di Giovanna Grassi

Dopo essere passato attraverso esperienze di film quanto mai diversi tra loro (Uomini si nasce poliziotti si muore, L'ultimo sapore dell’aria), Ruggero Deodato ha optato come regista di mestiere per quell'ibrido cinema d'azione e avventura realizzato in co-produzione tra l'Italia e qualche compagnia indipendente americana, nelle intenzioni deciso a essere esportato e venduto in tutto il mondo. Non dimentico dei suoi titoli "cannibaleschi" (Cannibal Holocaust totalizzò il record di sei condanne), delle sue prove nell'horror e nel catastrofico (La casa sperduta nel parco e Concorde affaire), Deodato si sbizzarrisce in Inferno in diretta in un improbabile fumettone di fanta-droga.

Tutta la vicenda è, come comunque, condotta da una intraprendente quanto ambiziosa e cinica giornalista e dal suo accompagnatore cameraman: per fare uno "scoop", i due mettono le mani su un caso scottante di droga, vendette, sequestri e bisogno di purificazione da parte di un ex «berretto verde» ora santone che sembra uscito dalla accesa fantasia di qualche sceneggiatore.

Realizzato con ricchezza di mezzi, trasferte spettacolari e un buon mestiere tecnico, il film è un rozzo e però abile prodotto di violenza, suspanse e azione. Non manca l'intervista-suicida finale in diretta del misterioso protagonista dietro le quinte, si sprecano le teste mozzate, fanno apparizioni decisamente strane attori come Karen Black (Cinque pezzi facili) e John Steiner. Tra tanti scarti di idee e il montaggio ben ritmato di Mario Morra, resta la convinzione che, depurato di una gratuita quanto inutile attrazione morbosa per il sangue, questo tipo di cinema potrebbe essere un buon prodotto medio d'evasione, ancorato al gusto per la fanta-avventura. Nel cast appaiono anche Leonard Mann e i giovani Valentina Forte e Willie Aames, la musica d'effetto è di Claudio Simonetti e la fotografia di sicura esperienza è di Alberto Spagnoli.

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