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Recensione di Roberto Nistri a "Cocaine nights"


È ancora possibile definire James G. Ballard uno scrittore di fantascienza? Probabilmente no, ma scandagliando a ritroso la sua cospicua produzione libraria, è facile capire che questa etichetta gli é diventata presto stretta. La sua ricerca è stata infatti costantemente indirizzata, dopo la trilogia catastrofista d'esordio, verso l'esplorazione di realtà non convenzionali interne all'ordinario corpus socio-psicologico occidentale. Superati gli esili diaframmi delle convenzioni societarie, Ballard ha diretto la propria esplorazione verso le patologie occulte troppo spesso mascherate da tali convenzioni.

Come impazzisce un condominio di lusso, travolto dalla follia schizoide, cosa accade in una microcomunità nata poche decine di metri al di là di un anonimo svincolo autostradale; quali sono i risvolti erotici della devozione al feticcio tecnologico automobile; cosa proteggono le alte mura e i sistemi di sicurezza di un residence ultra esclusivo.

La normalità per il geniale scrittore inglese non esiste. Essa è solo un trompe l'oeil che scherma le aberrazioni della società, ma anche del singolo individuo alle prese con i propri spesso insondabili abissi interiori.

È in una normalissima località turistica della Costa del Sol spagnola, a poca distanza dalla celebre Marbella, che giunge l'ineffabile protagonista di questo Cocaine nights. Suo fratello Frank, direttore del locale circolo nautico, è da alcuni giorni in carcere, reo confesso di un terribile incendio che ha ucciso cinque persone all'interno della villa di un’agiatissima famiglia locale.

Nessuno dei suoi amici, nonostante la confessione, crede a quella colpevolezza, ma una pesantissima condanna sembra comunque inevitabile. Il fratello finirà col ripercorrere le tappe della sua inarrestabile ascesa ai vertici di una comunità apparentemente pubblica, in realtà sotterranea ed esclusiva, alimentata dalla droga e dalla pornografia. Una comunità che utilizza il crimine come strumento di stimolo sociale, di catalizzatore di nascoste energie intellettuali.

Quello che francamente stupisce, è il trovare nel Ballard assolutamente amorale di La mostra delle atrocità e Crash alcune venature sottilmente reazionarie, ma, si sa che, con l'avanzare degli anni, queste sono spesso una caratteristica anche di molti degli autori considerati più trasgressivi (la terra sia leggera al grande William Borroughs, che ce le ha sapute risparmiare ... ).

Lontano dalle tinte forti di altri suoi romanzi, quest'ultima uscita ballardiana è comunque percorsa da una tensione latente ma costante, che rende la lettura interessante fino alla fine. Siamo sempre un gradino al di sopra della media.






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