Stranger Things, humor e angoscia in un raffinato gioco di citazioni
di Aldo Grasso
La scomparsa di un ragazzino in una cittadina porta alla luce un mistero in cui si mescolano esperimenti segreti, spaventose forze soprannaturali e una strana bambina ... Se qualcuno vuole provare l'esperienza del «binge-watching» (la visione a dosi massicce di una serie, senza rispettare le scadenze settimanali) non può fare a meno di «Stranger Things», la serie targata Netflix, creata e prodotta dai Duffer Brothers (i fratelli Matt e Ross).
Si racconta della scomparsa misteriosa del 12enne Will Byers e dell'apparizione di una ragazza dotata di poteri telecinetici fuggita da un laboratorio segreto. Le indagini della polizia locale, guidate dall'agente Hopper, sono ostacolate dal Laboratorio Hawkins, che inscena anche una finta morte del bambino. Durante le ricerche i suoi tre amici fraterni e la famiglia si imbattono in circostanze inquietanti. Ambientato nel 1983 a Hawkins nell'Indiana, la storia si snoda tra realtà parallele, il mondo reale e il «sottosopra». Otto puntate da vedere tutte d'un fiato.
La visione in streaming ha indubbiamente creato una nuova narrativa e «Stranger Things» rappresenta un punto di svolta: una volta entrati nell'atmosfera thriller è impossibile uscirne (anche per chi non ama particolarmente la fantascienza).
Ma c'è un altro aspetto che irretisce ancora di più.
La serie è costruita a rete e le maglie sono rappresentate da continue citazioni. Un gioco vorticoso, raffinato, cinefilo da cui è impossibile sottrarsi.
I numi tutelati sono Steven Spielberg e Stephen King: E.T. L'extraterrestre e la narrativa di King (più i numerosi film tratti da) sovraintendono alla costruzione in abisso degli episodi, dove ogni vicenda si rispecchia in una citazione, quasi a sottolineare che il vero «sottosopra» è un non-luogo quotidiano, capace di generare punte acuminate di angoscia e humour che si alternano con equanime ritmo. Insomma, la serie da vedere e di cui parlare quest'estate è «Stranger Things».
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