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Successi paranormali


di Renato Franco


Il commissario fantasma, il vicequestore che parla con la moglie morta, l'avvocata che ha notizie della sorella scomparsa attraverso i sogni premonitori. È la fiction del paranormale che di questi tempi, in Rai, sembra essere diventata una tendenza di successo.

Lino Guanciale è l'attore apparente del momento, l'eroe invisibile che agisce a insaputa degli altri, il suo corpo è lo spirito che aleggia in La porta rossa, il nuovo caso televisivo di Rai2 (in onda ogni mercoledì) grazie ad ascolti paranormali: oltre 3 milioni di spettatori, per la rete una miniera di share (13%). Il commissario Leonardo Cagliostro (cognome esoterico non per caso) deve indagare sul caso più complicato della sua carriera: il suo stesso omicidio. Perché una volta colpito a morte, anziché attraversare la porta rossa dell'aldilà, sceglie di rimanere nel mondo terreno diventando un fantasma per scoprire il suo assassino e salvare anche sua moglie Anna (Gabriella Pession).

«Il segreto del successo - prova a spiegare il 38enne Lino Guanciale - credo che sia nella riuscita commistione di generi. Un melange tra il fantasy - la fascinazione per il soprannaturale - e una trama gialla a tinte noir avvincente, con la sua "struttura a esclusione" dei colpevoli. Un tessuto a cui si aggiunge una linea sentimentale forte». Il suo personaggio è tutt'altro che impalpabile: «Cagliostro non è un morto, è un escluso: è questa la sua tragedia. È una specie di Marlowe scorbutico, respingente, ma talentuoso, non fa nulla per risultare affascinante, ma diventa seducente malgrado se stesso. È facile volergli bene perché ha perso tutto, è nell'abisso e deve risalire senza nemmeno poter usare la mani. Alla fine è un antipatico che ti conquista.

Senza contare che ognuno di noi nella vita fantastica di avere una seconda possibilità».

Guanciale ha studiato film e libri per prepararsi: «Il modello è Il sesto senso di Shyamalan, ma mi sono rivisto anche tutta la serie della Bbc River con Stellan Skarsgård. Mi sono riletto molti passi di Thomas Mann, maestro nel descrivere la relazione con l'aldilà, con le forze che esulano dalla razionalità. E ho ripreso Dostoevskij, da Delitto e castigo ai Fratelli Karamazov: il mio Cagliostro è un parente stretto di Ivan che impazzisce quando non sa darsi una spiegazione logica del mondo».

Anche Rocco Schiavone, altro recentissimo successo di Rai2, non disdegnava le incursioni nei fenomeni anomali. Il protagonista Marco Giallini tutte le sere si faceva una chiacchierata con la moglie ormai morta, ma lui la «vedeva» e immaginava di continuare a vivere e confrontarsi con lei.

Cambio di canale (ora siamo su Rai1), cambio di giorno (il giovedì), ma l'atmosfera dell'inspiegabile circola anche in Sorelle. Anche in questo caso una produzione di Rai Fiction, in onda ogni giovedì: la prima puntata ha sfiorato i 6 milioni di spettatori con il 23,5% di share. A fare da sfondo alla storia è Matera e la forza magnetica e forse magica dei suoi Sassi. Due sorelle che hanno solo la madre in comune (Loretta Goggi, qui ex figlia dei fiori e femminista) hanno tra dì loro un rapporto che oscilla tra conflittualità e intesa. Sono una l'opposta dell'altra: Chiara (Anna Valle) è razionale e molto responsabile; Elena (Ana Caterina Morariu) l'opposto: estrosa e passionale, al limite dell'incoscienza. È lei, con la sua misteriosa sparizione, a far scoppiare la miccia della storia che mescola realtà, sogni profetici, ricostruzioni immaginate.

Spiega la regista Cinzia Th Torrini: «Era una scommessa complicata far convivere flashback, sogni, premonizioni, segnali in una storia dove anche l'architettura è sostanziale: Matera, con la durezza del suo paesaggio, rimanda alle atmosfere di Twin Peaks. È un racconto che esce dai soliti canoni perché combina più generi cinematografici tra diversi livelli temporali e narrativi concatenati l'uno con l'altro. Ormai mescolare più tonalità è sempre più importante soprattutto per una tv generalista che cerca di raggiungere un pubblico diversificato. Sorelle è difficile da etichettare, potrebbe sembrare un giallo, oppure un mistery con momenti di paranormale, ma tutto è impastato con il melò con un forte tirante emozionale e di introspezione psicologica».

Proprio quest'ultimo aspetto è quello che le interessa di più: «Come regista mi piace entrare nelle psicologie delle persone. Cerco di fare quello che nella vita non riusciamo a fare fino in fondo. Con una fiction cerco di stimolare due reazioni: l'identificazione con un personaggio oppure la scoperta di un punto di vista diverso che possa essere spunto di riflessione».






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