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Type/Token, per un percorso dal caos all'ordine


di Danilo Santoni


La mia terra, l'Umbria, è generosa nell'offrire a chi si addentra nel silenzio dei suoi vicoli quel clima di heroic-fantasy che molti scrittori di queste genere si affannano a riportare sulla pagina scritta: lontano dai tumulti del turismo di massa, antiche pietre rosate distillano gli umori accumulati in tanti anni di silenziosa testimonianza.

A volte, poi, succede che anche il tempo si lascia influenzare da questo clima e l'aria diventa mitica e succedono cose che trascendono il proprio valore ed ampliano la propria portata fino ad arrivare ad avere valore di una esperienza che è fondamentale e che si rende partecipe del grande flusso della vita svelando una piccola parte del proprio valore.

Non c’è altro modo per spiegare quel senso di sorpresa ed entusiasmo che m’ha colto alcuni giorni fa in un vicolo silenzioso e remoto, schivato dal traffico moderno e memore del proprio passato.

Mentre lo percorrevo, perso in qualche pensiero, ho visto un'insegna di legno, del tipo vecchia locanda, che ha attirato il mio sguardo soprattutto perchè non aveva la pretesa di apparire vecchia e per questo non stonava con le costruzioni cariche di anni che la circondavano.

L'insegna parlava chiaro: "Libreria Esoterica: Religioni, Filosofia, Leggende, Miti, Fiabe, Fantascienza."

Mi ha fatto sorridere l'aggettivo esoterica, mi ha sorpreso il cocktail di soggetti, mi ha interessato la parola fantascienza e sono entrato.

Una porta piccola e stretta dava su di uno stanzone quadrato col tetto a volta ed una finestrella quadrata alta sul muro ed avara di luce. Illuminazione elettrica, qualche scaffale sui muri, tanti libri a terra accatastati e qua e là dei poster, quasi tutte riproduzioni di icone russe.

Un commesso ed un solo cliente (dal collarino bianco che portava m'è sembrato un prete in borghese) e rumori ovattati dai muri spessi e dai libri sparsi.

Scendendo quell’unico scalino in mattoni ho riprovato l'emozione un po’ languida di quando lessi per la prima volta un libro di racconti di Buzzati, quella sensazione sospesa e rarefatta costruita intorno al mistero semplice e naturale di tutti i giorni. Un pò come in un racconto di Silverberg ("Clienti Fissi" (The, regulars)) dove sembra quasi di sentire la presenza di un'altra dimensione.

I libri, poi (e come sempre), attirarono la mia attenzione e cominciai ad osservarli: provo sempre una voluttà strana nel vederne tanti tutti insieme e mi lascio immancabilmente ipnotizzare dal susseguirsi delle loro costole allineate.

Ho cercato senza sapere cosa ed accanto ad una edizione economica americana de "Il Nome della Rosa" (bella la copertina che riportava cenni critici della stampa mondiale nello stile di un manoscritto trecentesco) ho trovato tre libretti della Avon Books, neri e con delle illustrazioni stilizzate che ripetevano vagamente il disegno di alcuni tarocchi in uno stile molto vicino al liberty.

Erano i primi tre libri del ciclo di Amber di Roger Zelazny (1).

Mi è sembrato il momento più propizio ed opportuno per comprarli perchè diversi fatti nel giro di pochi giorni erano venuti ad assommarsi per contribuire ad avvicinarmi sempre di più a questo ciclo che non conoscevo.

Poco tempo fa, infatti, avevo acquistato l'edizione italiana del quarto volume, "La mano di Oberon", e mi occorrevano gli altri tre prima di poterlo leggere (e un libro comprato e non letto turba sempre la mia fantasia).

Avevo anche saputo che è uscito da poco in America un nuovo titolo del ciclo, "Trumps of Doom", che poi dovrebbe essere il primo volume di una trilogia "autonoma".

Da ultimo. avevo da poco terminato di scrivere un articolo su di un racconto recente di Zelazny, "24 views of Mount Fuji, by Hokusai" (2), ed ero ancora, in qualche modo, in sintonia con la visione del mondo dello scrittore americano.

