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La rivoluzione telematica di Bruce Sterling


di Eleonora del Poggio


"Guy Debord era un intellettuale francese, un filosofo, un attivista politico e secondo la sua stessa definizione, un hippie. Faceva parte di un gruppo che si definiva situazionisti internazionali e ha scritto un libro La società dello Spettacolo molto interessante e su cui è giusto soffermarsi. Chiariamo subito che, considerando anche le epoche diverse, io e i miei amici del cyberpunk non possiamo definirei situazionisti, non siamo dei sessantottini, ma fu proprio il gruppo di Debord a coniare il motto: Tutto il potere all'immaginazione, e che ha influenzato il maggio '68. Non ho paura nel dire che Debord col suo modo di pensare rappresenta un mio antenato spirituale. Alcuni concetti dei situazionisti, considerati un pò stravaganti agli inizi degli anni '70, sono stati in realtà sfruttati e rivalutati trent'anni più tardi. Ad esempio: il concetto di deriva, una specie di movimento attraverso il tempo e attraverso lo spazio, un movimento attraverso lo spazio urbano, un modo di staccarsi dalla società dello spettacolo che in quel periodo era dominio della classe borghese. Nel concetto di deriva c 'è una strana idea della libertà finale, una sorta di nomadismo interno.

Oggi io e i miei amici di Wired di S. Francisco concettualmente abbiamo creato il Net Surfing (l). Che vuoi dire? Nell'ambito tecnologico ci sono enormi oceani senza confini, basta puntare il mouse e ci ritroviamo da un punto all'altro della rete e del mondo. In un dato momento siamo al pianterreno di un 'università tecnologica di Praga in un altro possiamo consultare i documenti di una società di Roma. In un altro ancora captiamo immagini grafiche dal Canada. Sembra quasi che gli spazi crollino. Con lo stessa velocità della luce possiamo andare da un posto all'altro senza renderci conto di superare i confini. Cos'è questo se non la deriva? Tutto questo è l'apoteosi della deriva.

Nella Società dello Spettacolo Debord enunciava un altro concetto: parlava della natura e della società come una serie di immagini vuote in un mondo in cui la rappresentazione della realtà diventa la realtà.

Quando il simulacro acquista valore prima di qualsiasi altra cosa. L'immagine ruba gli effetti reali della realtà e la realtà, di conseguenza, non esiste più, diventa un deserto. E dove troviamo la vera realtà dello spettacolo nella nostra società se non nel cyberspazio?

Un mondo in cui non ci sono altro che immagini vuote e interamente costruito sui simboli.

Tutto questo è l'apoteosi della società dello spettacolo di Debord.

E in questi giorni, su uno stesso giornale, abbiamo appreso contemporaneamente degli avvenimenti che hanno coinvolto ADN Kronos dove pirati informatici, con tendenze fasciste (2), hanno attaccato l'agenzia di stampa, ottenendo così pubblicità e fama e le poche notizie riguardanti il suicidio di Guy Debord. .. "

(Dall'intervento che Bruce Sterling ha tenuto alla Libreria Tuttilibri di Roma, in occasione della presentazione del suo libro Isole nella rete).


NOTE

(1) Letteralmente il surfing della rete, la possibilità cioè di cavalcare o meglio, usufruire, dell'infinità di dati che la rete informatica mette a disposizione. (nda)

(2) L'attacco all'agenzia ADN Kronos è stato rivendicato dalla Falange Armata. (nda)


È curioso, ma in Italia il 1994 ha visto nello stesso tempo l'esplosione e la morte del cyberpunk. Cerchiamo di capirci. L’esplosione del fenomeno è avvenuta perché l'Italia, ai margini dell'Impero, come qualcuno malignamente e sagacemente ha dichiarato, ha avvertito con la solita proverbiale lentezza, le potenzialità di un movimento apparentemente diverso. Perché dico apparentemente diverso? Perchè quando una realtà prende forma, in questo caso una realtà letteraria, ci si affanna, e non si sa per quale motivo misterioso a ricercare una paternità a tutti i costi. Ma su questo punto torneremo più tardi.

La morte prematura la si deve agli avvenimenti che negli ultimi tempi hanno accompagnato la nostra quotidianità e che sono fuggiti più rapidamente di qualsiasi afflato intellettuale.

Tanto per chiarirci. Su un'opinione pubblica solitamente pennichellosa non può non far colpo il Golpe telematico realizzato da alcuni Hackers ai danni dell'agenzia ADN Kronos. Tutti i media ne hanno parlato, non rendendosi conto però che quel che raccontavano, nella fiction letteraria, era già stato sviscerato. Dunque ci siamo trovati sbalzati improvvisamente nell'era cyber con un effetto però dirompente: il movimento (chiamiamolo così per pura semplicità) è diventato obsoleto nel momento in cui lo si è acquisito come dato di fatto.

