La parola nuda: aspetti del sincronismo apocalittico nelle tetralogia degli elementi di J.G. Ballard
di Domenico Cammarota
1.
Analisi del linguaggio
La parola di Ballard è nuda; essa non riveste un particolare significato linguistico o dialettico/innovativo, ma costituisce la "summa" cinica e modernissima di ogni linguaggio usate dalle avanguardie artistiche europee del 900.
Dall'Ermetismo alle Parolibere Futuriste, dalla Scrittura Meccanica dadaistica al Neoinglese Joyciano, dal Metalinguaggio al Surrealismo, dal Nouveau Roman alla New Wave; Ballard è tutto questo, e anche qualcosa in più. Ballard fa della parola scritta un uso Mandalico; ogni breve frase, ogni perifrase, ogni periodo "staccato" non è lasciato al caso o all'estro narrativo, aa ad un preciso lavoro di cesellamento del fittizio e di bilocazione dell'Io narrante.
L'operazione effettuata da Ballard, consiste nel raccogliere tutti i "topoi" dell'immaginario collettivo per fonderli poi "ex novo" nel linguaggio metodologico dell'industria culturale. Nel far questo Ballard usa un metodo di "Analitycal approach" riguardo l’io narrante, che trova una sua bilocazione nella tecnica introspettiva/espressiva; è questa l'ormai famosa dialettica binaria dell'inner space/outer space, dello spazio interno/spazio esterno. La parola assume così un significato biblico; senza dover scomodare qui il Cristo di "Cielo e Terra passeranno; ma le mie parole non passeranno", ricordiamo il Clark Ashton Smith (antesignano di Ballard per quanto riguarda "l'Inner Space") di "Io passo … ma in questa terra diroccata e solitaria, eretta a sfidare i mari furibondi del cambiamento, rimarranno i miei volumi ed i miei filtri …". Il profondo valore dell'opera di Ballard sta proprio nell'aver recuperato la "parola", nell'averla salvata dalle vuote secche della fantascienza e del mainstream. L'unico altro scrittore che ha tentato un'operazione del genere è Philip K. Dick; ma mentre per il solipsista Dick l'universo è soli un’opinione, per Ballard il discorso è diverso: è Ballard stesso l'universo!
L'universo ha una struttura circolare proprio per quel suo senso di infinito; passato - presente - futuro si fondono in un gestalt disarmonico e ucronico, mentre la realtà, quella vera, quella che conta, ci viene sempre più strappata dalle ossa. Ballard, in questo caso, assume una funzione carismatica, totemica, di Dio/Demonte, di fattore d'implosione metatemporale, di erede dei vari De Sade, Lautreamont, Lovecraft, Bataille; l' artista non è più "maledetto", ma "maledetto" è l'universo. L’universo "Inumano" che può essere redento dalla parola di Ballard. La "parola nuda" supera i barbarismi di un’Arte venduta alla reclusione delle coscienze, per indicare con agghiacciante freddezza la nostra condizione di Fantasmi senza età … In realtà Ballard non può morire perché non è mai nato, e non potrà mai nascere perché è già morto…
Ballard C’È e questo è tutto. Gli aspetti puramente sintetici del Language Ballardiano sono infiniti, ma non per questo inaffrontabili, ricordiamo qui il corso su Ballard tenuto dalla De Micheli durante l'A. A. 79/80 all’orientale di Napoli, nonché l'esame di storia dell'Arte Moderna (sic) svolto su Ballard dal sottoscritto nella stessa Università. C'è da dire ancora, che Ballard sembra inconsapevole del gioco che compie; ma noi no, ed è in questo scambio simbolico che si compie la nostra catarsi.
2.
L'immagine allo specchio: l'elemento Ballard
Nella narrativa di Ballard, ciò che colpisce di più è l'aspetto mediato e apocalittico che egli dà specialmente nelle sue opere cosidette "catastrofiche".
Su questo particolare versante della sf, Ballard non deve assolutamente nulla ai vari precursori patrii del genere: Wells, Wyndham, Christopher, tanto per citare i più noti. Le sue apocalissi sono del tutto personali e ricollegabili ad una metodologia letterale di "cieli significanti", di cui possiamo trovare qualche esempio solo nella migliore "Heroic Fantasy". La "quest" ballardiana non assomiglia più alla "Recercuè" proustiana né alla "Mymesis" cara a tanti poetuncoli da strapazzo; Ballard ricrea il mondo con la parola, rapportando i kierkegardiani "Timori e Tremori" dell'uomo all'interno di una logica surrealista che sfugge al giudizio umano inquantochè è già parte stabile del giudizio, umano e non.
