Sherlock Holmes viaggia nel tempo e oggi indaga con lo smartphone
di Renato Franco
Non fuma la pipa e non indossa il deerstalker (il tipico cappello da cacciatore a doppia visiera).
Invece smanetta sullo smartphone, ha un sito internet, manda sms di continuo, si «droga» con i cerotti di nicotina. Eppure è sempre lui: è Sherlock Holmes ai giorni nostri. Con intatte le sue strepitose capacità deduttive, per cui riesce a riconoscere un programmatore di computer dalla cravatta, un pilota di linea dal pollice sinistro, una donna fedifraga dalla fede nuziale.
La prima stagione della miniserie Sherlock, composta da tre episodi di 90 minuti ciascuno, è stata una rivelazione nel Regno Unito. Sulla Bbc ha avuto punte di 8.700.000 telespettatori e del 33% di share (quando la media di rete si aggira intorno al 22%). Ora Sherlock debutta su Joi, il canale pay del digitale terrestre Mediaset, a partire dal 18 febbraio, ogni venerdì, in prima serata.
È uno Sherlock Holmes annoiato e scontroso, che nei modi in cui si rivolge ai poliziotti di Scotland Yard ricorda il dottor House con le sue battute caustiche, come quando intima di fare silenzio e un detective risponde di non aver aperto bocca: «Pensavi, è molto fastidioso».
Niente carrozze, ma taxi nella Londra del XXI secolo dove tre misteriosi suicidi tutti legati dallo stesso modus operandi fanno pensare al diabolico disegno di un serial killer. È il giallo della prima puntata nella quale si sviluppa il fatidico incontro tra Sherlock Holmes (il 34enne Benedict Cumberbatch) e Henry Watson (il 39enne Martin Freeman). Sherlock è alla ricerca di un coinquilino con cui dividere le spese dell'affitto e per questo un amico gli presenta il dottor Watson, medico di guerra claudicante (è una vera ferita o è una zoppia psicosomatica?) e reduce dalla missione in Afghanistan (altro dettaglio raffinato che rimanda ai giorni nostri). Sarà amore (quasi) a prima vista e infatti nel rapporto che si instaura tra i due si gioca anche sull'ambiguità che Holmes e Watson possano essere una coppia.
Ha raccontato Benedict Cumberbatch: «Sono probabilmente il 71esimo Sherlock. Jeremy Brett (protagonista della serie tv Le avventure di Sherlock Holmes in onda dal 1984 al 1994 ndr) è stato meraviglioso, ha avuto una grande influenza sulla mia infanzia ma non mi ha scoraggiato.
Siamo lontani dal periodo vittoriano e questo offre una grande opportunità nella libertà delle scelte e dell'interpretazione».
Dal periodo vittoriano ai giorni nostri: «Anche se questo "ambiente moderno" è ciò che rende unico questo adattamento ci siamo comunque rifatti ai romanzi originali come nostra fonte. Abbiamo raccontato la storia fin dall'inizio. Il primo episodio, Uno studio in rosa (come il cappotto di una donna uccisa, ndr), replica molto di ciò che accade in Uno studio in rosso», il primo giallo, anno 1887, in cui compare Holmes.
Dalla lente di ingrandimento al palmare: «il modus operandi di Sherlock è aiutato dalla tecnologia, la sua specialità è dedurre i fatti, mettendo insieme una grande quantità di informazioni in modo che egli possa capire ciò che vede e di cui ha esperienza.
Utilizza la tecnologia e le scienze forensi, ma non puo fare a meno di una quantità enorme di istinto».
Anche la critica ha apprezzato: «Colmo di riferimenti all'epoca contemporanea come sms, blog e piscine dove potersi divertire, ognuno dei tre episodi è sostenuto da una sceneggiatura diabolicamente intelligente e dall'incalzante velocità con cui Benedict Cumberbatch recita», ha scritto il Guardian. Così invece Usa Today: «La rivisitazione moderna di Sherlock Holmes prende la fortunata opera di Sir Arthur Conan Doyle, teletrasportando il ragionamento deduttivo ai giorni nostri. Il risultato è una tagliente, divertente, intelligente serie tv che rimane fedele alle storie narrate da Doyle infondendogli un vibrante spirito di modernità».
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