Ecco dunque il paradosso: un’identità letteraria di anticipazione perde la sua forza perché sovrastata da un'altra opposta e complementare al tempo stesso.

Nasce e muore in un attimo. Almeno... nasce e muore in un attimo in Italia. Così l'editoria nostrana dà la stura ad operazioni che apparentemente vivificano il cyberpunk, in realtà lo seppelliscono definitivamente.

Basti pensare che nel 1994 in contemporanea con l'antologia curata da Piergiorgio Nicolazzini, la Mondadori ha rieditato quasi tutto Gibson, mentre Urania e la rinata Isaac Asimov Science Fiction hanno pubblicato antologie dedicate a Sterling. In più s'aggiunga l'antologia post-cyber di Theoria (e qui ci siamo!) e appunto Isole nella rete sempre di Sterling a cura di Fanucci.

Ma dove stavolta il cyberpunk e quindi il genere fantascientifico, pur divorato da un'entità paradossalmente prosaica, sembra lasciare un'impronta indelebile nella storia? Anzi, sembra sopravvivere alla storia?

La risposta è in uno straordinario e volontario impatto ideologico, che di questi tempi ha il segno di un vero e proprio revanchismo culturale.

L'impatto ideologico, a scanso di equivoci, non è certo rappresentato, come dicevamo all'inizio, da una ricerca di paternità a tutti i costi. L'antologia curata da Nicolazzini, citata in precedenza, presenta, ad esempio, tra le tante cose, un curioso e per certi versi appetibile, elenco delle opere che in qualche modo hanno aperto la strada al fenomeno in questione. Si va dal Frankenstein di Mary Shelley che propone, per il riciclaggio delle parti del corpo, una visione della scienza profondamente schizofrenica, dunque molto postmoderna, a Il grande sonno di Raymond Chandler (chissà perché? O meglio, se la figura errante dell'investigatore solitario ricorda i diseredati dell'era cyber, a spulciare nel gran mare della letteratura, e fermiamoci a quella americana, troppi disgraziati troveremmo lungo la strada! Dove lasciamo gli eroi negativi di David Goodis, di Chester Himes, di Cornell Woolrich o i più recenti falliti di Raymond Carver, Grace Paley, Mclnemey, Breaston Ellis?).

Si va dal primo disco di Lou Reed e i Velvet Underground and Nico (ricordate... quello con la banana sbucciabile disegnata da Andy Warhol. Sbucciabile almeno per chi conserva gelosamente il vinile originario) alla Laurie Anderson di Big Science (inevitabile! Ma allora perché no Vienna degli Ultravox, le paranoie, di Gary Numan o l'elettronica dei Kraftwerk?). Ancora... da Never Mind The Bollocks dei Sex Pistols (qui mi urto un pò: si considera protocyber lo stile trasgressivo del punk, e passi pure perché la parola cyberpunk contiene di per sé l'assunto, ma allora gli scrittori giapponesi del secondo dopoguerra che hanno fatto del suicidio un rituale inevitabile, cito solo Mishima Osamu e il Nobel Kawabata, sono eroi cyberpunk? O la morte di Syd Vicious vale di più di alcuni monumenti letterari del novecento?) ai Sonic Youth (tralasciando scandalosamente i Residents. Insomma potrei andare avanti per molto. Ma in questa disamina particolareggiata è insita una vistosa contraddizione: un fenomeno "diverso" come il cyberpunk diventa standard nel momento in cui lo si appoggia ad altre espressioni culturali. Lo stesso Sterling oltre ai soliti Dick, Ballard, Pynchon, cita, come abbiamo visto nell'introduzione il situazionista Guy Debord.

L'impatto ideologico non passa però per queste strade, passa attraverso canali inusuali per una letteratura dichiarata di genere, utilizzando formule e contenuti di tutt'altro spessore.

Isole nella Rete costituisce un perfetto esempio di ideologizzazione contenutistica.

Il titolo (di sapore vagamente hemingwayano, ma letteralmente tradotto dall'inglese) è di per sé l'epitome dell'intero movimento cyber. Cosa sono le isole e innanzi tutto, cos'è la Rete. Facciamocelo dire da Laura Webster, la protagonista del romanzo: … la Rete era diventata sempre più estesa e compatta, grazie ai computer. I computer collegavano le altre macchine, le fondevano assieme. Televisione - telefono - fax - registratore a cassette - VCR - Laser disc - Torre di trasmissione collegata a riflettore parabolico di microonde collegato al satellite - linea telefonica - TV via cavo, fili a fibre ottiche che emettono sibilando parole e immagini in torrenti di pura luce. Tutto collegato in una ragnatela che copre il mondo, un sistema nervosi globale, una piovra di dati….