La tetralogia degli "elementi" di Ballard si compone dei seguenti quattro romanzi: "The Wind from Nowhere", del l962; "The Drowned World", del 1962; "The Burning World", del 1964; "The Crystal World", del 1966 (in realtà del 1964 perché il romanzo non è altro che il "collage" di due romanzi brevi, rispettivamente "Equinox" e "The Illuminate Man", pubblicati, appunto, nel 1964).
In questi quattro romanzi Ballard introduce l'elemento "catastrofe" come momento di crisi e di passaggio a diversi stati d'essere della coscienza; a Ballard non interessa la catastrofe in sè stessa, il dopocatastrofe o il precatastrofe, ma la catastrofe vista e intesa come momento "liberatorio" delle nostre contraddizioni e della nostra angoscia esistenziale. L'immagine allo specchio è la reazione dell'uomo rispetto alle catastrofi; a contatto con l'unica realtà valida e sempieterna, ossia "La catastrofe", l'uomo libera d'un colpo solo tutti i propri fantasmi personali per proiettarli poi nel vuoto mandalico dell'immaginario collettivo, dove si fondono i segni archetipali di tutte le "Lost Generation” passate, presenti, future. Di fronte alla catastrofe, qualunque cosa accada, non saremo più gli stessi. Ma anche "senza" il supporto/apporto della catastrofe, fa intendere Ballard, siamo ben sicuri di "essere" qualcosa? Ciascuno di noi può trovare in Ballard quello che Ballard stesso non trova in sé e che probabilmente non troverà mai (né io né voi). Nessuno. Allora, cosa rimane? Se le risposte fuggono, rimangono le domande; quelle disperate domande a cui Ballard cerca almeno di dare una forma concreta, venendo a mancare ogni possibilità di risposta a qualsiasi cosa.
Se Dick e Burroughes Jr. hanno impiegato le droghe per ampliare ed estendere i loro delirii e le loro visioni, Ballard (come del resto anche Lovecraft) ha impiegato solo ed unicamente "l'acido più lisergico di tutti": la propria coscienza. Ed io riesco ad immaginare Ballard, schiacciato dalla realtà, in un qualche cubicolo londinese, la stanza affollata dai fantasmi della sua mente che non l’abbandonava mai, tutto teso in una disperata lotta contro l’essenza stessa del tempo, a scrivere inutilmente per un pubblico di stronzi fans che non capiranno mai quanta verità c’è nelle sue parole, in un mondo senza età, fragile come la sua mente.
L'elemento Ballard è quindi quel "quid", quel "plot" (chiamatelo un pò come volete), quel qualcosa in più in questo "Wonderful world" col quale tutti facciamo i conti, giorno dopo giorno, fino alle nostre Apocalissi e Catastrofi finali (+)….
3.
Le catastrofi "nature": esoterismo e sociologia
Primo elemento: L'ARIA
Nel primo capitolo della tetralogia Ballardiana degli elementi, compare l'elemento Aria. L'Aria è vista nel suo aspetto più estremo e radicale: il vento.
"The Wind from Nowhere" (1962) è anche un titolo - di per sé - già molto emblematico: tradotto in italiano (da quel cialtrone di Galli) come "Il vento da nulla", il titolo ha perso molto della sua originaria pregnanza.
Il titolo, alla lettera, significa "Vento da nessun luogo", è da notare che "Nowhere" ha una sua tradizione nella letteratura fantastica inglese, basti citare solo gli esempi di Samuel Butler col suo "Erewhon" del 1872 ("Erewhon" è ovviamente un anagramma di "Nowhere"), e William Morris col suo "News from Nowhere" del 1884. Il Vento da nessun luogo è un soffio d'irrazionalità che sconvolge il "reale" dall'esterno (outer space), o è un soffio di razionalità che sconvolge "l'irreale" dall'interno (Inner Space)?
Questo concetto binario - solo apparentemente di facile comprensione - trova "consenzienti" e ad esso complementari tutti gli "antieroi" creati da Ballard. L'antieroe che agisce "nel vento" (e non contro il vento o a favore; tutti i personaggi ballardiani si muovono all'interno della catastrofe) è Donald Maitland; applicando la surrealista operazione dell'anagramma, viene fuori "Toiland Madland", ovvero "Terra giocattolo, pazza Terra" ... dove le catastrofi imperano sovrane e ineluttabili.
