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John Brunner a Bari


di Antonio Scacco


La mia amicizia con Marjorie e John Brunner ebbe inizio con un annuncio apparso sul n. l/1982 di "Cosmo Informatore", in cui lo scrittore inglese - convinto che noi che "operiamo nella SF, e che viviamo per gran parte del nostro tempo proiettati nel futuro, abbiamo più motivo di altri di guardare con speranza a un giorno nel quale sarà inconcepibile risolvere le dispute internazionali con il ricorso alla guerra" - lanciava agli appassionati di “science fiction” un appello per porre fine alla corsa agli armamenti. Per me che non concepisco il letterato chiuso nella sua torre d'avorio e avulso dai problemi politico-sociali del momento (en passant, faccio parte di Amnesty International, sono un cattolico della "teologia della liberazione" e partecipo alle manifestazioni pacifiste e antinucleari), quell'annuncio era la rivelazione dell'altra faccia del… pianeta Brunner, che avevo appena intravisto con la lettura di Stand on Zanzibar e The Sheen Look up. (Appresi, poi, che John Brunner non è quel che da noi si dice un "letterato da tavolino", ma volentieri si mescola alla folla dei fans, partecipa alle campagne contro l'inquinamento e la proliferazione nucleare e, soprattutto, ha fondato e amministra il premio dedicato alla memoria del leader negro Martin Luther King).

Aderendo, dunque, all'invito dello scrittore britannico, compilai un appello in cui, tra l'altro, si dichiarava "ingiusta ogni guerra e ( ... ) immorale la sua preparazione, vale a dire la corsa agli armamenti", e che "la pace si possa raggiungere attraverso una ridistribuzione delle risorse che elimini gli squilibri economici, primi e veri fattori di instabilità". Sottoposi l'appello agli amici del gruppo "Drincon 2" che allora si riunivano per organizzare la rassegna cinematografica "Fantasic Movie" curata da Vincenzo Cucinella, e l'adesione fu unanime.

Dopo qualche tempo che avevo spedito l'appello allo scrittore inglese, ecco la lettera di ringraziamento della moglie Marjorie, che mi illustrava succintamente l'opera svolta negli tempi da lei e suo marito in favore della pace, e mi informava dell'intenzione di passare l'estate nel sud d'Italia, facendo una puntatina a Bari. Lascio immaginare agli amici lettori l’entusiasmo che provai: io, uno sconosciuto nel mondo della fantascienza, avrei stretto la mano a un autore ammirato da tutto il mondo non solo per la sua prolifica ed eccellente produzione di racconti e romanzi di "science fiction", ma soprattutto per essersi aggiudicato (spezzando l'egemonia statunitense) il premio Hugo nel 1969 con il monumentale Stand on Zanzibar, un classico dell'utopia negativa o distonia.

Passano i giorni. Finalmente, il 17 settembre ultimo scorso, la voce di John Brunner al telefona mi comunica, in italiano corrente, che si trova a Bari, in un ristorante della zona storica della città. Da solo (Vittorio Catani è in banca, Eugenio Ragone in ufficio), salto dentro la mia sgangherata e arrugginita Cinquecento e parto a tutta velocità, cercando, durante il tragitto, di richiamare alla mente i lineamenti del volto dello scrittore (intravisto in qualche foto), per poterlo individuare tra gli avventori del ristorante. Scruto i tavoli in ansiosa ricerca e i miei occhi si posano su un distinto signore di mezza età, con baffi e pizzo, vestito sobriamente: ecco, è lui! Mi avvicino, mi faccio riconoscere ed è subito un abbraccio affettuoso. John Brunner mi presenta alla sua gentile compagna, Marjorie, una donna all'apparenza fragile, ma dall'intelligenza vivida e dal carattere forte e combattivo: il 9 giugno scorso, a Londra, essa, ha partecipato alla dimostrazione contro Reagan "telling him to go home and take his cruise missiles with him".

Giunti a casa, gli mostro la mia raccolta di romanzi di fantascienza, in particolare le opere dei suoi compatrioti Wyndham, Clark, Christopher, Maine, Tubb e, naturalmente, quelle scritte da lui. Prendo tra le >mani The Atlantic Abomination e Brunner, con una smorfia, rievoca gli inizi difficili della sua carriera di scrittore, a Londra: "Vivevo in una stanza da due soldi. Ho imparato molti spaventosi modi di cucinare patate". Tuttavia, egli non rinnega questo tipo di opere, scaturite spesso più da fattori economico-commerciali che non da motivi estetico-letterari: "C'è sempre un tempo per ogni cosa. Mi piace alternare romanzi di genere avventuroso scritti per divertire e divertirsi, e opere più complesse per l'impatto dei cambiamenti tecnologici sulla personalità umana e per l'impiego di nuove tecniche narrative". Gli chiedo se alla base delle sue opere più impegnate non ci sia un qualche sentimento religioso che gli offre la possibilità di avere una percezione più completa della realtà: "William Blake distingueva due tipi di verità: quella apollinea e quella dionisiaca. La prima vede la realtà come pura razionalità. La seconda ci dà un profilo più completo della natura umana, in quanto unifica razionalità e emotività, nobiltà di sentire e animalità".

