Recensione di Alfredo Ronci a "Un gioco da bambini"
"25 agosto 1988. Da dove comincio? Dopo tutto quel, che è stato scritto sul tragico evento che i giornali di tutto il mondo chiamano ormai concordemente IL MASSACR0 DI PANGBOURNE comincio ad avere anch'io le idee un po’ confuse"
Ballard, con queste sue primissime righe, tenta di farci credere che quando la realtà illogica nello stesso tempo diventa incomprensibile, Storie, grazie alle stragi che l'America di Bush ha compiuto in nome di una libertà ridotta ad un brandello sanguinante di carne umana abbiamo compreso dove dimora la giustizia e il senso religioso della vita. Ma Ballard mente (o gioca) perché sa perfettamente che la violenza individuale o di gruppo non è il risultato di un improvviso offuscamento della ragione, ma l'inevitabile conclusione di uno scellerato sistema di potere. In poche righe la trama del libro: in un esclusivo sobborgo del Berkshire, costruito per i nuovi ricchi degli anni ‘80, i 32 adulti che vi abitano vengono uccisi in modi diversi, ma ugualmente ingegnosi. Dei loro 13 figli nessuna traccia.
In questa sede non ci interessa. seguire le fasi che portano alla risoluzione dell'enigma", che Ballard realizza con una tecnica cinematografica ineccepibile (un libro che diventa film o il cinema che uccide le ultime possibilità di fare letteratura?), ma soffermarci sul vero significato della storia: un orrore sofisticato che diventa parabola sulla libertà e sulla condizione disumana delle nostre società. Il sobborgo di Berkshire in realtà è un mostruoso condominio dove tutto è controllato e sottoposto a verifica. A cominciare dagli affetti. E dove l'illimitata tolleranza (in senso pasoliniano?) e autonomia delle parti in causa, genitori e figli, porta paradossalmente al delitto.
Delitto che, stando alle parole dello stesso Ballard, diventa indispensabile, ma non significativo, perché i valori sono stravolti e l'indifferenza regna.
UN GIOCO DA BAMBINI è in realtà uno straordinario saggio sociologico e contiene, senza passare per presuntuosi, una buona fetta di verità, Quella verità che disgraziatamente ci nascondiamo per correre dietro ad eventi quotidiani che sanno di beffa.
Andrebbe letto nelle scuole, perché al di là della contemporaneità (e quando mai è stata l'unica carta vincente per poter comprendere l'oggi?) stimolerebbe le intelligenze sopite da secoli e scatenerebbe la fantasia di chi ormai dal benessere si fa dettare le regole del gioco o del piacere.
Non è il libro rosso di Mao né "il capitale" di Marx, ma contiene un agghiacciante approccio rivoluzionario. E come tale è anche un tantino reazionario.
Un "must" insomma.
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