Recensione di Mirko Tavosanis a "La mostra delle atrocità"
A pochi degli appassionati di FS potrà risultare nuovo il nome di Ballard: in quello che senza dubbio è stato il momento più creativo della fantascienza moderna, gli anni '60, Ballard rappresentava uno degli esponenti di punta di una generazione di autori che (essendo momentaneamente in letargo dinosauri oggi penosi come Asimov, Clarke e lo scomparso Heinlein) mise assieme la maggior parte delle opere oggi degne di esser lette. Dick, Delany, Silverberg, Disch, Zelazny, Vonnegut... ed il Nostro.
Nella 'quadrilogia degli elementi' (Vento dal nulla, Deserto d'acqua, Terra bruciata, Foresta di cristallo) Ballard impiegò gli elementi della scuola catastrofica inglese (Wyndham e Christopher in particolare) per collegare psicologie estreme e paesaggi devastati da calamità naturali: un tipo di panorama dello spazio interno decisamente junghiano. E, prego notare, questi sono i suoi prodotti più noti nel mondo della FS.
Ma accanto a questa, in Ballard era sempre stata presente anche una tendenza più 'freudiana', i cui risultati, migliori - oltre che in numerosi racconti - si sono visti nelle opere del periodo successivo, da Condominium a Crash e fino a questa Mostra delle atrocità. I disastri ambientali qui sono sostituiti dalla vita quotidiana, e dalla fusione tra una tecnologia feticistica e l'erotismo. Lo scontro di automobili diventa adesso la catastrofe per eccellenza, gli sfondi naturali vengono rimpiazzati dai depositi di rifiuti e dagli svincoli in cemento. È il periodo cui risalgono le cose più innovative, ed anche quelle che, come La mostra delle atrocità (1967 in edizione originale), sono decisamente meno accessibili e proprio per questo hanno avuto una risonanza minore dentro e fuori della FS.
Oggi, dopo un parziale ritorno ai suoi primi temi con il romanzo Ultime notizie dall'America, Ballard ha ottenuto il suo meritato successo con opere quasi autobiografiche come L'impero del sole o l'appena edito in Italia La gentilezza delle donne: è diventato un autore (relativamente) "appetibile", ed in qualche caso oggetto di culto.
La rivista americana Re/Search, dopo avergli dedicato uno speciale, ha così riproposto nel 1990 proprio La mostra delle atrocità, in cui ai testi originali sono state aggiunte note dello stesso. Ballard ed alcuni brevi pezzi, oltre al divertente e personalissimo racconto "Storia segreta della Terza Guerra Mondiale" (probabilmente il più accettabile al lettore medio); e da questo volume, finalmente, si è avuta la traduzione italiana ad opera di Antonio Caronia.
Priva purtroppo delle fotografie e dei disegni del libro americano (che erano opera di Ana Barrado e Phoebe Gloeckner), ma non si può avere tutto ...
Certo, il testo può risultare sorprendente per il lettore non preparato: la parte fantascientifica è decisamente ridotta, e si rivela soprattutto nella scelta degli ambienti. Gli eventi ed i personaggi di un decennio vengono condensati in qualche istantanea, dall'assassinio del presidente Kennedy alle capsule Apollo contorte e annerite, dai ricordi dei piloti di bombardieri H alle descrizioni delle isole sede di test atomici, in attesa del "nuovo sole" delle armi termonucleari.
"L'assassinio di John Fitzgerald Kennedy considerato come una gara automobilistica", "Amore e napalm: gli USA formato esportazione', "Ecco perché voglio fottere Reagan", "Tu: Coma: Marilyn Monroe", "L'arma omicida", e molto altro: racconti composti da brevi inserti staccati formano l'ossatura del libro.
Un esempio:
"L'università della morte. Questi film erotici, a cui presiedeva la figura mutilata di Ralph Nader, venivano proiettati sopra la testa del dottor Nathan, mentre si muoveva in mezzo alle file di automobili danneggiate. Illuminate dalle lampade ad arco, le collisioni definivano le ambiguità sessuali di quel cimitero di macchine".
Wow!
Leggere Ballard non è mai un'esperienza indifferente. I più lo odiano (specie, immagino, leggendo per prima un'opera come questa). Altri amano svisceratamente il feticismo tecnologico di quello che non a torto è stato definito "l’ultimo surrealista ancora in attività". Il sottoscritto, l’avrete intuito, rientra in questa seconda categoria.
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