso demoralizzante.»






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