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Ho creato un fiume nel Sahara


di Mino Vignolo


James Graham Ballard coltiva con cura l'anonimità quasi fosse un fiore prezioso. Vive in una casetta simile a milioni di altre in Inghilterra, due piccole stanze al pian terreno e altre due al primo piano, il muro divisorio in comune con un'altra casa, un fazzoletto di giardino. Old Charlton Road, la via, è una sfilata di abitazioni tutte uguali e Shepperton, il villaggio a una trentina di chilometri da Londra, è simile a moltissimi altri villaggi. La sola differenza fra l'abitazione numero 36 e le altre sta nel giardino non curato e nella Ford Capri parcheggiata di fronte alla porta d'ingresso.

L'auto è, senza dubbio, la più arrugginita fra le tante Ford di piccola e media cilindrata che riempiono la via.

Ballard si è nascosto qui trent'anni fa e non si è più mosso. Pochi sono i vicini che conoscono la sua occupazione.

Sono i fisionomisti che lo hanno riconosciuto quando è apparso in televisione mentre stringeva la mano alla regina in occasione della prima mondiale del film diretto da Steven Spielberg «L'impero del sole». Costoro hanno appreso, dopo anni di contiguità, di saluti e di veloci chiacchiere sul tempo, che il signor Ballard è un celebre scrittore che vende libri in tutto il mondo ed è l'autore del best-seller da cui è tratto il film di Spielberg.

Ballard, vedovo, vive solo nella casa dove ha allevato i suoi tre figli dopo la morte prematura della moglie. Ora i figli adulti se ne sono andati a vivere altrove e lo scrittore sta lottando per riempire il vuoto lasciato dalla loro partenza.

Conduce vita ritirata, non frequenta circoli letterari, detesta tenere conferenze e partecipare a inutili convegni.

«Shepperton è un buon posto per scrivere» spiega in tutta semplicità. S'intuisce che in questa «normalità» lo scrittore ha trovato un porto di quiete dopo una giovinezza movimentata. Con il successo nulla è ambiato. Perfino i suoi amici più intimi si sono meravigliati quando hanno visto che l’enorme successo del «L'impero del sole», libro che ha venduto mezzo milione di copie soltanto in Gran Bretagna e che ha occupato i primi posti nelle classifiche del best sellers in America e in molti altri Paesi, è passato senza lasciare traccia sullo stile di vita di Jim e sulla sua casa. La quantità considerevole di denaro proveniente dai diritti di autore e dalla vendita dei diritti cinematografici non ha spinto l'autore a comprare una villa o altri generi di lusso.

Ballard non ha cercato neppure di abbellire l'interno della sua abitazione, rimasta un esempio, quasi da museo, di com'erano le case delle famiglie di reddito modesto e dignitoso negli anni Trenta. «Mi sono concesso un solo capriccio - dice - ho commissionato a un pittore mio amico due grandi quadri. Partendo da fotografie in bianco e nero l'artista ha ricreato due opere del pittore surrealista Paul Delvaux, distrutte durante il bombardamento aereo di Londra nel ’40. Ora un dipinto tiene quasi tutta la parete nello studio e incombe su un divano sgangherato, una poltrona, una piccola libreria e un tavolino di legno grezzo, su cui è posata una vecchia macchina per scrivere. Qui, in questi pochi metri quadrati, Ballard ha creato tutti i romanzi.

Prima del successo popolare e travolgente de «L'impero del sole», un romanzo autobiografico sulle sue esperienze di ragazzo a Shangai e in un campo di internamento giapponese nella seconda guerra mondiale, l'autore era una figura di culto in una cerchia di appassionati. Ora questa setta di devoti di lunga data deve dividere il suo segreto con una vasta massa di lettori: potenza di un best seller e di Spielberg.

Ballard rimane sempre il maestro riconosciuto del romanzo psicologico «ossessivo», un esploratore dello spazio interno all’uomo che è interessato alla superficie delle cose come punto di partenza verso l'ignoto. I protagonisti dei suoi romanzi sono figure alienate alla mercé di private ossessioni. Affascinano lo scrittore le profonde trasformazioni degli esseri umani a contatto con la scienza e la tecnologia contemporanee. Ballard è architetto di sogni e di incubi e i suoi personaggi si aggirano sperduti in paesaggi apocalittici. Tutti i romanzi precedenti «L'impero del sole» sono bizzarre parabole sulla «nuova barbarie» tecnologica e sulla catastrofica vendetta della natura contro un genere umano colpevole di alterare un delicato equilibrio.

Sono un ecologista ante litteram - afferma. Quando vedo i notiziari tv pieni di siccità, inondazioni, mutamenti climatici, penso di aver previsto questa realtà vent'anni fa.

È la pubblicità dei miei libri scritti negli anni Sessanta».

Anche se è considerato un maestro della fantascienza Ballard respinge l'etichetta di scrittore di fantascienza. “Non scrivo di guerre spaziali, di pianeti immaginari, di marziani - spiega - le opere riguardano qui e oggi. La Terra è l'unico pianeta veramente alieno e gli extraterrestri sono qui e camminano nelle strade."