Ho comprato i tre libri ed ho lasciato il negozietto al commesso un po’ timido ed impacciato ed al prete che parlava della sua stanza piena di libri all'ombra di una chiesetta anonima. Ma quell'esperienza, anche se sfumata e dispersa dal flusso del tempo, è rimasta legata ai libri neri del ciclo di Amber e poi, nel momento in cui li ho letti, si è insinuata tra le pieghe delle avventure di Corwin e fratelli trovando, in fin dei conti, il terreno più adatto per attecchire e germogliare.

Il fatto è che Zelazny è, tra tutti gli scrittori di fantascienza americani, quello che meglio riesce a ricreare un clima spirituale e culturale "mediterraneo" (e lo dico non solo facendo riferimento al suo ricorso alla mitologia classica, perché basterebbe "Lord of Light" a smentirmi, ma pensando in particolar modo al suo atteggiamento mitologico nei confronti del rapporto natura-uomo-cultura). Penso che Zelazny sia uno dei pochi che, riuscendo ad avere un contatto più "naturale" (vuoi per cultura, vuoi per sentimento) con il mito, sia capace di distaccarsi dalla massa ripetitiva della fantascienza americana apportatrice, il più delle volte, di visioni medioevaleggianti. Visioni smaccatamente stereotipate e sostanzialmente che le ha sentite sempre come esterne al proprio cammino e come semplice prerogativa di un vecchio mondo corrotto e decadente.

Il ciclo di Amber è composto, ad un livello superficiale, da opere che possono essere ascritte al genere di Cappa e Spada, pieno com’è di intrighi e duelli, anche se tale classificazione è ripetutamente messa in dubbio dalla presenza di esseri appartenenti al genere dell'orrore.

Spesso la narrazione lascia affiorare strutture archetipe del mondo delle leggende, altre volte citazioni di opere ormai classiche aprono una finestra sul vasto patrimonio culturale dell'immaginazione umana (3), ma su tutto spiccano due atteggiamenti che non soltanto tracciano una pista originale, ma che si prestano a gettare luce su un atteggiamento metanarrativo.

Il primo di questi atteggiamenti deriva dalla creazione di un universo che si compone essenzialmente da un succedersi di mondi paralleli che esistono soltanto come probabilità che vengono definiti Ombre (Shadow) che collegano concentricamente (un ordine perfetto e centrale che è la realtà di Ambra (Amber) ad una regione esterna e periferica, le Corti del Caos (Courts of Chaos), anch'essa reale e punto di partenza di tutto il sistema (4).

Il secondo prende corpo nel memento in cui si riconosce l'esistenza di quei legami che permettono l'esistenza di un rapporto interdipendente tra il mondo fisico e la sua riproduzione.

I due concetti, a ben guardare, presentano un'ampia zona in comune che denuncia una visione della vita strettamente legata al concetto di ARTE e un rapporto con il mondo circostante che rimanda al processo materiale di realizzazione di un'opera d'arte.

Colui che dalle Corti del caos ha tratto il disegno (Pattern) dando vita ad un ordine successivo di Ombre è, a livello di capacità, colui che disegnando un viso o un luogo riesce a creare una comunicazione tra quel viso o quel luogo e la persona che si pone di fronte a detta riproduzione.

Quest'ultima è la funzione svolta da quella specie di tarocchi che sono i Trionfi (Trumps) (5), speciali carte da gioco con la riproduzione di un viso o di un luogo che permettono agli amberiti di sangue regale di creare un contatto con quel viso o quel luogo per comunicare o per teletrasportarsi, Il Disegno ed i Trionfi si basano sulle stesse leggi e sulla stessa capacità di un individuo di usare, ponendole in contatto tra di loro, le congruenze esistenti tra gli oggetti del mondo fisico e il loro riflesso nel mondo ideale.

Se un uomo di questo tipo con un tale potere esiste davvero, non può essere chiamato in altro modo che ARTISTA e di conseguenza e per estensione le sue realizzazioni non sono altro che delle opere d'arte.

