Recensione di Eleonora del Poggio a "Febbre di guerra"
Recensione n. 1
Ballard è uno dei nostri preferiti. Lo abbiamo seguito sin dagli esordi e ne abbiamo esaltato la grandezza in occasione della pubblicazione del suo ultimo romanzo UN GIOCO DA BAMBINI (vedi la recensione sul numero 1 de IL PARADISO).
Ora a malincuore mi accingo a parlar male di lui, o meglio, a parlar male della sua ultima raccolta di racconti pubblicata da Rizzoli. Perché a malincuore? Perché avrei voluto leggere ben altro di una visione banale della guerra (lo sanno tutti che la guerra c'è perché ci sono i trafficanti di armi che la alimentano), di una ridicola presa in giro dell'ex presidente degli Stati Uniti Ronald Reagan, di una catastrofica visione di un pianeta semidistrutto dall'Aids. Per non parlare di quei racconti che, riallacciandosi ad una tradizione di fantascienza che comunque si deve rispettare, riciclano paure ed inquietudine un po’ trite.
Peccato, peccato davvero. E pensare che ci eravamo avvicinati a questo volume con la stessa fame di verità con cui avevamo riletto quell'inimitabile trattato socio-antropologico-psicologico-filosofico-culturale che era UN GIOCO DA BAMBINI.
Invece in questo FEBBRE DI GUERRA c'è una visione della società un pochino blanda e superficiale. Un modo di inquadrare i problemi che, la televisione, dall'alto della sua potenza vicaria, ci restituisce più potente.
Amen.
Recensione n. 2
Ancora lui. Grande ed inquietante. Profondo ed implacabile conoscitore delle nostre debolezze e delle nostre passioni. In UN GIOCO DA BAMBINI avevamo avuto un saggio di scrittura cinematografica davvero impressionante. In questo
FEBBRE DI GUERRA il mondo si tinge di vari colori e di varie paure (pur essendo la paura di un unico colore!) offrendoci uno spaccato della vita americana, e non solo, che pochi altri (e voi che ci seguite lo sapete chi sono ... Vonnegut, Pynchon, De Lillo) sanno dipingere con altrettanta sicurezza e, nello stesso tempo virulenza. Un mondo dove gli uomini stanno perdendo a poco a poco il senso del tempo e soprattutto dello spazio.
In "Relazione su una stazione spaziale non identificata" un gruppo di astronauti percepisce il senso dello spazio in poche centinaia di metri per poi rendersi conto di essere al centro di un vero e proprio sistema stimato in 15 milioni di anni luce.
In "L'enorme spazio" un uomo, braccato letteralmente da una società impazzita e frenetica, decide di rifugiarsi nella sua casa che piano piano diventa la sua tomba, ma anche il suo unico universo.
Dunque spazi che si allargano e si restringono a seconda delle nostre percezioni, ma soprattutto delle nostre nevrosi.
E la solitudine.
In "L'uomo che camminò sulla luna" un vagabondo, che sosta in un caffè sul mare di Rio de Janeiro, è sempre pronto a raccontare a tutti la sua carriera di astronauta. Ma astronauta non lo è mai stato, ma morirà credendolo.
Insomma, come al solito Ballard ci ha regalato un piccolo capolavoro!
P.S. Per me le due recensioni l'istesso sono.
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