Dopo la parentesi realistica de «L'impero del sole» Ballard è tornato al suo mondo di fantasia con il suo ultimo romanzo «Il giorno della creazione» che ora esce in Italia. L'opera, che ha già ottenuto notevole successo di critica e di vendite sulle due sponde dell'Atlantico, è nata da un'idea. «Ho sognato un uomo che per caso crea un fiume» dice lo scrittore. Ambientato nel Terzo Mondo il libro è una bizzarra avventura intrisa di nero umorismo e di colorata fantasia.

Mallory, il protagonista, è un medico che lavora in una provincia africana colpita dalla siccità. Sogna di irrigare il Sahara.

Un giorno, per caso, scopre un misterioso ruscello sotterraneo che si rivela essere un grande fiume capace di trasformare il deserto in un giardino dell'Eden. Mallory battezza il corso d'acqua con il suo nome e parte per trovare la sorgente. Nel corso delle sue avventure il dottore ha un cambiamento sinistro e autodistruttivo di personalità. Il fiume irriga il deserto ma l'acqua porta con sé guerre e catastrofi. Mallory vuole distruggere la sua creazione e bloccare la sorgente diventata una parte inaccettabile del suo essere. «C'è gente che reagisce allo stesso modo - dice Ballard - verso le cose che ha creato e che crescono al di fuori di ogni controllo».

Fra le creature allucinate che affiancano il protagonista del romanzo spicca il regista televisivo Sanger che si precipita in Africa per fare un documentario sul fiume. Sanger è un ciarlatano e il libro, fra le altre cose, è una satira contro la tv e il suo strapotere. «Ciò che appare sugli schermi televisivi - dice Ballard - è la realtà e il resto non conta. La tv si impossessa della vita normale, dirotta l'aereo della realtà e lo porta verso nuove destinazioni». Lo scrittore si accalora «La tv ci lancia un messaggio: la realtà è qui, in queste immagini. Voi che guardate non appartenete al mondo reale. Perfino la regina diventa più reale quando appare in televisione». La tv crea presidenti. «L'elezione di Reagan è stata possibile soltanto grazie alle telecamere: l'attore è diventato presidente perché è padrone del mezzo.

Reagan è arrivato alla Casa Bianca già anziano e senza molte idee. Cosa succederebbe se venisse fuori un attore più giovane, con la stessa capacità di Reagan in tv, e con la testa piena di idee pazze?».

«L'impero del sole» è stato definito dai critici il miglior libro sulla Seconda Guerra mondiale scritto da un inglese.

Jim Ballard nacque a Shangai da genitori inglesi. Il padre era dirigente di una fabbrica tessile e il ragazzo trascorse la sua infanzia nell'atmosfera protettiva privilegiata dell'Insediamento internazionale di Shangai.

«Gli inglesi e gli altri stranieri - ricorda Ballard - vivevano in case lussuose attorniati dalla servitù e non vedevano l'enorme miseria che li circondava. I mendicanti venivano a morire di fame davanti ai cancelli della villa e nessuno ci faceva caso. Ho vissuto in Cina i primi sedici anni della mia vita e non ho mai imparato una parola di cinese. Non ce n'era bisogno. Frequentavamo soltanto europei e i servi cinesi parlavano inglese». La Shangai degli anni Trenta esce dalle parole di Ballard come un posto dove tutto era possibile senza restrizioni. Lo scrittore paragona la metropoli cinese a un incrocio fra Las Vegas e Roma antica, grande eccitazione e grande crudeltà.

Jim Ballard aveva sette anni quando i giapponesi invasero la Cina. «Occuparono la città ma non toccarono l'Insediamento internazionale. Gli europei continuarono a spassarsela tranquillamente mentre la polizia militare giapponese bastonava i cinesi sotto i loro occhi».

Con il bombardamento di Pearl Harbour tutto cambiò. I giapponesi entrarono nell'Insediamento e rinchiusero gli europei in un campo di internamento. Jim si trovò a undici anni catapultato in un mondo di orrore, fame e morte. Sopravvisse, segnato nell'anima, e a sedici anni arrivò in Inghilterra, un paese che non aveva mai visto. «Fui colpito dal clima e dalla luce grigia del cielo - rammenta - e scoprii le classi sociali. Ero cresciuto a Shangai fra gente benestante di classe media che parlava inglese con lo stesso accento e che più o meno si assomigliava. Rimasi stupefatto quando mi accorsi che i tre quarti della popolazione vivevano in terribili condizioni e parlavano una lingua incomprensibile.

Avevo la sensazione di essere uno straniero in questo Paese, una sensazione che non mi ha mai abbandonato del tutto».

Ballard, straniero in patria, ha scelto di vivere nel più inglese degli ambienti per vedere meglio la realtà che lo circonda.

L'Inghilterra di oggi è cambiata rispetto a quel lontano dopoguerra: il benessere materiale si è diffuso, così pure l'istruzione. Però lo scrittore è convinto che le divisioni di classe siano forti come in passato. «Il sistema di classi è istituzionalizzato, radicato nella mentalità e la monarchia è il cemento che lo tiene insieme.

Ironia vuole che nelle classi più umili si trovino i sostenitori più accaniti della famiglia reale».






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