di Paolo Mereghetti

Come La bella e la bestia ma piacevolmente pop, infarcita di citazioni cinefile e vivificata da un sorprendente soffio romantico (non sprovvisto di un po’ di sano erotismo).

Conosciuto fino a ieri come maestro dell'horror, Guillermo del Toro conquista tutti con The Shape of Water (La forma dell'acqua), una favola dai tori pastello dove l'amore per gli ultimi - la protagonista è Elisa, una donna delle pulizie muta e sola, magistralmente interpretata da Sally Hawkins - diventa elogio della marginalità. Naturalmente il regista, che ha sceneggiato un suo soggetto insieme a Vanessa Taylor, non rinuncia a qualche spruzzo di sangue ma lo usa in funzione ironicamente antirealistica, come per sottolineare il tono ludico di tutta l'operazione. E la «mostruosità» che spesso contraddistingueva i personaggi dei suoi film precedenti, qui diventa positiva qualità morale, a vantaggio di chi non accetta le regole di efficienza o di egoismo che sembrano imperare. Così l'amore che si accende tra l'addetta alle pulizie di un laboratorio segreto del governo - siamo nei Sessanta, in piena Guerra fredda - e il misterioso uomo anfibio che è stato catturato e trasportato lì, finisce per riverberarsi anche sulle vite del frustrato illustratore che abita di fianco alla protagonista (Richard Jenkins), su quella della sarcastica collega di colore (Octavia Spencer) e persino sulla repressa spia sovietica (Michael Stuhlbarg) che diventerà inaspettato complice di Elisa. Nella parte del cattivo un funzionario arrivista e vendicativo (Michael Shannon) che evidentemente non frequenta i cinema, altrimenti avrebbe capito che le tante citazioni che del Toro dissemina nel suo film gli dicevano che la sua arroganza l'avrebbe portato su una brutta strada.

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