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J.G. Ballard, The Atrocity Exhibition-ovvero: l'incubo esistenziale


di Dario Sciunnach


All'interno di quell'accozzaglia amorfa di correnti eterogenee che è stata definita New Wave, l'apporto di James Graham Ballard, scrittore da sempre dotato di grande volontà innovativa, è stato di primissimo piano. Ritengo tuttavia che sarebbe errato pensare a Ballard come al padre e al caposcuola della New Wave (un movimento, peraltro, dichiaratamente privo di canoni stilistici e teso a conferire al singolo scrittore la massima libertà espressiva e tematica}: il suo contributo consiste nell'aver indicato la necessità di una nuova fantascienza, basata sul rifiuto degli stilemi cari alla SF tecnologica (spazio, astronavi, alieni, robots) per privilegiare l'uomo. In questa direzione si sono mossi in seguito i vari Spinrad, Moorcock, Sladek, Disch, ma ciascuno per conto proprio e con proprie finalità ultime. Del resto Ballard è uno dei grandi individualisti della fantascienza, uno di quegli autori che per originalità o per genio, non fauno scuola, non s'inquadrano dietro nessuna etichetta, sembrano rifiutare ogni raffronto. Ne sono nati pochi, oltre a lui: Clifford D. Simak, Harlan Ellison, Raphael A. Lafferty. Ma hanno fatto storia.

E in effetti Ballard, fin dall'uscita delle sue prime opere, e, in particolare, dell'articolo "Which Way to Inner Space?", non ha mai permesso al pubblico e alla critica di rimanere indifferenti sul suo conto, sia che lo si esaltasse o criticasse.

Temo però che le critiche abbiano preso il sopravvento circa quello che a tutt'oggi rimane forse il suo libro più interessante e significativo, l'antologia sperimentale "The Atrocity Exhibition" non tradotta in Italia: tutto questo (le critiche e la mancata traduzione integrale in italiano), a mia opinione, a torto.

"The Atrocity Exhibition" è stato accusato di essere un'opera "disperatamente sperimentale", di essere una degenerazione rispetto a capolavori come "Deserto d'acqua": ma ritengo che non sia possibile criticare lo stadio ultimo dell'evoluzione artistica di uno scrittore, quando essa è rigorosa e lineare quanto quella seguita da Ballard durante tutta la sua carriera: basti pensare alla coerenza con cui il Nostro ha composto la sua tetralogia catastrofica ("Vento dal nulla", "Deserto d'acqua", "Terra bruciata", "Foresta di cristallo", in cui la distruzione è portata rispettivamente dal vento, dall'acqua, dalla siccità e dai cristalli). Le critiche mosse al libro mi sembrano tanto più assurde in quanto Ballard ha svolto i massimi mutamenti, tra la sua produzione precedente e il testo che abbiamo ora in esame, a livello stilistico: e senz’altro in meglio.

I mutamenti tematici, per quanto profondi, sono per lo più orientati verso una maggiore considerazione dei problemi della nostra era.

S'è detto: questa non è più fantascienza. Ma, Signori della Corte, che cos'è la fantascienza? Non dobbiamo dimenticare che "The Atrocity Exhibition" è pur sempre un'opera New Wave. Dice in proposito Michael Moorcock, quasi in tono di scusa, quasi a dire "Dio mio, cos'ho fatto?": "… Noi abbiamo soltanto incominciato a scrivere come volevamo…" (l)

E del resto proprio la polemica sulla New Wave ha messo in risalto l'ampiezza e l'elasticità dei confini del fantastico. Fatto curioso, il libro è stato accolto con favore nell'ambito del mainstream, al punto di uscire con la semplice etichetta "fiction": forse proprio per la sua grande attualità storica, che l'ha comunque compromesso agli occhi dei barbuti accademici della fantascienza.

Ma bando alle contestazioni e veniamo al libro.

"The Atrocity Exhibition" by J.G. Ballard: come dicevo, non tradotto in italiano, anche se quattro racconti sono usciti su riviste e fanzines (v. Bibliografia) una decina d'anni fa, e comunque sono ormai introvabili. È un vero peccato che nessuna casa editrice si sia mai occupata di questa raccolta e non sarebbe male farci un pensierino (non è un appello, ma quasi).

La struttura dei racconti è quella non-lineare del Ballard sperimentale, concepita similmente ai cut-ups di W. Burroughs. Un buon esempio di questa struttura è il racconto "Terminal" (2), fortunatamente tradotto e reperibile, formato da una serie di capitoletti che frantumano la storia, sfasano l'ordine logico, spaziale e temporale, in un caos turbinante di immagini e allucinazioni, introdotte da titoli in neretto, del genere: "No-U-Turn", "In Death, Yes.", "The Dead Planetarium", "The Danger Area"', "Spinal Levels" (Sto pescando a casaccio dal libro).