È facile accorgersi, allora, come un'occorrenza tematica di questo tipo, valida in campo letterario mainstream, una volta messa all'interno del genere fantascientifico dilati il proprio valore per venire in aiuto della funzione mimetica della narrazione: la realtà è il vertice superiore di un triangolo equilatero, i vertici di base sono rappresentati dall’artista e dalla sua opera, laddove uno stretto rapporto di ambivalenza tra produzione di consumo li pone in rapporto tra loro. In altre parole, se si riconosce che il concetto di Novum è un concetto pertinente e distintivo della fantascienza, si deve ammettere che in esso risiedono i germi di quel processo strutturale che porta allo scoperto lo scrittore nel suo atteggiamento di creatore, atteggiamento che molto spesso, nella letteratura mainstream, si cela tra le pieghe della "ricostruzione" e del realismo.

Il simbolo principale di questo concetto dell'esistenza intesa come realizzazione di un’opera d'arte è raffigurato dal Disegno, labirintica riproduzione di tutte le realtà, tracciato fisico di un cammino che nel proprio compiersi si trasforma in ciclo e realizza in un misto di innovazioni e ricorrenze, il succedersi quotidiano del tempo e dello spazio.

Un problema specifico viene ad incrinare l'equilibrio generale a livello di trama: il disegno è sfigurato, la sua continuità interrotta, il suo valore ridimensionato dal sangue amberita versatovi sopra (6). Lo squarcio che ha interrotto le trame del grande arazzo pone all'artista un problema decisionale di capitale importanza in quanto egli deve scegliere tra la ricostruzione e il restauro dall'opera; scegliere, in altre parole, tra innovazione e continuità.

Corwin è il rappresentante di un mondo moderno che comprende di aver perso la capacità di afferrare la realtà nella sua completezza (capacità di spicco nel patrimonio interpretativo degli antichi) e sa di non avere né le forze né tantomeno le capacità di poter ricostruire il Disegno. Una grave frattura ha incrinato il rapporto dell’uomo moderno con la natura che lo circonda liberando gli incubi più riposti e gelando ogni capacità creativa.

Il protagonista dello opere di Zelazny è spesso un uomo che possiamo definire immortale, un individuo eccezionale non tanto sotto l'aspetto dei poteri che possiede, ma sotto quello della conoscenza (sia essa tecnica, scientifica o culturale) che gli permette di controllare e governare il mondo intorno a lui. Il ricorso ai miti religiosi induisti, estremo orientali o mediterranei, non fa che scoprire questo processo di deificazione di un particolare individuo che è, e rimane, soltanto un abile manipolatore delle possibilità che gli si presentano.

Il grande segreto tecnologico consiste nella capacità artistica di creare e mantenere un sistema teologico che si presenti come visione della natura e delle sue forze e si strutturi come gilda impenetrabile. Tutte le visioni riprodotte nei libri di Zelazny non provengono altro che dalla matrice medioevaleggiante di un mondo strettamente corporativo; un mondo che si è strutturato così per sconfiggere il passare del tempo e poter creare una struttura che riesca a avviare alla brevità della vita umana: un mondo che, in definitiva, è posseduto da quell'individuo che è riuscito a sconfiggere il tempo e si è riproposto in reincarnazioni successive.

Occorre precisare, comunque, che un discorso di questo tipo è e rimane sempre ad un livello strettamente culturale e Zelazny non cede minimamente a tentazioni di superomismo.

L’arte è la creazione di un mondo coerente, strettamente legato ai due poli della vita umana che sono il passato e il futuro e l'artista ha come unico antagonista il tempo.

Quell'uomo SA di più perchè ha vissuto di più, È di più (…)

E la crescita agisce a molti livelli: uno naturalmente, è quello della competenza tecnica. Un altro, e io credo che sia il più importante, è il guardarsi dentro/fuori/dietro/davanti. Questa capacità aumenta con l'età. Che cosa sarebbero diventati Thomas Mann, oppure Hokusai, se avessero potuto vivere centocinquanta anni e fossero rimasti nel pieno possesso di tale capacità? Mi piacerebbe saperlo. Li adoro entrambi. (7)"

Colui che riesce a superare lo scoglio della decadenza e della morte diviene come un dio, anzi diviene Dio del proprio mondo.

