L'alba di Arcadia
di Emanuele Delmiglio, "Pandora" n. 32, ed. Solfanelli, 2014, 18,00 €, 256 pagg.
Fantascienza, nella quale si immagina che delle persone molto potenti varino un progetto mirante a… ridurre l’umanità ad un numero tollerabile, per poi poter instaurare una sorta di utopia nella quale, questi pochi, potessero avere una vita ad altissima qualità.
Ciò si esplica, nella trama, in un’impresa che, segretamente, non essendo legale, assicura una sorta di vita oltre la morte. Collegando il sistema nervoso del soggetto, appena dopo la morte, ad un mondo virtuale nel quale poi potrà vivere il migliore dei propri sogni.
O, almeno, così afferma.
Il protagonista sarà il padre di un figlio morto per un tumore al cervello, che, spinto dal desiderio della moglie di saperlo almeno in una qualche maniera ancora vivo, contattato da quell’impresa, farà appunto continuare a vivere quel figlio in quel mondo virtuale.
Che si insospettirà però a riguardo di che cosa in realtà si celi, dietro a ciò; un nuovo prodotto che ricorda inquietantemente un progetto del figlio, una canzone in vetta alle hit parade che ha sentito quando era andato a visita il figlio in quel mondo (si, ci si poteva collegare, ed interagirvi), dapprincipio.
E poi, il sospetto diventa concretissima certezza, ma si rende conto di aver di fronte persone molto potenti.
Sarà con l’aiuto di un poliziotto, dei genitori della ragazza che suo figlio aveva amato, che si era suicidata, e di uno dei primi programmatori che avevano ideato quel Mondo (Arcadia), che riuscirà nonostante tutto a smascherare e smantellare quel delirante progetto.
Bisogna innanzitutto dire che, il tutto, è molto dickiano; cos’è, la Realtà?, si domandano spesso i protagonisti, siamo sicuri che anche quella che diciamo tale lo sia, e non sia, invece, una qualche sorta di simulazione anch’essa?
E quel posto dove stanno quei "quasi morti", dove (ubik), è?
Il finale, poi, che dopo che si era detto che tutto sembrava essere tornato alla normalità, vede il protagonista a cui viene data una pastiglia con impresso il simbolo di quell’impresa: "Ma non la riconobbe" (pag. 243), lo è moltissimo.
I potenti, e gli umili, che devo affrontare un compito che sembra essere assolutamente al si sopra delle proprie possibilità.
E, poi, il romanzo è scritto in una buona prosa, abbastanza lenta, non molto descrittiva ma che comunque riesce ad intrigare il lettore piuttosto bene.
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