La struttura del libro è invece quella dell'antologia a tema tipo "Cronache Marziane" di Bradbury o "334" di Disch, che lascia sempre forti dubbi: romanzo o antologia? In questo caso propendo per quest'ultima tesi. La struttura di ogni racconto è simile, cosi le tematiche, e questo, in determinati punti, rende il libro monotono. È l'unico difetto riscontrabile in un'opera che offre invenzioni scioccanti, ossessive o paranoiche ad ogni pagina, il tutto unito allo stile volutamente piatto di Ballard, che accentua ogni dettaglio fantastico.

Il testo è di lettura piuttosto scorrevole e la traduzione non è particolarmente difficile e anche se arricchito da sfumature, il periodo di Ballard è sempre piano. Esiste qualche termine ricercato che però, una volta memorizzato, si ritrova di frequente anche in seguito. Il discorso si fa più lontano per quanto riguarda i termini psichiatrici: ma si sa, noblesse oblige.

Un'analisi tematica o comunque più approfondita è senz'altro difficile, ma penso che sia sbagliato bollare il libro come assurdo o incomprensibile, come s'è purtroppo fatto: non possiamo cestinare un'opera solo perché è un po’ più impegnativa e significativa delle altre a cui siamo abituati. Forza!

Il tema di fondo, il comune denominatore dell'antologia, è una critica, spesso anche una denuncia, alla follia e all'incoerenza degli ultimi decenni della nostra epoca, in particolare degli anni '60: questa critica è svolta per mezzo della ripetizione ossessiva di simboli, quelli che Ballard chiama "i simboli concettuali della nostra era", cioè una serie di immagini che in qualche modo rispecchiano i principali problemi della società moderna ed i loro effetti deleteri ed alienanti sull'uomo. Questi simboli assalgono il protagonista ad ogni pagina, isolandolo in un incubo che lo porta puntualmente alla follia o alla distruzione, fisica o concettuale che sia. Per la genialità dell'invenzione, queste figure costituiscono una delle colonne portanti della raccolta. Abbiamo, per esempio, un misterioso "A Bomber Pilot", i volti delle grandi attrici del cinema, i Kennedy.

Manco a dirlo, Ballard è stato attaccato anche per aver introdotto nei suoi racconti personaggi come Liz Taylor, Marilyn Monroe, J.F. Kennedy e Ronald Reagan: forse i critici non hanno compreso l'effettivo valore concettuale di questi personaggi, che trascende il loro semplice status di persone per elevarli a emblemi. Come dice lo stesso Ballard: "… mi sembrano personaggi fittizi molto più significativi di quelli che uno scrittore potrebbe inventare… (3)

Oltre a questi personaggi reali, ne esistono altri inventati: i protagonisti dei racconti, che in pratica sono un solo protagonista visto sotto diverse sfaccettature (ne è dimostrazione il fatto che tutti iniziano per T: Travis, Talbot, Tallis, Trabert, Talbert, Travers, Traven). Come sempre, nella narrativa di Ballard, l'esposizione degli eventi è impersonale ed esterna, e del protagonista conosciamo soltanto il cognome.

Abbiamo successivamente il Dr. Nathan, uno psichiatra riconoscibile forse in Ballard, forse nello spirito razionalista, forse nella scienza, che segue passo passo il declino psico-fisico dei personaggi, annotando spiegazioni chiarificatrici su qualche misterioso taccuino: un ruolo simile a quello del dottor Bodkin in "Deserto d'acqua".

Altri due personaggi importanti sono le donne Karen Novotny e Catherine Austin, interpretabili come simboli della sessualità.

Oltre alle persone, anche numerosi oggetti rivestono un ruolo importantissimo, sempre a livello di simboli; prima tra tutti, naturalmente, la televisione, o meglio lo screen, lo schermo, che merita un discorso a sé. Da sempre, l’idea di schermo ha affascinato Ballard; basti pensare al grande interesse del Nostro verso il cinema, o alla raccolta "Vermilion Sands", in cui compare il racconto "The Screen Game". Oggi, la televisione ha assunto, al di là del suo valore primario di diffusione, un’infinità di sfumature concettuali, tra cui, per esempio, le idee di potere sublimale, condizionamento e suggestione. Fantascientificamente, poi, il televisore può rappresentare un punto di contatto tra dimensioni differenti: è questo un tema caro alla New Wave, come ci spiegano Fusco e de Turris, a riguardo di un uomo che stia guardando una scena della Guerra del Vietnam: "… si creano diversi piani di realtà: la Guerra del Vietnam; l'individuo che osserva la scena; i suoi pensieri conseguenti a ciò; i suoi problemi preesistenti che si sovrappongono l'un l'altro ma non si mescolano tra loro… (4 )