Secondo elemento: L'ACQUA
Nel secondo capitolo del colossale ciclo di Ballard compare l'elemento Acqua: Anche l'Acqua è vista nel suo aspetto più totale e primievo: il mare, ovvero gli oceani. Ancora una volta, l'imperizia bestiale dei "traduttori" Mondadoriani hanno rovinato un titolo stupendo; "The Drowned World" (Il Mondo Annegato) 1962, è stato reso come "Deserto d'acqua"…
L’acqua, e di per essa il mare, è presente in gran parte della letteratura anglosassone. È evidente l’influsso di Coleridge e della sua "Ballata di un vecchio marinaio" nel ciclo ballardiano di "Vermillion Sands". Senza dover necessariamente affrontare operazioni alla de Turris e Fusco, si può ben dire che il mare per Ballard fa parte della tradizione (notare bene prego, l'iniziale minuscola ma non per questo riduttiva); in "The Drowned World'" il mare visto come fine della vita/principio della vita, ancora una volta come. spazio interno/spazio esterno. Gli oceani sono le calme e fluenti ondate del liquido amniotico della Madre Terra, simbolo principe di ogni simbolismo e d'ogni fittizio. Kerans, l'allucinato personaggio protagonista, è ancora una volta l'antieroe dell'antirealtà che gli sta attorno; la decadente prosa di Ballard ha qui il suo esempio più alto di sinteticità e di bellezza "formale", mostrando fino a che punto è possibile rimanere partecipi e assorti nell'indifferentismo tipico della natura verso l'uomo.
Terzo elemento: IL FUOCO
Il terzo capitolo della tetralogia di Ballard, affronta un altro versante della catastrofe: il fuoco. "The Burning World” è del 1964. A nostro parere, la miglior cosa che abbia mai scritto Ballard; calmo, trasognato, fluente, surreale, questo romanzo è quello - nel settore "catastrofi"- di maggior plausibilità e coerenza letteraria. L'acqua che nel precedente romanzo ("The Drowned World") era la catastrofe, adesso funge da deterrente rispetto alla catastrofe; l'acqua comincia ad evaporare, finché la sabbia, la terra, il deserto che mancava al "mondo" precedente. non viene a prendere il posto che gli compete nell'ambito generale dei catastrofismi usi a Ballard. Tutti gli elementi stanno quindi avviandosi al loro posto.
L'ultimo è il...
Quarto elemento: LA TERRA
Capitolo finale di questo ciclo è la terra. "The Crystal World" è del 1964, anche se pubblicato nel 1966; con esso Ballard chiude il circolo chiuso delle sue Apocalissi. Nel "Mondo di cristallo" anche l'elemento Terra si trasforma, diventando purissimo cristallo; la catastrofe è così interpretata come simbolo di purezza (il cristallo) e quindi di redenzione. Senza mai perdere di vista il dissacrante humour surrealista, anzi. Il personaggio Ballardiano di Edward Sanders è ricalcato da quello omonimo della serie "Sanders" sul fiume, di Edgar Wallace. Questo romanzo è diventato un classico non solo nella sf ma della letteratura inglese. Ballard abbandona gli "sperimentalismi" dialettici per continuare su una vena "classica", che è sempre personalissima riguardo all'intreccio e ai personaggi
L'unione degli elementi
Oltre ai quattro romanzi in cui agisce un elemento "per parte", Ballard ha scritto anche un'infinità di racconti in cui agiscono più elementi all'interno della stessa storia. Ricordiamo qui i più importanti: in "The Drowned Giant" ci sono acqua e terra; in "The reptile enclosure" si sono terra, acqua, aria e fuoco; in "Deep End" ci sono acqua, terra e fuoco; in "Storm-Bird, Storm-Dreamer" ci sono aria e fuoco; in "Now wakes the Sea" ci sono terra ed acqua; in "My dream of flying to wake island" ci sono terra e aria.
Slittamento progressivo catastrofico degli elementi
l) L'Aria, 2) L'Acqua, 3) Il Fuoco, 4) La Terra.
