Chi vuole le principesse?
di Arnaldo Borsa
Mi è capitato più volte, negli anni di vita del Tarlo, di citare Lyon Sprague de camp: mai però ho trattato solo di qualche sua opera in un mio articolo, cosicché ho deciso di rimboccarmi le maniche e di rimediare a questa grave mancanza.
La sua autobiografia la potete trovare dovunque, comunque ci si possono spendere sopra due parole; nato a New York nel 1907, si trasferì ben presto in California. Laureato in ingegneria ed economia all'Università del New Jersey, dall'inizio degli Anni '40 si è dedicato esclusivamente alla letteratura ed all'archeologia, sua passione fondamentale.
In coppia con F. Pratt ha dato vita a personaggi gustosissimi ed a vicende fantastiche eccezionali. A questo proposito dovreste avere ancora in mente il mio ultimo articolo, quello sui mondi paralleli, che ad un certo punto citava una di queste opere "a quattro mani": Il castello d'acciaio, una trilogia al cui protagonista ne capitano proprio di tutti i colori (1).
Non è però di questo conosciutissimo libro che volevo fare una recensione, ma di un titolo molto più sconosciuto e (forse) introvabile: occorre, per questo, fare un passo indietro nel tempo.
Siamo in pieno periodo di festività natalizie, Arnaldo è a spasso con la sua ragazza in quel di Varese; dovete sapere che Arnaldo compra un libro, con somma disperazione di sua madre, appena ha mille lire di troppo in tasca; immaginatevi quindi il suo stupore quando, passando di fronte ad una oscura ed impolverata libreria, vede affisso alla vetrina il cartello "giacenze editoriali, libri a £ 2000": prende il suo angelo custode, che inizia a mugugnare che è tardi o qualcosa del genere, se lo carica in spalla e si lancia nella botteguccia sbavando.
Scartabell, scartabell, qualcosa salta fuori... Ad un certo punto lo sguardo di Arnaldo viene attratto da una copertina variopinta, legge il titolo, sgrana gli occhi, dice "mah!" e compra il libro: la sera stessa voltava l'ultima pagina...
Il libro in questione è "La principessa indesiderata" (The undesired princess, 1951), edito dalla Casa Editrice MEB, nella collana di Fantasy SAGA, nel lontano 1978. La cosa più strana è che né io, né Akko, né le nostre bibliografie su de Camp erano al corrente di questo libro, mistero!
Anche questa volta, l'eroe di turno, tale Rollin Hobart, ingegnere, si trova sbalzato in un mondo parallelo: qui la porta tra i mondi (ricordate?) è rappresentata da un vecchio asceta in perizoma, Hoimon, che Rollin si trova in salotto e che lo trascina in un tunnel spazio-temporale e lo porta su Logai.
Logai è un mondo totalmente diverso dal nostro che si presta, lo avrete capito, allo spirito umoristico tipico di de Camp. È infatti un mondo, così lo definisce l'autore, "aristotelico", dove cioè una cosa è così o non lo è. Tanto per fare un esempio, un uomo è ubriaco oppure non lo è, quindi, dopo aver ingerito un certa quantità di bevande alcoliche un uomo si trova ubriaco di colpo, senza passare per gli stadi intermedi dell'ebbrezza. Così un bambino è tale fino al suo tredicesimo compleanno, allorché diventa adolescente: ciò vuoi dire che la crescita avviene al momento stesso del suo compleanno, non prima.
Torniamo però al nostro eroe, che, arrivato su Logai deve salvare la principessa del regno di Logaia dalla terribile aginosfinge, un mostro che può essere sconfitto solo rispondendo alle sue tre domande.
Naturalmente Rollin salva la principessa che si innamora di lui (una principessa è innamorata o non lo è, e tutti sanno che le principesse si innamorano dei loro salvatori).
Questa potrebbe essere la trama di un piacevole racconto, se non che Rollin, scapolo convinto, non ha la minima intenzione di sposare la principessa, anche se lei è bellissima (una donna è bella o non lo è, e, si sa, le principesse sono sempre belle).
Purtroppo per Rollin, il ritorno a casa non sarà cosa facile, né sarà cosa facile non sposare la principessa, tanto più che questa ha come amico un grosso leone parlante, che le è fedele, il che vuoi dire, in Logai, che è assolutamente incorruttibile. Avremo così un crescendo di situazioni addirittura esilaranti, che porteranno il pigro, ma intelligente ingegnere, a diventare prima principe (con tanto di insegna con scritto Prins Rolin Qucosa, tanto il suo nome è comprensibile agli abitanti di Logaia), poi Re a capo di tutto Logai, poi addirittura Dio, proprio nel senso di "essere supremo di tutto l'universo" e, alla fine, di nuovo ingegnere consulente a casa sua, a New York, in compagnia della sua nuova moglie, la principessa, di cui si innamora solo alla fine, e del leone parlante, Theiax, ridotto alle dimensioni di un grosso gatto dal mago cattivo di turno, sconfitto da Rollin, che conclude il romanzo affermando: "Principe, non devi più preoccuparti per la mia misura. Ho la mia dignità anche se sono piccolo. Ho appena dato la caccia al più grosso cane di New York facendolo finire nel fiume Hudson!"
Questo è lo stile del romanzo, che è poi lo stile con il quale de Camp scrive i suoi capolavori, divertendosi a contraddire la tradizione, ormai consolidata che la figlia del re, con la sua bellezza, la sua ricchezza e magari metà del regno siano la massima ed ambita ricompensa per un mortale che abbia compiuto un atto eroico, ritenuto addirittura improponibile o che abbia salvato la principessa da morte sicura, drago o mostro che dir si voglia. Non ci troviamo quindi di fronte ad un eroe, ma ad un anti-eroe, che agisce solo perché costretto dagli eventi, altrimenti se ne starebbe a casa sua a grattarsi la pancia, cosa che, in fondo, rimpiange durante tutto il romanzo.
(1) De Camp è anche conosciuto per i suoi altri lavori di fantasy con risvolti umoristici, in particolare per la serie dedicata a Jorian di Iraz (pubblicata in Italia nella fantacollana Nord). Al pubblico più grande e meno attento è conosciuto come prosecutore dell'opera di R. E. Howard (su Conan il barbaro), da solo o in collaborazione con Lin Carter: ha intrapreso questa attività qualche tempo dopo che il suo intervento come curatore sulle opere originali di Howard aveva aiutato la diffusione di quei racconti, oggi immensamente popolari.
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