Caccia all'uomo con déja vu
di Emiliano Morreale
Terzo capitolo di una saga a basso costo che ha riscosso buon successo negli Usa, e intitolata in originale "The Purge": la purga, ma anche la purificazione, l'epurazione (tradotta in italiano come "lo sfogo"). Si tratta di una manifestazione annuale, indetta negli Usa del futuro prossimo: nell'arco di una notte, chiunque può commettere crimini e restare impunito. Questa semplice trovata, ideata dal partito al potere, i Nuovi Padri Fondatori (reazionari bianchi, per farla breve), permette di troncare le tensioni sociali e abbattere la disoccupazione in maniera che non sarebbe dispiaciuta a Jonathan Swift. Il fatto è che durante quella notte vengono organizzati dei raid e le vittime sono per lo più poveri, senzatetto, abitanti degli slums. I produttori di sistemi di sicurezza e le compagnie di assicurazione prosperano, il divario fra chi può mettersi al sicuro e chi diventa preda cresce sempre più. Nel terzo episodio siamo in piena campagna presidenziale, e la candidata Roan propone l'abolizione dello Sfogo. Contro di lei c'è il candidato dei Nuovi Padri Fondatori, ma c'è soprattutto un vero e proprio complotto per farla fuori durante i disordini organizzati.
Il film probabilmente punta a inserirsi sulla scia degli "Hunger Games", ma la tradizione della caccia all'uomo autorizzata ha una lunga tradizione, dai giapponesi "Battle Royale" a "La settima vittima" di Sheckley, da "La lotteria" di Shirley Jackson a "L'uomo in fuga" di Stephen King fino a "La pericolosa partita" di Richard Connell: tutti testi adattati con varia fortuna al cinema o in tv.
Purtroppo in questo caso la povertà di mezzi non aguzza l'ingegno degli autori, e la trovata di base rimane senza grandi sviluppi, oltre a patire un impianto visivo di seconda mano, ricavato anche da certo fumetto contemporaneo (i supereroi più dark, ma anche "Give me Liberty"). Rimane la simpatia dell'operazione: esemplare di un cinema di serie B oggi scomparso, rozzo ed efficace, che trova la propria forza nella precisione quasi didattica con cui intercetta ansie sociali, e mostra la nudità cruenta del potere che il cinema "impegnato" non si può permettere di prendere così di petto. Qui la visione darwiniana e malthusiana è senza mediazioni, lo scontro di classi appare in maniera fisica, e lo spettatore, mentre gode delle truculente scene d'azione e della suspense elementare, ha davanti agli occhi una visione desolata dell'America, che fa abbastanza effetto in piena campagna elettorale di Donald Trump.
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