Ecco allora che più che la figura dell'uomo-artista è importante e va studiato il modo in cui tale persona (immortale nelle proprie opere se non nella propria vita) si trova ad essere in contatto con il mondo che la circonda.

È un vecchio problema che ricorre con frequenza nell'opera di Zelazny ed il punto dove forse appaiono allo scoperto con maggiore chiarezza le difficoltà "tecniche" ad esso legate si trova in "24 Views":

This is one of my favorite prints in the series: Fuji as seen from across the lake and reflected within it.

There are green hills at either hand, a small village upon the far shore, a single small boat in sight upon the water. The most fascinating feature of the print is that the reflaction of Fuji is no the same as the original: its position is wrong, its slope is wrong, it is snow-capped and the surface view of Fuji itself is not." (8)

È chiaro che qui ciò che si presenta è un problema di riproducibilità, nel senso che è evidente la manifestazione di una incrinatura nella facoltà di istituire e riconoscere equivalenze tra oggetti diversi: un rapporto di riproducibilità che viene indicato in genere con l'espressione TYPE/TOKEN ad indicare una relazione riproduttiva che lega una "legge" (type) ad una sua "replica" (token).

Le varie ombre che formano il susseguirsi dei mondi all'interno della cosmogonia amberita, pur presentando ampie variazioni, risultano strettamente legate a regole costruttive e ai principi di compatibilità riconducibili ad un modello unico che consiste/coesiste nelle Corti del Caos. un modello generale rispetto al quale le singole ombre non sarebbero che delle repliche parziali.

Il type e rappresentato dalle Corti del Caos (nel senso di idea originaria, punto di partenza del processo evolutivo) e si presenta come una legge che permette un vasto campionario di variazioni e che crea, all'interno del rapporto di riproducibilità, problemi di conservazione e di trasmissibilità. Unico mezzo atta a risolvere problemi di questo tipo è rappresentato dal Disegno per il fatto che, nel momento in cui trasmette e rielabora un’immagine, mette in atto un processo che riconosce un'equivalenza tra le varianti libere e quelle imposte dalla tradizione della suddetta immagine.

Messo così il discorso, è facile ammettere che l'interesse di Zelazny non è rivolto tanto verso il soggetto che ha dato il via a questo processo (sia esso un artista o un dio di una qualsiasi religione) quanto verso il processo stesso. Un processo che, sostanzialmente, è semantico.

Dworkin - il creatore dei Trionfi che non sono altro che la semplice applicazione pratica delle leggi che regolano il rapporto significato/significante che esiste tra le Corti del Caos e le Ombre non ha fatto altro che porre in relazione un’idea con un oggetto, ha creato un ponte tra il piano del contenuto e il piano dell'espressione facendo perno sulle capacità simboliche che sono tipiche dell'uomo.

In altre parole i Trionfi con il loro potere di teletrasporto altro non sono che la parte visiva e visibile di un rapporto più generale che intercorre tra le Corti del Caos e le Ombre nella loro totalità (tra il type ed il token), un rapporto che si attualizza nel Disegno che altro non è, dunque, che il tracciato fisico delle sopracitate capacità simboliche ed in esso emerge, come un fatto prettamente semantico, l’aspetto strutturale della riproduzione.

Tale processo riproduttivo, attualizzandosi all'interno delle spire del Disegno, porta allo scoperto quelli che sono i due aspetti centrali del suo processo di attuazione: la CONTINUITÀ (che viene assolta dall'invarianza delle leggi che regolano il sistema) e la DIFFERENZIAZIONE (che viene assolta da un processo di speciazione e da una illimitata creatività individuale). I principi di Amber si spostano agendo sulle Ombre e cercando (e trovando) il sentiero che congiunge tutte le varianti significanti e scartando tutto ciò che è non significante.

Il loro percorso è possibile in quanto essi possiedono la chiave di lettura di tutti i gradi di equivalenza in ogni condizione di riformabilità dello spazio circostante.

