Fantascienza e "manifesti populisti" alle radici della rabbia
di Carlo Formenti
"Caos Usa": così l'editore Fanucci ha intitolato, con felice intuizione, l'edizione italiana di "Distraction", un romanzo di Bruce Sterling appena approdato in libreria.
Lo scrittore cyberpunk, in prima fila in molte battaglie civili e politiche, descrive un’America (siamo nel 2044) devastata dai disastri ecologici provocati dalle corporation biotecnologiche. A risollevarne le sorti sarà la coalizione rivoluzionaria di intellettuali e "prolet", cioè i milioni di disoccupati trasformati in nomadi. Ciò che succede a Seattle in questi giorni, conferma che gli scenari della fantascienza rischiano di divenire cronaca. Anche se, nel mix di tensioni e paure che alimenta la contestazione contro la Wto, i temi dell'ambientalismo sembrano prevalere rispetto a quelli dell'occupazione.
È vero che alle manifestazioni partecipano varie organizzazioni sindacali. e che molti sociologi americani (da Jeremy Rifkin a Richard Sennett) sono in prima fila nel denunciare il rischio che globalizzazione economica, liberalizzazione selvaggia e flessibilità totale generino una società del "lavoro zero", privando milioni di persone del loro reddito, della loro dignità umana. Ed è vero che gli esponenti radicali di quest'area (come Kirkpatrick Sale) invitano i lavoratori a praticare nuove forme di luddismo contro le tecnologie labour saving.
Tuttavia, visitando i siti delle organizzazioni aderenti alla «Coalition» che ha promosso le manifestazioni di Seattle, è evidente che il vero collante ideologico del composito schieramento è l'ecologismo.
Per esempio, scorrendo il «catalogo» dell'International Forum on Globalization (www.ifg.org), che raggruppa circa 60 leader (i nomi più frequenti, fra gli autori di testi ordinabili online, sono Vananda Shiva, Jerry Mander, Debi Barker, Tony Clarke e Victor Menotti) e gruppi impegnati nella lotta contro la globalizzazione, emerge uno schema che sintetizza i vari obiettivi in un unico slogan: «difesa della diversità». La battaglia per difendere la biodiversità contro l'omologazione genetica minacciata dalle biotecnologie diventa così il modello al quale s'ispirano anche le battaglie per impedire che le diversità etniche, culturali, religiose, così come l'autonomia delle comunità politiche e produttive locali, vengano a loro volta travolte dall'omologazione del mercato globale.
Si tratta, insomma, di un'ideologia piuttosto diversa da quella della sinistra radicale europea. E per averne conferma, basta leggere l'appello ai «veri populisti» firmato da Ronnie Dugger (direttore-fondatore del «Texas Observer») e pubblicato nel sito di Alliance Foro Democracy (www.afd-online.org), uno dei gruppi della coalizione anti wto. Dugger invita all'unione le forze più disparate: militanti per i diritti delle minoranze di ogni tipo, femministe, ecologisti, farmer tradizionalisti, aderenti all'ala populista del partito Libertarian, «anarcocapitalisti» che si battono per un liberismo «dal basso», tutti chiamati alla mobilitazione per difendere i mercati locali e i piccoli produttori dal falso liberismo «globale» dei monopoli. Del resto, anche un intellettuale anarchico ben più sofisticato come Hakim Bey, in un pamphlet di qualche anno fa («Millenium», edizioni Shake), aveva espresso l'auspicio che il trionfo del «pensiero unico» potesse sortire l'effetto di convincere «strani compagni di letto» a unirsi in una coalizione contro il progetto di consegnare le sorti del pianeta nelle mani del mercato.
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