La psiche e il paesaggio-analisi dell'opera di J.G. Ballard
di Giuseppe Mangoni
"In seguito, il dottor Bayliss avrebbe ripensato a quando …". Con questa frase (In seguito il protagonista avrebbe ripensato") iniziano molti dei raccanti e dei romanzi di James Graham Ballard. Fateci caso. A parte l’efficacia narrativa di iniziare il racconto quando tutto è cominciato e i "precedenti" vi vengono a conoscere tramite la mediazione dei ricordi e dei pensieri del protagonista (Omero, Shakespeare … insegnano), la frase introduce fin dall'inizio la qualità tipica della narrativa ballardiana: ricordi, impressioni (e questo è il contenuto); e il fascino di questi (lo stile).
La frase impone la presenza del vero protagonista: il ricordo, appunto, e le meditazioni che ne derivano. Ma questo sarebbe psicologismo. Pertanto aggiungiamo: il ricordo è il protagonista, e questo modifica il protagonista umano e il mondo a lui attorno. E se questo mutamento del mondo in base al ricordo e, alla realtà intima non fosse per caso fantascienza, sarebbe "stile di Ballard" e come tale potrebbe bastare.
Contenuto e stile. E fantascienza.
Come massimo poeta della crisi psicologica della persona umana, l’orologio di cui Ballard segue i movimenti è che scandisce il tempo interno degli individui, ovvero il crescere d’ossessioni nell’animo dei protagonisti. Ma a salvare questo raccontare dalle ovvietà di descrizione di stati d’animo alienati (non è narratore del filone esistenziale, Ballard…) interviene la particolarità unica di queste deformazioni della persona (la psiche), in relazione netta con qualcosa di generale ed esterne all'uomo stesso: una causa prima diversa, e ambientale (il paesaggio).
Ed eccoci: una regressione interiore.
E una catastrofe esteriore. Fra le catastrofi, ovvero fra le cause, Ballard ha preferito l'acqua.
Seguendo "il tempo interno", assai più potente della realtà esterna, la regressione psichica si fa strada nel protagonista: è il risvegliarsi della memoria e dell’istinto oceanico. L'uomo, di fronte a catastrofi o a particolari eventi traumatici personali, ritrova i ricordi e i riflessi delle creature marine primordiali: le cellule marine da cui la razza umana deriva tutta quanta, senza aver del tutto perso, nei millenni d'evoluzione, i ricordi delle paludi del periodo cambriano; e le esperienze embrionali del feto nel liquido corpo materno: l’altro oceano, in cui è nato sguazzando ogni singolo uomo. A questi paradisi primordiali di acqua in cui l’intera umanità e il singolo essere hanno trovato vita (la palude preistorica e il ventre materno) il protagonista trova modo di abbandonarsi. In generale sono le condizioni climatiche che lo consentono, almeno nei primi romanzi di Ballard:· ricorderemo deserto d'acqua quello che succede al dottor Kerans (il protagonista) che, scendendo come palombaro in un buio edificio sommerso, si ritrova come feto nell'utero materno e si abbandona a sogni e a visioni interiori di "altri" paesaggi embrionali; foreste e soli preistorici. E deve essere condotto di peso in superficie dai compagni.
È evidente il grande debito che Ballard (studente mai diplomato in medicina) ha contratto con Sandor Ferenczi, il discepolo di Freud: le teorie che ritengono che l'uomo riviva i comportamenti standard delle creature marine, io certi momenti della vita, quali la prima infanzia, il sonno, l'atto d'amore, riempiono le pagine di Thalassa, il saggio di Ferenczi del 1924 (dal titolo originale ballardiananamente significativo: Funzioni delle catastrofi nella evoluzione della vita sessuale). Poiché è provato che il feto umano assume via via, nei mesi di gestazione, le forme dei nostri antenati: pesce, anfibio, mammifero con coda, uomo, la teoria della persistenza della memoria oceanica ha solide possibilità di essere legittimata anche fuori dal campo della fantascienza.
