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Ballard: l'intervista


di Dario Sciunnach


L'idea è venuta a Silvio, naturalmente: - Dario, e se preparassimo un'intervista con Ballard stesso, per il suo numero speciale? Il candore della domanda fu evidente: Silvio ha la bella qualità di non considerare irraggiungibile nessuna vetta, nemmeno quelle irraggiungibili. Io, ovviamente non avrei mai pensato di poter scrivere al Maestro in persona…

La prospettiva comunque mi entusiasmò: un essenziale scambio epistolare, durato meno di due mesi, e condotto dal sottoscritto con crescente eccitazione, ed ecco questa "chicca", questa breve intervista, concessa con sconcertane gentilezza dall'autore in un momento in cui come ci scrive egli stesso, in seguito al successo di Empire of the Sun i giornalisti assediano la sua casa; siamo certi che, visto anche questo fattore, vorrete perdonare a Ballard la brevità di alcune risposte.


DOMANDA: La maggior parte dei racconti di The Atrocity Exhibition è stata pubblicata tra il 1966 e il 1969: si tratta indubbiamente dei suoi racconti più densi e articolati, racconti in cui il mondo reale si frantuma e il linguaggio diventa struttura portante per una corretta esplorazione dell’"inner space". Quelli erano anche gli anni dei movimenti giovanili, della contestazione, della musica psichedelica: possiamo immaginare quanto Moorcock, e conseguentemente la sua gestione di "New Worlds" ne fossero influenzati ... Su di lei, tutti questi fattori ebbero qualche conseguenza significativa?


RISPOSTA: Si, penso che The Atrocity Exhibition si sia sviluppata organicamente a partire dal ricco giacimento di stimoli degli anni Sessanta, il periodo in cui in un certo senso il mondo che oggi abbiamo davanti agli occhi era in via di costruzione ... il paesaggio dei mezzi di comunicazione, con tutte le sue oppressioni inversioni, la sensazione di vivere all'intero di un immenso romanzo, e la realtà vista come una gigantesca simulazione elettronica, nella quale le usuali tecniche per far fronte all'esperienza venivano rese per la maggior pari inutili e si rendeva necessaria la comprensione di una nuova grammatica.


D. La narrativa di J.G. Ballard e la pittura surrealista: un paragone stimolante (pensiamo soltanto a Vermilion Sands e a Il giorno senza fine o ai suoi saggi su Dalì…


R. Si, il surrealismo è stato enormemente importante per me, e credo che la sua influenza affiori ovunque, nelle mie opere. Naturalmente le metodologie del surrealismo classico devono essere modificate per potersi adattare al mondo d'oggi, dove ormai non esiste più una precisa distinzione tra finzione e realtà.


D. A proposito di paragoni: se lei dovesse mettere a confronto le con un particolare genere musicale, quale sceglierebbe?


R. La musica ha sempre significato poco per me, sia pop che classica. Non possiedo un giradischi, né tantomeno dischi.


D. Empire of the Sun è decisamente la sua opera di maggior successo finora. Può essere considerato un ampliamento del racconto Guerra finita? E quale ruolo assume inquadrato nella sua narrativa precedente?


R. Si, ritengo che Empire of the Sun sia nato e cresciuto sulla base dello stesso senso di risveglio della mia infanzia in Cina che precedentemente aveva dato origine a "Guerra finita" - per quanto il racconto sia completamente diverso dal romanzo, se si esclude la comune ambientazione nel mio campo di prigionia.

Probabilmente è vero che il romanzo rivela le fonti della maggior parte della mia narrativa precedente, ma nello stesso tempo il mio senso del mio passato in Cina è stato alterato dalla narrativa che ho scritto in tutti questi anni.


D. Una domanda ovvia: qual’è lo scrittore inglese di fantascienza che lei ammira maggiormente?


R. Personalmente ammiro molto Ian Watson, e anche l'opera del mio vecchio amico Michael Moorcock.


D. Il tema della sospensione e del superamento della coscienza è comune a numerosi suoi racconti, dai vecchi Le voci del tempo e Dalla veranda fino ai recenti Mitologie del futuro prossimo e Notizie dal sole. Il suo interesse per questo argomento può essere spiegato razionalmente?


R. Forse: come il desiderio di svolgere esperimenti metafisici…


D. Cosa ne pensa delle traduzioni dei suoi libri in italiano?


R. Sono felicissimo che tanti miei libri siano stati pubblicati in Italia, e stimo molto l'accoglienza positiva dei lettori italiani, ma non sono in grado di parlare delle traduzioni.


D. Crash è uno dei suoi romanzi più significativi: che cosa ha rappresentato per lei e per la sua narrativa?


R. Potrei sbagliarmi, ma penso che Crash sia il mio romanzo più importante in assoluto.


D. Per concludere: alla luce delle esperienze e dei risultati ottenuti da «New Worlds» e dalla New Wave in generale, ritiene che attualmente la fantascienza abbia una ragione di esistere?


R. Certo, penso che questo sia un momento estremamente importante per la fantascienza e che, sotto molti aspetti, noi stiamo vivendo in una decade simile per importanza a quella degli anni Cinquanta, la prima cosiddetta "età dell'oro" della fantascienza moderna. Le nuove e sempre più avanzate tecnologie stanno cambiando il mondo in cui viviamo, ricerche mediche ai confini della creazione della vita, telecomunicazioni avanzatissime, computer, eccetera. Una meravigliosa opportunità per una nuova generazione di scrittori di fantascienza.


Intervista a cura di Dario Sciunnach, con la collaborazione di Silvio Sosio. Traduzione dall'inglese di Dario Sciunnach. Un ringraziamento particolare ad Antonio Braga che ha contribuito alla formulazione di alcune domande.






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