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L'Oceano di Sterling


di Fabio Gadducci


Il "good doctor" Malaguti ha perfettamente ragione quando nell'introduzione all'opera indica gli anni '68-'81 come i peggiori mai vissuti dalla fs: draghi, unicorni, tutti i gadget della fantasy deteriore hanno preso campo e monopolizzato il mercato. Le cause di tutto questo sono molteplici, e molte analisi del fenomeno sono apparse anche nel fandom italiano: penso agli articoli proposti, e scritti, da Santoni prima su TDS e poi su Intercom, per non tacere dell'intervento di Platt su Blade Runner 10.

Non condivido invece l'entusiasmo mostrato da Malaguti: Sterling era giovane quando il romanzo apparve (23 anni), era appena uscito dal workshop del Clarion, e considerarlo uno dei capolavori misconosciuti degli anni ‘70 mi sembra sinceramente una esagerazione! (Ci sono molte altre cose nell'introduzione su cui non sono d'accordo, ad esempio sull'indicare Tanith Lee e Simak fra i migliori autori degli anni '70: ma non ho voglia di far polemiche. Chi ha orecchie per intendere ... ).

John Newhouse (che si spaccia per terrestre e veneziano - Newhouse = Casanova) vive pacifico in una comune di Isola Alta, la città più grande del pianeta Nullaqua. I soldi per vivere vengono ricavati dal commercio del "Lampo", droga che è ricavata dalle interiora delle balene della polvere abitatrici del Mare di Polvere, un gigantesco oceano di sabbia. Una legge dell’impero per stroncare il traffico di droga, vieta all’improvviso la vendita delle interiora, costringendo John ad imbarcarsi con un amico sulla baleniera di capitan Desperandum per procurarsele nascostamente. Il libro narra il viaggio di John, dei sui rapporti con l'aliena Dalusa e con Desperandum; ritornerà libero dalla schiavitù della droga è rigenerato spiritualmente.

Come si capisce dal soggetto, sono presenti molti degli stereotipi del genere, ed il romanzo si inquadra molto bene nel tipo di opere scritte nel periodo, con vaghi echi di Ishtar ed un occhio ai vermi di Dune. Non manca neanche una cartina geografica del mare di Nullaqua, posta come appendice senza un briciolo di ironia a riscattarla.

Non mi sembra davvero il caso di scomodare opere classiche quali Moby Dick, a cui Oceano si ispira allo stesso modo in cui il recente Hyperion può richiamare I racconti di Canterbury, né Conrad, aldilà di una generica idea di catarsi "marinara". Semmai si può cogliere qualche spunto di satira sociale, ad esempio le considerazioni finali sull'uso di droghe.

L'opera merita comunque la lettura: la scrittura è fluida e vivace, a tratti ironica, come nella descrizione (capitolo 9) delle strampalate teorie pseudoscientifiche del capitano Desperandum.

Schismatrix era comunque ancora ben di là da venire.






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