Recensione di Mirko Tavosanis a "Gloriana"
Pensate che entrare in un museo, perfino in un museo italiano, non sia un problema? Beh, forse sarà così per voi, ma non certo per il sottoscritto: sono ormai due anni che faccio tentativi, ma per una ragione o per l'altra non mi riesce mai di visitare la Pinacoteca di Siena, meta ambita un po’ per le biccherne lorenzettiane, un po’ per Beccafumi (ora tanto di moda), un po’ anche per un noto ritratto cinquecentesco di Elisabetta I d'Inghilterra, giuntovi chissà per quali vie traverse, sul quale ha divagato a lungo Frances A. Yates nel suo libro su Astrea. Libro che - e qui arrivo finalmente al nocciolo - è una guida fondamentale per chi intenda cogliere lo spirito di questo romanzo di Moorcock. Dunque, Gloriana, ovvero Elisabetta I, ovvero Astrea, la vergine celeste. Celebrata dai poeti, da Sidney in particolare, durante l'età d'oro della letteratura inglese, inutilmente vagheggiata dai successori (Elizabeth and Leicester / Beating oars ... ). Ma Moorcock non è certo autore dalla commozione facile. E quindi c'è il mondo di Gloriana, gioiosamente pagano, con le sue feste in maschera, i balli, l'amore ed il sesso, ma c'è anche qualcosa di più oscuro che striscia al di sotto. Il consenso del popolo forse è ottenuto attraverso metodi poco puliti, i custodi del potere forse non hanno la coscienza a posto ...
Certo, un'opera problematica, anche attuale.
Ma l'impostazione fantasy mi convince poco, anche in un autore che, con l'espediente del multiverso, s'è dato da fare per far crollare le barriere tra i mondi (e qui, di conseguenza, si ritrovano personaggi o comparse degli altri libri di Moorcock, quando non Hitler stesso, evocato dal mago di corte, un John Dee dalle robuste pulsioni sensuali). Insomma, nonostante quel che l’autore pensa, ad aver saputo utilizzare in modo intelligente gli stereotipi della fantasy non sono stati in molti - forse solo due o tre autori, con Delany in testa. E questo libro mi convince molto meno di quanto non facessero quelli di Jerry Cornelius.
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