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Ballard e l'onda infranta


di Enzo Verrengia


Nouvelle Vague al cinema e New Wave in Fantascienza: da una lingua all’altra, da un medium al1altro, l'onda spazzava dal conformismo e dalle certezze le rive degli anni ’60, con sulla creste una generazione grintosa, impermeabile alle tradizioni, per la quale nessuno poteva sognarsi d'inventare un'operazione nostalgia. Sperimentare nuove sensazioni con una vita densa di esperienze era il corrispettivo per la ricerca di nuove soglie di coscienza con gli allucinogeni e, in creatività, l'uso di formule complesse, fatte più di espressione che di comunicazione.

Per il pubblico non restava alcuna scelta di evasione, intrattenimento, consolazione, solo il pieno coinvolgimento interiore nelle forme d’avanguardia dell'arte, un processo meramente intellettuale. E già non c’era più differenza fra artisti - come creatori ingenui di opere – intellettuali - come, speculatori sulle direzioni globali della cultura. Gli uni e gli altri si equivalevano, si rincorrevano per saloni e salotti, convegni e vernissages, in un ininterrotto cicaleccio sui massimi sistemi. Fuori transitavano il boom economico, la Nuova Frontiera, la distensione, i Beatles, il "suicidio" di Marilyn Monroe, Godard.

Isaac Asimov oggi non perde un’occasione per ribadire la sua versione sulle origini della Fantascienza New Wave. Secondo lui il cinema e la televisione stavano affossando le vendite dei romanzi mainstream e per un gruppo di giovani autori di idee radicali e hippies l’unico modo di campare era ripiegare su un filone popolare. Il risultato, sempre per Asimov, fu una serie: di storie senza solide fondamenta scientifiche, dalla trama astrusa, piene di sesso e drogati.

Difficile non solidarizzare con uno degli eredi della lezione tecnologica di Campbell, soprattutto ora che quei giovani degli anni '60 hanno raggiunto i quaranta e i cinquanta, inventandosi la moda della nostalgia per mascherare la loro incapacità di rinnovarsi e tagliare le gambe a quelli di dopo. Ma che dire del fatto che uno dei responsabili della New Wave, forse il suo iniziatore, aveva ed ha una formazione scientifica, e le sue opere non possono essere liquidate alla stregua delle effimere e martellanti canzonette rock?

James Ballard, l'uomo in questione, è un personaggio di culto al pari di Asimov, su un opposto versante, e condivide con lui il fardello di tutti gli innovatori, quello di aver avuto poi degli emuli, pochi buoni e troppi cattivi. Meno male che un maestro del fantastico e del paradossale come Borges rovescia questa convinzione, affermando che ogni grande scrittore crea i propri precursori, e non gli epigoni, a partire dall'esempio che solo dopo Kafka si avverte il sapore kafkiano in un racconto del tipo di "Wakefield", di Hawthorne.

Dunque non è bene cercare in Fantascienza le colpe della New Wave in quelli di dopo, ma portare alla luce l'intimo legame con tutte la storia moderna di questo genere narrativo. Ballard "crea" i suoi precursori codificando l'Inner Space, lo spazio interno contrapposto a quello esterno, ovvero accentrando l'attenzione sulle valenze psicologiche dei protagonisti e dei moventi.

Ma non era un procedimento sconosciuto in periodi di corsa all’invenzione all'azione pura. Negli anni Trenta spiccano almeno due novelle in cui, oltre alla "trovata" scientifica, gli autori puntano ad un approfondimento speculativo. Il personaggio di "Colossus", di Donald Wandrei, è un individuo che cresce fino a scoprire che il nostro universo è la struttura atomica di un universo gigantesco, e questa "scoperta" è pari all’incontro con il monolito e le sue implicazioni di cui si narra in "2001".

"Gladiator", di Philip Wylie, è passato fra le memorie di culto come il romanzo che ispirò gli autori di Superman, quando invece è un malinconico affresco della provincia americana e delle frustrazioni che ingenera in un ragazzo condannato ad avere una struttura molecolare densissima da un esperimento di ingegneria genetica del padre scienziato.

Ballard ha elevato il meccanismo narrativo dell’analisi fino al flusso di coscienza e all’esperimento letterario, pure non ha mancato all'intento principale dell’onesto fictioner: regalarci delle storie avvincenti. con situazioni non costrette nei limiti della normalità mainstream, altrimenti non si starebbe più a discettare di Fantascienza.

Ora, assodato che la New Wave è servita soprattutto a far scoprire lo stile agli scrittori di un genere per lo più "popolare", assodato che Ballard è stato un maestro a presentarci scenari di distruzioni plausibili proprio perché visti dalla parte di uomini e di donne comunissimi ("Terra bruciata", "Deserto d’acqua" e "Vento dal nulla"), che succede leggendo "Mitologie del futuro prossimo", pubblicato in uno dei numerosi Urania "speciali" che forse da Mondadori s’ingegnano di ostentare in una collana che di speciale ha sempre meno?

Questa antologia degli ultimi racconti di Ballard appare subito datata proprio nella sua straordinaria attualità. Vi si trovano computers e società di vidioti (idioti del video), disgregazione civile e vacanze-concentramento, ma la grande assenza è quella di una Fantascienza finalmente autentica.

Il >concetto permeante tutti i racconti (e in particolare due: "Mitologie del futuro prossimo" e "Notizie dal sole") è l’obsolescenza della corsa allo spazio, il ritrovarsi in un’era post-astronautica (dove, fra l’altro, gli astronauti diventano protagonisti di contorno di commedie sentimentali come Jack Nicholson in "Voglia di tenerezza".

Gli uomini impazziscono per il "male del tempo" o "male dello spazio", che consiste nel regredire collettivamente in sogni di voli mai effettuati, nel ricercare il buio e il riparo uterino nelle proprie abitazioni, lontano dalla vista degli altri, lontano dalla luce del sole. Ma questa è una trovata anti-fantascientifica, è un’elucubrazione sugli effetti di un mito - la conquista dello spazio - sulla coscienza collettiva, un’immagine del presente, non del futuro.

In "Saluti da Las Palmas" leggiamo le lettere di una graziosa borghesuccia inglese che, giunta in un residence tropicale per una vacanza, si accorge che lei e il marito vi resteranno a vita, in prigione dorata, perché la disoccupazione in Europa non suggerisce metodi migliori per sbarazzarsi del personale in sovrappiù delle varie aziende. Uno sberleffo alla piaga del momento e nient'altro. Per giunta l'idea di partenza è totalmente errata: le vacanze diventano sempre più appannaggio dei pochi garantiti e meno dei precari sottoccupati o disoccupati del tutto.

E la rassegna prosegue fra cronache di guerre civili in Gran Bretagna, arrivi da universi paralleli raccontati come le fasi di un oroscopo con simboli "moderni" (il Computer in alternativa all'Acquario, Cloni in alternativa ai Gemelli, ecc.) e persino un racconto autobiografico sulla liberazione di Ballard dal campo di concentramento in cui fu internato a Shangai con la sua famiglia dai giapponesi durante l'ultima guerra.

Si capisce in prospettiva l'amore che Vittorio Curtoni porta a Ballard. È facile per gli italiani sognare una Fantascienza che impegna solo all'arrovellamento e non alla documentazione, una Fantascienza che almeno nell’autore inglese si salva con un fermo dominio delle tecniche narrative, e che, se attecchisse qui da noi produrrebbe degli scrittori da comodino anche sulle poche pagine che si pubblicano e la noia dilagherebbe sovrana.






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