Veniamo ad un esempio concreto di questa tecnica narrativa: cito un brano del racconto "Escalation cardiaca", di Brian Aldiss: "Essendo solo in casa e non sentendomi molto bene, preferii tenere acceso il televisore per avere un po’ di compagnia. Il volume era quasi al minimo. Tre uomini agitavano in quasi totale silenzio le labbra discutendo il ruolo cinese nella Guerra del Vietnam. Abbassai la testa e mi concentrai sul manoscritto di Zia Laura … Sul piccolo schermo, delle figure si arrampicavano su una montagna. Erano completamente sfocate. O la mia vista se ne stava andando, o si trattava di un cinegiornale cinese. Lunghe file di animali … non si riusciva a capire di che specie, il film era lievemente sovraesposto.

Potevano essere renne nella neve, o scimmie nella sabbia. Ora potevo udire quel suono continuo, schioccante e freddo.

Un elicottero che stava precipitando? Il manoscritto mi era ormai vicinissimo, le gambe, le labbra, il suono che producevo… (5)

Nemmeno Ballard sfugge alla tentazione di applicare questo stile: "The Atrocity Exhibition" viene così ad essere infestato di newsreels, cinegiornali, che portano in tutte le case gli orrori delle guerre che si combattono in Vietnam e in Congo.

Oltre al video, abbiamo numerosi altri "simboli concettuali", che vengono disposti a gruppi, a combinazioni, sulla scrivania del Dr. Nathan: apparentemente privi di qualsiasi connessione, divengono in pratica emblematici di una sinistra forza occulta ai nostri sensi, quasi se disposti in un codice acquisissero qualche significato completamente opposto. Cito un brano: "Il Capitano Webster studiò le carte sparse sul banco di prova del dottor Nathan. Erano: l) Uno spettroeliogramma del Sole; 2) Pista e visto di decollo per il B29 Superfortress Enola Gay; 3) Elettroencefalogramma di Albert Einstein; 4) Sezione di un trilobite pre-Cambriano; 5) Fotografia, scattata a mezzogiorno del 7 agosto 1945, del mare di sabbia, depressione di El Qattara; 6) Il "Garden Airplane Traps" di Max Ernst.

Si volse al dottor Nathan: Lei dice che questo costituisce un'arma omicida? (6)

Questi simboli fanno parte, più o meno, anche dell'ambientazione, del landscape, che è grosso modo affine a quella del Ballard che conosciamo, popolata in più da basi militari, bunkers, impalcature, cliniche, elicotteri incombenti (Sikorsky) simboli del potere militare, e, immancabilmente, automobili. L'automobile inquieta Ballard, con i suoi miti e le sue implicazioni: basti pensare al romanzo "Crash!".

Il semplice fatto di trovarsi in una macchina, simbolizza lo status in una dimensione differente, il windscreen, il parabrezza, spesso dust-covered, impolverato, rappresenta un ulteriore piano di coscienza, che filtra e altera le immagini del mondo circostante.

La congiura è perciò corale, il caos di immagini, orrori e simboli aggredisce il protagonista in continuazione, senza concedergli scampo: la mostra di atrocità si distende, ed è una galleria interminabile di grumi di pazzia appesi a pareti asettiche. L'uomo si barrica di fronte a tutto questo, e sorge la grande tematica latente del libro, l'esistenzialismo.

Dio mio, cos'ho detto?

Calma, calma. Sfuggiamo per un attimo alle anguste limitazioni imposte dai definizionisti letterari. Non sto parlando dell'opera di Jean-Paul Sartre o Albert Camus. Sto parlando di una concezione filosofica che sottolinea drammaticamente il contrasto tra l'individuo e la realtà circostante, l'idea stessa di esistenza. La società ossessionante che Ballard descrive attraverso le sue architetture di simboli non è accettabile per l'uomo. Lo schermo, le automobili, i volti delle attrici costituiscono altrettante deformazioni nel modo di percepire la realtà, perdono esse stesse la loro funzione a favore della loro immagine, come da questo brano del racconto, anche se non sperimentale, The Overloaded Man: "… Solo tre settimane prima aveva scoperto in sé questa capacità.

