di Maurizio Porro

Non si sa come, né quando né perché, un gruppo di amici e studiosi si riunisce nella villa di un professore che si interessa di pratiche magiche degli antichi etruschi. Mai fidarsi. Infatti avanzano presto i morti viventi, gli zombi, provocando nei presenti che si chiamano tutti con nomi americani, sgomento e terrore che si traduce in battute tipo: "Chi siete?", "Sembrano corrosi dal tempo". C'è anche un ragazzino che dimostra 40 anni e che, per far vedere che vuoi bene alla mamma, le mette le manine sotto le sottane. Sarà sbranato da una zombi, ma nell'aspetto non peggiorerà molto.

A un quarto d'ora dal finale i sopravvissuti incrociano anche il professore; toh, è uno zombi anche lui. Poi si rifugiano in una chiesa: toh, sono zombi anche i frati. Tra banchetti di interiora e bevute di sangue, senza che nulla venga risparmiato, si termina con una apocalisse generale, mentre la scritta fatidica ci annuncia che la profezia del ragno nero aveva già previsto tutto.

Insensato epigono dei film di Romero, Le notti del terrore di Andrea Bianchi (regista tuttofare) è una macroscopica sciocchezza che non da un minuto di interesse. La storia non può svilupparsi, perché non c'è, e i personaggi sono talmente insulsi che provocano risate in sala più che raccapriccio. Le situazioni sono due, anche dal punto di vista visivo: il primo piano dello zombi tremendo e il primo piano della donna che urla di terrore. Il tutto sprofonda in una noia abissale, cui non danno certo contributo attori al di sotto del lecito, trucchi al di sotto del credibile, scenografie al di sotto del decoroso.

È una fiera del dilettantismo.

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