Suonano alla porta: sono Vincenzo Cucinella, autore delle copertine di THX 1138, nonché esperto di cinema di SF, e Cosimo Trisolini, il nostro bravo disegnatore. I due saggiano la "cultura cinematografica" del Nostro, sottoponendolo a un fuoco di fila di domande. Brunner se la cava egregiamente: definisce Quintet "caviale per il pubblico", War Games e Tron lo hanno "divertito per i loro aspetti essenzialmente visivi", di Zardoz dice che non gli piace questo genere di fantascienza.

L'atmosfera è cordiale e piacevole. John Brunner non fa affatto pesare la sua profonda cultura e la sua straordinaria personalità: ci mette tutti a nostro agio, tenendo a precisare che non si sente uno scrittore eccezionale, ma un semplice "artigiano della parola". In tali lieti conversari trascorriamo il pomeriggio. Al crepuscolo, ci trasferiamo al circolo "Mediterraneo", dove Vittorio Catani e Eugenio Ragone ci attendono con le loro gentili consorti. Anche qui l'incontro è cordiale. Vittorio Catani chiede a Brunner se sta lavorando a qualche nuovo romanzo e lo scrittore britannico gli risponde che ha in cantiere un'opera in cui l'evoluzione umana è vista in chiave ottimistica: si tratta, cioè, di un'utopia positiva, a differenza delle precedenti utopie negative, quali Stand on Zanzibar e The Sheep Look up.

In tale romanzo è usato l'espediente del testimone: un uomo del nostro tempo rimane in stato di sospensione animata per molti anni e si risveglia in un lontano futuro. Eugenio Ragone, che - come me - è un appassionato scacchista (è in odore di diventare… candidato maestro, titolo già posseduto dall'altro scacchista della redazione di THX 1138, Vincenzo Cucinella), chiede a John Brunner alcuni particolari su The Squares of the City, vero e proprio pezzo di bravura, uscito nel 1965 dopo una prolungata giacenza nel cassetto. Il romanzo, ispirato a una partita a scacchi realmente giocata, gli venne suggerito - dice lo scrittore inglese - dall'idea che la scacchiera simboleggiasse la vita e i pezzi (torre, cavallo, alfiere... ) fossero persone in carne e ossa. In appendice al romanzo Brunner non fece pubblicare dalla Ballantine la trascrizione della partita, perché riteneva che non avrebbe aggiunto niente di sostanziale alla comprensione della trama.

La serata si conclude con una cena frugale al ristorante "Cancello Rotto" di Bari. Nell'augurarci la buona notte, John Brunner ci invita per giorno 22 sett. a Casalbordino Lido, dove festeggerà, all'hotel "Calgary", il suo cinquantesimo genetliaco. All'appuntamento andremo solo io, Donato Altomare e la sua gentile signora: impegni di lavoro, purtroppo, impediranno agli altri di trascorrere, in terra d'Abruzzo, un'altra indimenticabile serata, fatta di letizia e signorilità.

In chiusura, debbo dare ai lettori notizie poco piacevoli sulla salute di John Brunner. Dall'Europa - mi scrive in una recente lettera la moglie Marjorie - è ritornato "with bad pains in the stomach". Lo specialista che lo ha visitato, gli ha trovato un polipo intestinale (fortunatamente di natura benigna), e Brunner è stato immediatamente operato. Adesso sta bene e ha ripreso a scrivere. Noi della redazione di THX 1138 - e, pensiamo, tutti i nostri lettori - auguriamo allo scrittore inglese lunghi anni di serena attività, in modo che possa raggiungere lo scopo a cui ha dedicato la sua esistenza: "Tutta la mia vita di adulto è stata, ed è ancora, un viaggio di scoperta, e il mistero in cui sto conducendo questa lunga ricerca concerne la natura di me stesso e dei miei simili" (l).


Nota

(l) Cfr. G. Caimmi-P. Nicolazzini, Ritratto di John Brunner, in "Robot", Milano, Armenia, 1978, n. 22, p. 10.






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