Mentre guardava cupo il televisore spento in salotto, una domenica mattina, si era improvvisamente reso conto che aveva così completamente accettato e assimilato la forma fisica del mobile di plastica, che non ne ricordava più la funzione …" (7)

Oppure, come in questo brano del racconto "The Atrocity Exhibition": "… I risultati furono straordinari. Fu scoperta una dimensione del tutto differente. Si vide che l'ambiente familiare delle nostre vite, perfino i nostri minimi gesti, hanno significati totalmente alterati.

Così per la figura reclinata di un'attrice cinematografica, o per questo ospedale…" (8)

Il messaggio si esaspera, finisce per diventare effettivamente sartriano, come quando l'infaticabile dottor Nathan scrive:  "… Ciò contro cui il paziente sta reagendo è semplicemente la fenomenologia dell'Universo, la specifica e indipendente esistenza di oggetti ed eventi separati, per quanto prosaici o inoffensivi possano sembrare. Un cucchiaio, per esempio, lo offende per il mero fatto della sua esistenza nel tempo e nello spazio… (9)

Quest'esasperazione, questo incubo esistenziale, narrato da Ballard con metafore che, se in opere come "Deserto d'acqua" erano catastrofiche, in "Vermilion Sands" estetiche, ora sono paranoiche, con un'ottica geometrica e contemplativa, può avere una sola logica conclusione: la fuga.

L'uomo fugge dalla realtà, alienandosi, pur rimanendo drammaticamente conscio dell'esistenza insopportabile delle cose. La fuga non è fisica, non può esserlo: è una fuga psichica, nei meandri dell'inconscio.

I vari Tallis, Talbot, Traven sono degli uomini wandering about, che vagano alla ricerca di una dimensione accettabile, diventando sempre più enigmatici e lontani. Talvolta, come in "The Overloaded Man", la dimensione accettabile è la morte: "… Nascosto dal pergolato di rose, stette cinque minuti sull'orlo della vasca, quindi entrò nell'acqua. Con i pantaloni gonfi d'aria intorno alle gambe, avanzò verso il centro della vasca. Quando l'ebbe raggiunto, si inginocchiò, allontanando le erbe acquatiche, quindi si sdraiò nell'acqua bassa. Lentamente senti che la massa di stucco del suo corpo si andava dissolvendo, mentre la sua temperatura diminuiva e diventava meno opprimente. Guardando attraverso la superfice dell'acqua, a meno di quindici centimetri dai suoi occhi, osservò il cerchio azzurro del cielo, tranquillo e privo di nubi, espandersi e riempire la sua coscienza. Finalmente aveva trovato lo sfondo perfetto, l'unico dove potevano esistere solo idee, un continuum assoluto di esistenza, non contaminato da escrescenze naturali. Continuando ad osservare il cielo, aspettò che il mondo scomparisse e lo lasciasse libero. (10)

Oppure, come molto spesso nell'opera, una dimensione che permette in qualche modo una fuga è quella sessuale.

In "The Atrocity Exhibition" la tematica sessuale è imperante e frequentemente trattata, comunque senza quella crudezza e quella concretezza care agli autori della New Wave ed espresse da Fusco e de Turris: "… Il sesso entra a far parte del complesso individuale e della specie come elemento di vasta importanza, ma perfettamente naturale: come tale, quindi, deve essere trattato nel corso della narrazione… (11)

Non così Ballard. Il sesso è un atto di grande importanza, proprio perché costituisce una dimensione in cui l'individuo può rifugiarsi, e forse in osservanza di ciò il Nostro tratta il tema sempre con delicata astrazione. Come dice ancora Ballard: "… Sex is now a conceptual act… (12)

Oppure: "… Later the sexual act between them be came a hasty eucharist of the angular dimensions of the apartment … (13)

O infine la donna è considerata "a mere modulus" (l4), attraverso cui l'uomo può giungere ad una migliore consapevolezza di sé e della realtà.

Penso che le tematiche siano venute fuori tutte: faccio notare, a parte, tra quelle sfumature stilistiche di cui parlavo, un delizioso gioco di parole che Ballard porta avanti per tutta l'antologia, e che riguarda la parola "concrete".

"Concrete", come aggettivo, significa "concreto", ma come sostantivo, si traduce con "cemento". Pertanto, "The concrete bridge" è traducibile sia con "Il ponte concreto", sia con "Il ponte di cemento". Alla luce di quanto detto, ciascuno di questi due significati riveste una certa importanza: la qualità dell’esistenza oggettiva e l'inquadramento tra "i simboli concettuali della nostra era" (assieme alla plastica, il cemento è un classico).