Ma veniamo alla storia vera e propria: l'ambiente è quello già sviscerato (attenzione, sviscerato da chi, come il pubblico italiano, si trova a leggere Isole nella Rete nel 1994, in realtà il romanzo è del 1988) delle multinazionali e la Rete, come Laura Webster ha detto, è il vero e proprio perno dell' economia globale, un complesso sistema telematico che gestisce tutte le informazioni. In questo mondo così apparentemente tranquillo e lineare s'innesca la bomba dei covi-dati: banche d'informazioni pirate che svolgono il vero e proprio compito di disturbo e stravolgimento nei confronti del sistema telematico internazionale. Nel bel mezzo di un convegno organizzato da una grande multinazionale nel tentativo di placcare gli elementi sovversivi, e stabilire nello stesso tempo una sorta di armistizio politico, un attacco terroristico semina il panico uccidendo un rappresentante di un covo-pirata mettendo così in discussione l'intero equilibrio mondiale.

Sarà Laura Webster, dopo incredibili peripezie, a trovare il bandolo della matassa e a scoprire i responsabili dell'atto terroristico.

Isole nella Rete è un romanzo profondamente politico e, al di là delle etichette letterarie, un perfetto esempio di passaggio generazionale e paradossalmente, di continuità ideologica. "Se è facilmente intuibile il connotato generazionale (dove per generazionale s'intende l'evoluzione inevitabile dei costumi e dell'intero assetto socio-politico), meno è quello ideologico, anche se la difficoltà di recepire messaggi, per chi scrive, è solo un atto di malafede.

"Il potere sta dov'è l'azione" dice saggiamente, in un passo del romanzo, la madre di Laura. E la figlia risponde "l'azione è dappertutto adesso" riferendosi ovviamente al ruolo dominante della Rete, non rendendosi conto che il principio di ogni rivoluzione è proprio quello. E infatti Isole nella Rete parla di mercato mondiale, di imperialismo, e senza troppe metafore, di lotta di classe. Cos'è se non lotta di classe il tentativo di alcune frange estremiste di evitare la pianificazione capitalistica della Rete?

L'impatto ideologico è ancora più evidente quando si scopre che il teatro dell'intreccio (o meglio, le basi territoriali dei covi-dati) sono tre continenti: l' America, più precisamente i Caraibi, l'Asia e l'Africa. Cioè in quei luoghi dove l'imperialismo degli USA ha sempre giocato, La Rete con la sua organizzazione ha inglobato a sè anche regimi diametralmente opposti (e qui la visione di Sterling è profetica, perchè nel 1988 il muro di Berlino non è caduto, ma nel romanzo non c'è traccia della vetusta contrapposizione ideologica tra capitalismo e socialismo reale) proponendo uno schema di imperialismo ludico (dove il lavoro e quindi il profitto è sostituito dallo spettro umiliante della produzione forzata con una serie di passatempi giocosi e dove alla molla dell'ambizione si contrappone una rete di rapporti sociali rafforzata da una micidiale struttura di potere), non più legato ad un territorio o ad uno stato, ma diffuso su scala planetaria. Dove non c'è spazio per le iniziative personali o limitatamente geografiche.

… Grenada aveva un'economia chiusa, a libera circolazione: ognuno sull'isola aveva una carta di credito personale, rilasciata dalla banca. Questa politica teneva quella "malefica valuta mondiale" l'ecu, fuori dalla circolazione locale. E ciò troncava i tentacoli striscianti "dell'imperialismo finanziano e centrale" della Rete.

A tutto questo (cioè alla possibilità di non lasciarsi fagocitare da un sistema) Sterling sembra addirittura offrire una via d'uscita, abbandonare il concetto di stanzialità, sottintendendo così anche il rifiuto della proprietà privata, per una sorta di futuribile nomadismo.

I tuareg del deserto, altro elemento "turbante" del romanzo conducono la loro lotta contro le multinazionali adottando una condotta basata sullo spostamento continuo, ma anche sul ristabilimento dell'ordine sociale fondato sulla tribù.

Qui rientra il concetto debordiano di deriva. Dove l'essenza è, come diceva Sterling nell' introduzione, una strana (perché poi?) idea di libertà finale, un affrancamento dal potere, il nomadismo appunto. Che passa anche attraverso l'uso della rete informatica.

Isole nella Rete è anche un thriller. E la spiegazione finale, che aprirà definitivamente gli occhi a Laura Webster, noi italiani la conosciamo bene: "Vienna (1) esiste per mantenere l'ordine contro il terrorismo e ha continuato a leccare i piedi ai terroristi per anni".

Touché, mister Sterling. Touché. E complimenti vivissimi ... davvero.


(1) Vienna è la sede politico-amministrativa della Rete (nda).






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