Prima viene il vento, preparatorio all'avvento degli oceani; quindi viene il mare, che sommerge ogni traccia di terra; ancora viene il fuoco, che cancella ogni traccia di acqua e che fa riapparire la terra; infine la terra "purificata" alchemicamente attraverso le trasformazioni iniziali si "ricrea" trasmutandosi nell'aspetto estremo della terra stessa: il cristallo. Non a caso Ballard ha composto e pubblicato i suoi romanzi proprio in quest’ordine. Ed è proprio quest'ordine, l'unico ad essere corretto per una chiara e concreta chiave di lettura critica non casuale né soggettiva.
Non è impresa facile penetrare a fondo nel vasto e composito universo ballardiano. Un universo composto da un microcosmo (Inner space) e da un macrocosmo (Outer space) che si fondono in un unico gestal armonico e discronico al tempo stesso: il Ballard Space.
Ballard come ultimo horror writer
All'etichetta di Ballard come scrittore di "fantascienza", preferiamo quella di Ballard scrittore dell'orrore; attenzione, dell' orrore, e non, del terrore. Cioè, cantore degli spaventi reali e non di quelli fittizi.
Ballard ha pochi antecedenti. Certamente Lovecraft, per il comune orrore verso ogni forma anodina e disestetizzante di "societas"; certamente Bataille, per il disgusto totale verso ogni "messaggio" liberatorio o schiavizzante che di viene sempre e comunque proposto da cose aldifuori di noi.
Ballard è l'ultimo dei grandi scrittori dell'orrore, quindi. La fantascienza è ormai distrutta dalla presa di coscienza del "reale". Dell'orrore, quindi.
4
Ballard/Anno 2000: Distruzione della fantascienza
Il 2000 si avvicina. La paura cosmica della fine del secondo millennio e dell’avvento del terzo, si intrinseca nella prosa ballardiana in tutta una vasta gamma di segni accentranti e stornanti, di simbolismi impliciti ed espliciti. L'angoscia del presente evade sull'ansia del futuro (science-fiction) e sulla nostalgia del passato (fantasy). Le sorti del divenire sociale assumono l'aspetto mistico di una grande celebrazione pagana; pensiamo ad esempio al "sacrificio" di Moro in onore alla Dea Repubblica, consumato con tanto di apparato scenico e spettacolare alla Cecil B. De Mille… E nel gran calderone mettiamo anche le apparizioni di UFO massificate, le sempre più numerose madonne che piangono , il risorgere del misticismo "popolare", l'accrescersi della paranoia collettiva, e, ahimè, anche il "successo" (?) della fantascienza: La Finzione della Funzione carismatica dello stadio, della megadiscoteca, di piazza S. Pietro, è un sistema generalizzato di catarsi preparatoria all'avvento del Grande Fratello, che può essere sia il "nuovo" Karolus Wojtila, che il "vecchio" Leonida Breznev.
Alcune, conclusioni generali deducibili sull'argomento in questione: Le opere di Ballard
La fantascienza è entrata in crisi. La crisi è entrata nella fantascienza.
Crisi della fantascienza o fantascienza della crisi? Fantacrisi. Crisiscienza: Crollo dell’alternativa e alternativa del crollo. Crisi di crisi. Irrigimentazione dell'opposizione e opposizione del regime. Normativa della devianza. Devianza della normativa. Il pubblico privato e il privato pubblico. Simbolismo del simbolismo. Linguaggio segnico stornante e linguaggio stornante segnico. Realtà. Irreale e Irreale Realtà.
The u.f.o. are coming.
Ballard fa intendere che la fantascienza è entrata in crisi?
La fantascienza non è mai entrata in crisi per la semplice ragione che la fantascienza stessa è crisi. Crisi sociale, economica, di tempo, di idee; una fantascienza in crisi per tutte le stagioni. Ma la fantascienza è una crisi critica. Mentre le altre critiche si annullano in virtù del loro senso acritico di "iperraltà" o "iperfinzione", la sf accresce il proprio potenziale critico individuale diminuendo di importanza fino a scomparire.
Come ogni prodotto massificato del "massificante", la sf si annulla in ragione del proprio accrescimento. Questa è la vera crisi: crisi per elefantiasi, e non per rimpicciolimento. La crisi è essa stessa sf; le mille dimensioni del folklore atomico, del regime democapitalistico, non hanno nulla da invidiare agli incubi più orrendi che la sf ci ha propinato. Dunque la fantascienza stessa è sinonimo di crisi. Allora "la crisi" non può entrare nella fantascienza per il semplice motivo che c'è già. Ma allora: crisi della fantascienza o fantascienza della crisi? Niente di tutto questo, ma semplicemente… nulla. Il nulla della fantascienza è entrato in crisi.