All’interno del processo di riproduzione è latente una opposizione fondamentale che si riassume nell'opposizione AUTENTICITÀ/FALSIFICAZIONE e che è legata al carattere articolato o meno della realtà da riprodurre. L'esempio più chiaro per spiegare questa opposizione si può fare mettendo a confronto la riproduzione di un'opera letteraria con quella di un'opera pittorica: ogni copia accurata della prima sarà sempre un falso.

La differenza risiede, essenzialmente, nel fatto che un'opera per conservare il proprio carattere originale nella riproduzione di se stessa, deve avere un carattere discreto e articolato, un carattere che renda possibile una distinzione tra proprietà costitutive dell'opera e proprietà meramente contingenti.

Tali opere vengono definite ALLOGRAFICHE. Viceversa, le opere non riproducibili ma solo falsificabili hanno un carattere continuo e, per così dire, denso: in esse proprietà costitutive e proprietà occasionali sono indistinguibili in quanto tutto è pertinente. Tali opere vengono definite AUTOGRAFICHE (9).

Questa contrapposizione ALLOGRAFICO/AUTOGRAFICO - per tornare al punto di partenza del discorso e al bivio che è venuto a crearsi di fronte alla doppia possibilità di restauro o di ricostruzione del Disegno - incide profondamente sulle scelte di Corwin: se la realtà per i costruttori del Disegno presentava un sistema di notazione che le permetteva di apparir loro come un'opera allografica, per l'uomo moderno, quell'uomo che come detto ha perso la capacità di comprensione e decodificazione del sistema di notazione, essa si presenta come un'opera autografica e quindi irriproducibile.

L'unico mezzo per poter continuare a comprendere la realtà è (e rimane) il Disegno – nel senso di oggetto reso tradizionale dall'uso in quanto esso permette di cogliere all’interno di una configurazione a carattere denso un principio ordinatore e di proiettarvi uno schema capace di rompere la continuità del segno traducendola in una configurazione in qualche modo articolata.

In questo caso il Disegno svolge la stessa funzione del libro di stampe di Hokusai in "24 Views", quella cioè di riordinare gli schemi interpretativi che permettono sia la ricostruzione che il riconoscimento del processo che ha reso la realtà come una configurazione densa suscettibile di un numero indefinito di letture, tutte plausibili.

In ultima analisi il discorso di Zelazny implica una rivalutazione del ciclo narrativo inteso come genere letterario in quanto vi intravvede all'opera tutte quelle forze che in una alternanza di innovazione e ripetitività rendono decodificabile la realtà, una realtà che non è altro che una costruzione della cultura. Un inevitabile travaso di esperienze personali e sensazioni culturali (come il caso della libreria esoterica prima citata) che si riversa all'interno degli schemi interpretativi dell'artista, anche se controllati il più possibile:

"Per comunicazione si intende generalmente una forma di espressione personale, ma non sempre vale il contrario.

Io mi ritengo impegnato nel campo della comunicazione, e non in quello dell'espressione personale. In ogni brano narrativo i due elementi sono inevitabilmente collegati fra loro, ma io vi introduco soltanto quel tanto di me stesso che reputo necessario, e basta". (10)

L'unica precauzione da prendere in un processo di riproduzione è di porre attenzione a non propendere troppo verso la ripetitività in quanto si genererebbe un movimento autoriproduttivo innaturale: per questo, ancora in "24 Views", l'azione che era scandita dalla successione delle stampe di Hokusai ha termine alla penultima stampa, sfuggendo ai pericoli della routine e rivalutando le possibilità creative dello spirito d'iniziativa dell'individuo.


NOTE

1) Il "Ciclo di Amber" è attualmente composto da sei titoli, cinque pubblicati negli anni settanta (Nine Princes in Amber-The Guns of Avalon-Sign of the Unicorn-The Hand of Oberon-The Courts of Chaos) tutti tradotti in italiano e pubblicati dalla Libra nella collana degli Slan, ed uno pubblicato recentemente (Trimps of Doom) ancora inedito in Italia. Il ciclo di Amber è entrato anche a far parte del mondo dei videogiochi: la Telarium Corp. produce, infatti, il programma "Nine Princes in Amber" in una collana di giochi prodotti in collaborazione con i più grandi autori di Science Fiction.

