Recensione alla quadrilogia degli elementi
di Gian Filippo Pizzo
Per qualche ragione ancora non abbastanza esplorata, gli scrittori inglesi sono specializzati nella science fiction catastrofica. Da Mary Shelley e H. G. Wells a Moorcock, Roberts, Cooper, White passando per Shiel e le antiutopie di Huxley e Orwell e tanti altri, i fantascrittori inglesi hanno sempre mostrato una singolare sfiducia nell'umanità (dipenderà dal clima?). Tralasciando l'ottimo John Christopher e il mediocre John Creasy (peraltro splendido giallista come J. J. Merric), due sono gli scrittori che emergono in questo sottogenere della fantascienza: John Whyndham e J.G. Ballard. Il primo (Il giorno dei Trifidi, I figli dell'invasione) è delizioso sia come narratore che per le descrizioni; le sue ambientazioni ricordano quelle di Agatha Christie e spesso si ha l'impressione che dai suoi sobborghi londinesi o dalle sue cittadine del Sussex potrebbe saltar fuori Miss Marple. Ballard è, semplicemente, unico.
Di Ballard, che è indubbiamente uno stilista che evoca con la sua scrittura le suggestioni dei movimenti pittorici degli inizi del secolo, bisognerebbe leggere in primo luogo i racconti (Incubo a quattro dimensioni, «Oscar»; I segreti di Vermilion Sands, Fanucci). Ma i romanzi non sono da meno, specie per quel suo mettere l'accento non sul disastro, non sulla catastrofe (più e meno fantascientifica, più o meno naturale), ma sugli effetti che questa ha per l'uomo. Uomo inteso, e mirabilmente descritto, nella doppia veste di essere sociale e di individuo; così i protagonisti ballardiani - sia i vittoriosi, sia gli sconfitti - esprimono la dissoluzione dell'uomo (del suo sentire, del suo agire) di fronte all'ineluttabile, e la dissoluzione della società, che Ballard vede sempre impreparata, nell'affrontare le novità del futuro.
Descrittore di catastrofi urbane (Condominium, l'inedito Crash) come, per così dire, di rurali, Ballard è autore di questa quadrilogia catastrofica in cui mette in moto di volta in volta uno degli elementi classici: l'aria (Il vento dal nulla), la terra (Foresta di cristallo), l'acqua (Deserto d’acqua), il fuoco (Terra bruciata). L'edizione è pregevole e introdotta da un ottimo scritto di Riccardo Valla. Una lettura sofisticata, ma fascinosa.
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