Per Ferenczi l'origine di ogni male è da imputarsi alla catastrofe primaria: il preistorico prosciugamento dei mari che costrinse le creature viventi a coprirsi di dura superficie (La pelle) per non evaporare e o tentare la via della terraferma. Per Ballard una catastrofe è alla base dei racconti e all'origine delle ossessioni dei personaggi. Seguendo gli istinti interiori (tutti degenerativi), i protagonisti di Ballard sono begli esemplari della razza umana postcataclisma: sul punto di estinguersi per lasciare il campo a nuove creature più adatte.
Ma recentemente l’autore ha arricchito il proprio repertorio di cause fisiche per drammi interiori: non gli è più necessario fingere diluvi (come in Deserto d'acqua), bufere interminabili (Vento dal nulla), siccità e carestie (Terra bruciata): ha ora ideato disastrosi cataclismi minuscoli, con un immutato potere regressivo.
Fra queste cause Ballard, nei racconti recenti, ha privilegiato i satelliti artificiali. E precisamente i colossali palloni ECHO messi in orbita dall'America per riflettere le onde radio. Gli argentei palloni, visibili dalla terra con l'apparenza di stelle in rapido movimento, generano ossessioni morbose. Esemplare, per questo, il racconto La spiaggia (in Gli scultori di nuvole) dove l'apparire di un satellite trascina verso di sé i bagnanti di una spiaggia, in un collettivo suicidio in mare. Con i palloni EGHO, anche le navicelle spaziali di esperimenti falliti solcano come stelle mobili i sogni dei personaggi. Le bare volanti contenenti i cadaveri di astronauti morti durante le orbite, destinati a essere ogni sera stelle mobili nel cielo, attirano particolari persone che si fanno unico scopo dell'esistenza l'osservarne il passaggio nello spazio. Sono parenti degli astronauti morti, sono ingegneri spaziali falliti o astronauti che non si sono mai staccati da terra, che vedono i quei morti le loro speranze irrealizzate (il racconto L'astronauta morto, in Civiltà del vento). In tutto questo non è da trascurare il ricorrente tema ballardiano della contemplazione del cadavere lucente. E prezioso.
Esistono ladri di reliquie che attendono nel deserto il momento in cui qualcuna delle capsule si abbatterà al suolo per rivendere ai fanatici i resti degli illustri astronauti. Il tema di furti di tombe è una costante necrofila di alcuni racconti di Ballard (a cominciare dal remoto I saccheggiatori di tombe, in Urania 364), ma in queste narrazioni il corpo morto non interessa come tale, ma solo per le profonde 'vie' per il, mondo interno che sa spalancare. Lucido e freddo, il racconto di tal fatta non scade mai a trama gotica o tenebrosa (ossa, sepolcri …) ma suscita forti emozioni alla lettura unendo l'elemento attualistico all’atavico gusto morboso per la reliquia umana (e dita amputate di un astronauta accanto ai manometri e ai comandi della navicella spaziale schiantata).
Insistiamo tanto su questo tema della contemplatio cadaveris perché l'opera più recente di Ballard ne è fortemente visitata e, al di là di ogni gusto personale, ci pare doveroso segnalare l'emergere di questo filone tematico, nell'opera dello scrittore. Su un cadavere e sulla sua progressiva mutilazione è basato il recentissimo racconto Il gigante annegato (nell'antologia omonima); e su tonnellate di cadaveri si chiude Condominium, il più recente romanzo di Ballard.
Altre ossessioni psichiche personali generanti tutta una filosofia di vita particolare sono segnalabili a centinaia; il vero protagonista dei racconti e dei romanzi è proprio il tempo e Lo spazio interiore del personaggi, uno spazio diverso da quello reale è più forte di questo, avviato e determinato da modificazioni stravaganti dell'ambiente, del paesaggio. Ed è in questa modificazione ecologica che si situa la parte fantascientifica del mondo dello scrittore; il resto (la psiche) risponde a questi mutamenti e vi si adatta. Ecco perché abbiamo intitolato questo studio La psiche e il paesaggio.