2) Il racconto citato è apparso in "Isaac Asimov's Science Fiction Magazine, num 93, July 1985, pp 124-178. Da qui in poi verrà indicato con l'abbreviazione "24 Views". Il racconto narra di un viaggio-pellegrinaggio di una giovane donna americana attraverso quei luoghi del Giappone che corrispondono alle vedute di ventiquattro stampe dell'incisore Hokusai.

Il viaggio ha lo scopo di rivisitare i luoghi in cui ella è vissuta felice con il marito ormai morto fisicamente ma è anche un viaggio di ricongiungimento con quella nuova entità che è nata dalla traslazione della mente del marito all'interno della banca dati computerizzata che controlla tutto il mondo. Il racconto è diviso in sezioni ed ogni sezione corrisponde ad una stampa di Hokusai.

3) Due esempi forse bastano a spiegare il concetto: prima di tutto il nome di Oberon che crea un legame con MIDSUMMER NIGHT'S DREAM: poi le scene in prigione in cui avviene l'incontro tra Corwin e Dworkin che sono figlie dirette delle scene riguardanti l'abate Faria ne IL CONTE DI MONTECRISTO.

4) Esiste, in un gioco di rimandi e di riflessi che denuncia una visione strettamente articolata del mondo fisico, una triade interdipendente di luoghi che si ricollega alla realtà di Ambra. Più precisamente sono: Ardma (Rebma), immagine speculare della città in fondo al mare. Tir-na Nog-th (Tir-na Nog-th), immagine visionaria della città nel cielo che prende forma solo con la luna, è il luogo con l'originale del Disegno. Se il nome della città speculare è chiaramente il rovescio del nome di Ambra, per la città del cielo si può dire che essendo divisa in due parti potrebbe alludere alla riproduzione delle due realtà Ambra e Arbma laddove la seconda parte richiama alla mente il suono di NOUGHT=NIENTE, zero; mentre la prima potrebbe essere il rovescio di TIR-NA = AN' RIT = AND RIT(UAL) = E RITUALE/RITO.

5) Il termine inglese è più ambiguo di quello usato in traduzione italiana in quanto all'accezione di TRIONFO E BRISCOLA unisce quella di TROMBA come si può notare dal titolo del sesto volume, TRUMPS OF DOOM traducibile con LE TROMBE DEL GIUDIZIO UNI'VERSALE.

6) Occorre mettere in evidenza il fatto che il Disegno è situato in quattro luoghi e anche se tutti svolgono la stessa funzione, uno soltanto è l’originale in quanto è l’unico a presentare una corrispondenza tra la macchia del sangue amberita e la Via Nera.

7) La citazione è tratta dal preambolo di Roger Zelazny a FROM THE LAND OF FEAR di Harlan Ellison tradotto in italiano in H. Ellison SE IL CIELO BRUCIA, Galassia num 231, Piacenza, pag. 8

8) "24 Views ", pag. 151:

"Questa è una delle mie stampe preferite della serie: Fuji così come si vede al di là del lago e si riflette in esso. Ci sono colline verdi da ogni parte, un piccolo villaggio sulla sponda lontana, una barchetta sola si vede sull’acqua. L’aspetto più affascinante della stampa è che il riflesso del Fuji non è lo stesso dell’originale: la sua posizione è sbagliata, il suo pendio è sbagliato, è incappucciato di neve mentre il riflesso del Fuji stesso sulla superficie non lo è."

9) Per una più approfondita definizione delle definizioni sopra citate Cfr. Goodman Nelson, LANGUAGE OF ART (trad. italiana: I LINGUAGGI DELL’ARTE, Il Saggiatore. 1976).

10) "Intervista con Roger Zelazny" (a cura di Paul G. Walker) in GALASSIA num 225, Piacenza, pag 129.






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