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Ballard: il femminismo ha fatto crash


di Ranieri Polese


Ci vuole coraggio a prendere di mira due gruppi di opinione agguerriti e influenti come le femministe e gli ecologisti. Ma James G. Ballard l'ha fatto, riunendo nella protagonista del suo nuovo libro Il paradiso del diavolo, sia le istanze battagliere dei difensori della natura che le dure rivendicazioni delle nipotine di Betty Friedan. Barbara Rafferty, dottoressa dal problematico passato, non è solo l'animatrice della spedizione che vuol rendere agli albatri l'isola di Saint-Esprit nel Pacifico che invece i francesi vogliono usare per esperimenti nucleari, ma è anche una sorta di amazzone che, una volta raggiunto il potere, procederà alla schiavizzazione e all'abolizione del genere maschile. «Alle presentazioni del libro, nel '95, in Inghilterra, mi sono trovato di fronte alle contestazioni delle femministe. Anche a Madrid fui accolto da grida e proteste» racconta lo scrittore inglese, maestro della fantascienza new wave, nonché autore di celebri romanzi come Crash e L'impero del sole, che abbiamo incontrato a Londra. «Nessuna di loro aveva letto il libro. Ho provato a spiegare che io non sono contro il femminismo o l'ecologismo, ma contro i pericoli di fanatismo che quei movimenti possono far crescere. Agli attacchi, purtroppo, sono abituato. Come quello, violentissimo, che ho subìto per il film che David Cronenberg ha tratto da Crash». Palma d'oro a Cannes nel '96, il film (l'incidente d'auto come forma e mezzo del piacere sessuale) fu proibito in Inghilterra, grazie anche a una campagna stampa condotta dal «Daily Mail». C'erano ancora i conservatori al governo, il premier era John Major, sempre più sgradito alla gente, senza nessun seguito.

Quelli del "Mail" pensarono di coagulare un movimento popolare intorno al rifiuto del film-scandalo». Come risultato, tutti i councils d'Inghilterra – gli uffici che danno il visto per la proiezione dei film, un atto fino ad allora di ordinaria burocrazia - negarono il permesso a Crash. «Durò, un anno il divieto, fino al maggio del '97 quando Tony Blair vinse le elezioni.

Una settimana dopo il film cominciò a uscire. Salvo che nel West End di Londra, che dipende dal Council di Westminster, rimasto in mano ai tories: lì, dove ci sono le più importanti sale cinematografiche della città, Crash non è mai uscito».

E torniamo ai movimenti e al pericolo che rappresentano: «Penso ai gruppi di lesbiche americane che considerano il maschio come un nemico da abolire, alla durissima Andrea Dworkin che sostiene che ogni penetrazione è stupro. Ugualmente ho in testa gli animalisti fanatici, disposti anche a uccidere esseri umani per salvare topi. Sono pericolosi questi movimenti, sono spontanei, non strutturati, quindi estremamente vulnerabili, permeabili. Inoltre i movimenti hanno grande seguito presso le persone che si sentono infelici. Nascono così i casi del reverendo James Jones in Guyana, di Waco nel Texas; i suicidi collettivi all'avvicinarsi della cometa di Halley».

Qualcuno lo accusa di fare un po’ troppo il profeta.

«No, io non sono Nostradamus»: risponde ridendo. «Certo, alcune delle cose che ho scritto un bel po’ di anni fa hanno cominciato ad avverarsi. In High Rise, per esempio (in italiano è stato tradotto come Condominium, ndr), immaginavo il collasso, della struttura sociale, la nuova legge della giungla. La mia migliore profezia comunque la feci nel '67 quando dissi che Ronald Reagan sarebbe diventato presidente degli Stati Uniti. Tutti lo presero per uno scherzo, io invece avevo intuito una cosa importante: la politica stava cambiando, stava per diventare entertainment, spettacolo, e quindi non c'era niente di meglio di un divo hollywoodiano. Oggi, in Inghilterra (e non solo) si sperimenta il grande potere di Rupert Murdoch, magnate dei media; anche Tony Blair sta molto attento a non urtarlo».

La denuncia dei pericoli di estremismo, dunque, non è una profezia. «No, la chiamerei un avvertimento. Siamo allo scadere del secolo (addirittura del millennio), e come sempre accade si producono fenomeni di decadenza. Nelle ultime due fini di secolo, la decadenza era legata a forme di licenza sessuale. Ora, invece, assistiamo a un eccesso di puritanesimo. Il caso Clinton lo dimostra, somiglia pericolosamente alla caccia alle streghe del New England, ma in più, grazie ai media, ha scatenato un fenomeno mondiale di curiosità».

Negli anni Sessanta, nei racconti raccolti in La mostra delle atrocità, lei compilava una sorta di catalogo dei miti del Ventesimo Secolo: Kennedy marito e moglie, Reagan, Marilyn Monroe, James Dean, Liz Taylor. Alla vigilia del Duemila, la lista rimane invariata?

«Sostanzialmente sì. Prendiamo i presidenti degli Stati Uniti, quei due resistono, sono loro che hanno trasformato la politica in un fatto mediatico, invece chi ricorda più Carter o Bush?

Quanto a Clinton, resterà nella memoria della gente solo per Monica Lewinsky.

In verità, però, un altro nome si è aggiunto, Lady Diana. È lei ormai il personaggio più celebre nel mondo subito dopo Kennedy. Piaceva moltissimo, forse perché il suo carattere dominante era l'infantilismo: ecco, Lady Di era un Peter Pan femmina. In più, c'è stato il modo della morte, il tipo di morte proprio del nostro secolo: in un incidente d'auto». In un Crash, appunto.






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