Cercando fra le ossessioni ricorderemo L'uomo impossibile (in Gli scultori di nuvole) dove un giovane infortunato, al quale viene trapiantata una gamba, si suicida o causa della incompatibile vicinanza con questo arto estraneo. Ricorderemo L'uomo subliminale, sulla pubblicità indotta. E anche Dalla veranda (in Otto racconti, 'Urania 321), dove è presentata la capacità del protagonista di dimenticare a piacere l’aspetto reale del mondo, fino alla drammatica conclusione. Fra le catastrofi in tono minore, ci piace ricordare l’immobilizzarsi della rotazione terrestre e la particolare psicologia di questi uomini che scelgono, per vivere, la zona eternamente immersa nelle ombre della sera (Il giorno senza fine, nell'antologia omonima)., E la progressiva nascita di bimbi costantemente deformi: non involuzione della razza, ma evoluzione, poiché tali mutanti saranno i più adatti alla mutata ecologia della terra (Il pastore aereo, in La civiltà del vento).
L’intero ciclo di Vermillion sands, (nove racconti scritti nell’arco di quattordici anni – fino al 1970) contiene alcuni dei più piacevoli racconti della maturità dello scrittore. In essi, accanto alle tuttavia stucchevoli descrizioni di donne fatali e al clima di noblesse dell’insieme, si possono apprezzare i riusciti bilanciamenti fra assurdità interiori e assurdità ambientali. Nei racconti di questo ciclo il rapporto fra psiche e ambiente è più calibrato che altrove.
Del tutto male intrecciate sono le opere relative al filone più recente: il diluvio di cristalli In queste narrazioni (citiamo il romanzo Foresta di cristallo e il racconto L'uomo luminoso, in Il gigante annegato) l'autore si perde letteralmente nella descrizione dell'orrore fascinoso: il tema dell'universo indiamantato porta Ballard a descrivere la flora e la fauna tramutate in vetro scintillante e questo descrivere gli prende la mano, distoglie l'attenzione dal protagonista, dalle vicende, disgrega il racconto. È una involuzione dell'autore.
Ma è recente il miglior racconto sul filone del tempo e dello spazio interiori: ci riferiamo a Le voci del tempo (In Incubo a quattro dimensioni). In esso compare ogni tema ballardiano: la catastrofe mondiale (stavolta è il sonno: un sonno inarrestabile che invade ogni essere umano); la coscienza nei protagonisti che L'uomo è giunto alla fine del suo essere la razza principe su questo pianeta e che proprio nel sonno si deve spegnere; le straordinarie mutazioni di animali e vegetali che iniziano ad adattarsi al nuovo clima mentre l'umanità si assottiglia di numero; le fantastiche collezioni di "documenti finali": cioè degli ultimi atti (e dei più disperati) che l'umanità ha prodotto e che alcuni protagonisti catalogano nei sempre più rari momenti di veglia, per lasciarli come testamento dell'uomo. E poi: il pulsare (Intelligente? casuale?) di certe stelle che marcano come un cronometro il passare ineluttabile dell’ultimo tempo dell'umanità. E soprattutto c'è l’abbandonarsi dei protagonisti alle suggestioni del tempo interiore che, fra sogni e sonni, si sostituisce al mondo esterno, ormai inadatto all'umanità e quindi allontanato tanto nella sua realtà che nella sua immagine.
In questo racconto c’è "tutto" Ballard… e non per nulla la narrazione inizia con la frase tipica "In seguito Powers avrebbe pensato spesso…" con cui Ballard pare voglia contrassegnare i suoi pezzi migliori.
Nel numero 18 della rivista Robot (Armenia edit., settembre 1977) Caimmi e Nicolazzini hanno presentato un buon articolo sullo scrittore, con un profilo biografico e l'analisi delle costanti narrative di Ballard.
Ma in questo studio non figurano le più recenti linee tematiche dell’autore, particolarmente il filone della mutazione genetica e la questione dei cadaveri orbitanti. Nemmeno citati i più recenti racconti, neppure nella bibliografia dedicata alle traduzioni italiane delle opere di Ballard. Nonostante questo la bibliografia in coda all’articolo è così vasta che ad essa rimandiamo l’attenzione dei lettori.
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