Il nulla come "spettacolarità": Ballard è l'unico scrittore della mai esistita "New Wave", che si è "salvato" proprio in funzione della sua "spettacolarità". Ballard è "spettacolare", la sua prosa, le sue ragioni, il "plot" della sua narrativa è "spettacolare"; ma lo "spettacolo" più delirante è il nostro universo, un universo di nome Ballard.
5.
Alcune considerazioni finali: la catastrofe in presa diretta
Mentre terminavamo di redigere il presente articolo, ci è capitata una ben triste esperienza personale di catastrofe. Il riferimento è all'ormai tristemente noto terremoto nel Napoletano del 23 Novembre 1980. Tutte le nostre precedenti parole al riguardo sull'argomento si sono ritrovate di ben poco utilità nel culmine della tragedia.
Ancora una volta di più, lo riaffermo: Ballard è senz'altro il maggior scrittore dell'orrore di tutti i tempi. Figlio diretto del San Giovanni dell'Apocalisse, Ballard ha centrato in pieno il problema della Catastrofe.
La Catastrofe non è prima, la Catastrofe non è dopo, la Catastrofe è Durante. Il Terrore diviene una parte stabile dell'essere, e per quanto incredibile possa sembrare, se ne sente la mancanza; adesso son qui, buttando giù queste note, e mi sento male non perché c'è stato il terremoto o ci potrà essere ancora, ma perché non c'è al momento: La Catastrofe diviene così un modulo di para-vita, una presenza inconscia da esorcizzare con la pratica del nulla. Importante mi sembra anche un altro punto, e cioè: la Catastrofe come tutte le Catastrofi, deve essere inaspettata. Tutti noi dobbiamo morire un giorno o l’altro, non è così? Nessuno di noi però lo pensa, quantomeno si pone il quesito attimo dopo attimo. La morte è sempre vista come qualcosa al di fuori di noi, che è meglio non nominare neppure perché "porta male", ecc. ecc.. Ma la morte è l'unica realtà di quella che chiamiamo vita.
E la catastrofe può fare da ponte tra vita e morte e tra morte e vita, fino alla distruzione finale della realtà. Ci siamo ritrovati di notte, per strade affollate e urlanti, tra palazzi che si piegavano e la terra che tremava; e ci siamo accorti con orrore che non era la Catastrofe in sè ad incuterci paura, ma la mancanza assoluta di qualsiasi stimolo - positivo o negativo - nei riguardi della Catastrofe.
Con questo non voglio certamente dire che chi conosce Ballard sopporterà più stoicamente le Catastrofi di qualsiasi tipo; voglio soltanto dire che Ballard ha perfettamente centrato in pieno con la sua analisi della catastrofe all'interno; la Catastrofe è prima di tutto in noi stessi, e poi negli elementi e nelle cose che ci circondano. La Catastrofe è catartica, oserei dire addirittura liberatoria; nei momenti di maggior pericolo ho visto "uomini forti” abbandonarsi gementi come bambini, e "donne deboli" prendere energicamente in mano la situazione. Ho visto i ragazzi e tipi allegri e pieni di vita, abbandonarsi fatalmente all'attesa della morte; ho visto tipi tradizionalmente inetti, risorgere di colpo e lottare con le unghie e coi denti contro la Catastrofe. La Catastrofe è "l'inconnu". Ancora adesso non siamo ben sicuri se quello che è capitato sia vero o no. Chi o che cosa si può classificare stabilmente, al giorno d'oggi, nella sempre più desueta categoria del Reale? Eppure (Philip Dick insegna), il dolore è l'unico metro di giudizio per analizzare fatti che sfuggono alla nostra normale comprensione. E qui di dolore c’è né fin troppo; per una volta tanto, tutto è così spaventosamente vero. Un'altra scossa di media intensità sta avvenendo proprio ora. Noi, consci del nostro compito (?) di non perdere i fili della ragione, restiamo qui, alla macchina da scrivere. Pazienza se il mondo crolla.
Non illudiamoci che la favola duri per l’eternità. Non sarebbe neanche divertente, alla fin fine. E qui Catastroficamente mettiamo punto.
Napoli, 24/11/80
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