Per concludere, diamo un’occhiata ai racconti. All'indice ne abbiamo quindici, per lo più brevi:

l: The Atrocity Exhibition

2: The University of Death

3: The Assassination Weapon

4: You: Coma: Marilyn Monroe

5: Notes Toward's a Mental Breakdown

6: The Great American Nude

7: The Summer Cannibals

8: Tolerances of the Human Face

9: You and Me and the Continuum

lO: Plan for the Assassination of Jacqueline Kennedy

11: Love and Napalm: Export U.S.A.

12: Crash!

13: The Generations of America

14: Why I Want to Fuck Ronald Reagan

15: The Assassination of John Fitzgerald Kennedy Considered as a Downhill Motor Race

Senza voler generalizzare, i primi nove racconti sono tutti di identica matrice, basati cioè sulla progressiva disintegrazione dei vari Talbert, Travis, Travers; è forse la parte più noiosa del libro, ma ogni storia, presa singolarmente, è un capolavoro. Dal 10 al 14, escludendo "The Generations of America", che merita un discorso a parte, abbiamo quattro racconti brevissimi, strutturati come resoconti di indagini statistiche. Indagini pazzesche, ovviamente: quali sono le reazioni del pubblico di fronte a filmati della Guerra del Vietnam, di incidenti automobilistici e di Ronald Reagan? Leggere per credere…

"The Generations of America" è un elenco interminabile di nomi, una catena interminabile di omicidi, sul genere: "… And Ted Slate shot Mary B Hood. And Mary B. Hood shot Laurence S. Martz. And Laurence S. Martz…" Una discendenza simile a quella di Cristo sul Vangelo, ma a ritroso.

'ultimo racconto brevissimo, "The Assassination of J.F. Kennedy etc.", è una piccola gemma che conclude degnamente la raccolta: la morte del Presidente Americano è resa, in geniale allegoria, come una corsa automobilistica tra Kennedy e Johnson, in cui lo starter è, manco a dirlo, Lee Harvey Oswald: se non per altro, per la pistola…

Si tratta dunque di un libro estremamente interessante e complicato, ricco di sottointesi e tematiche nascoste, ma, insisto, non si può bollare un'opera solo perché non costituisce narrativa avventurosa o d'evasione, ma ha qualche significato più profondo. "The Atrocity Exhibition" è il culmine della produzione di Ballard, un'opera unica.


NOTE


(l) M. Moorcock, in "Ieri, il futuro", di G .Montanari; Nord.

(2) J .G. Ballard, "Terminal", Urania 764, Mondadori.

(3) J .G. Ballard, "La fantascienza non può evitare i mutamenti", Bollettino SFBC, Galassia 218, CELT.

(4) G. de Turris, S. Fusco , Introduzione a "334" di T.M. Disch, Futuro 25, Fanucci.

(5) B.W. Aldiss, "Escalation cardiaca", compreso nella raccolta "Cristalli di futuro", Galassia 211, CELT.

(6) J.G. Ballard, "The Assassination Weapon", compreso nella raccolta "The Atrocity Exhibition", Triad Panther Books, Granada Publishing.

(7) J.G. Ballard, "Dalla veranda", compreso nella raccolta "Incubo a quattro dimensioni", Oscar 842, Mondadori.

(8) J.G. Ballard, "The Atrocity Exhibition", compreso nell'omonima raccolta, cit.

(9) J.G. Ballard, "The Assassination Weapon", cit.

(10) J.G. Ballard, "Dalla veranda", cit.

(11) G. de Turris, S. Fusco, Introduzione, cit.

(l2) J.G. Ballard, "The Summer Cannibals", compreso nella raccolta cit.

(13) J.G. Ballard, "The Atrocity Exhibition", cit.

(14) J.G. Ballard, "Notes Towards a Mental Breakdown", compreso nella raccolta cit.


Bibliografia

J.G. Ballard, "The Atrocity Exhibition", Triad Panther Books, Granada Publishing.


Racconti tradotti:

L'arma omicida, Gamma n. 8

La morte di Kennedy come una corsa automobilistica in discesa, Executive n. l

Tu ed io e il continuum, e Tu: Coma: Marilyn Monroe, Nuova presenza n. 37/38


Materiale critico:

G. Montanari, "Ieri, il futuro", Editrice Nord.

G. Caimmi, P. Nicolazzini, "Ritratto di James Ballard", Robot 18, Armenia Editore.

R. Valla, "Introduzione a Ballard", Nuova presenza 37/38

J.G. Ballard, "La fantascienza non può evitare i mutamenti", Bollettino SFBC, Galassia 218, CELT.

J.G. Ballard, "Come si arriva allo spazio interno?", Bollettino SFBC n. 22/23, CELT.






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