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Peter Fonda, rabdomante dello spazio


di Giovanna Grassi


Nello scenario da fanta-sociologia del Centro Spaziale del Fucino, tra gigantesche antenne paraboliche, trasmettitori e riceventi da "odissea nello spazio" la troupe del film «Sound» si aggira con curiosità. Le tre protagoniste in minigonna, la delicata Elena Sofia Ricci, la spagnola Ana Obregon, la curvilinea Daniela Poggi, appaiono simili a creature "aliene" in quell’universo di macchine e apparati scientifici e Peter Fonda, con la sua immagine da allampanato, eterno ragazzo di 48 anni, sembra l’avventuriero di "Guerre stellari".

Il film in due parti, diretto da Biagio Proietti e realizzato da Raidue e dalla Rpa di Filiberto Baldini, è in piena lavorazione e, infatti, gli attori concedono pochi minuti: li attendono due ore di trucco e sia le tre donne sia Peter Fonda dovranno essere invecchiati di trenta anni dall’abile tecnico Giancarlo Del Procco che, armato di gomma, parrucche brizzolate, denti finti, osserva preoccupato l’orologio.

Nella grande sala delle riunioni del centro Telespazio, tra le risposte dei protagonisti e le precisazioni dei produttori, prende corpo una storia che conferma come il cinema italiano, con film ancora inediti come "Aquarium" di Faliero Rosati e «Luci lontane» di Aurelio Chiesa, si stia interessando sempre più al senso del mistero che ci circonda senza però attingere, come la produzione americana, a una overdose di effetti speciali, ma immergendo le sue storie in un umanesimo attento ai valori della società, del cosmo e della natura.

Nella immensa sala delle riunioni del centro Telespazio, intorno a un tavolo circolare, con le vetrate delle pareti aperte sul Gran Sasso e sulla natura quasi desertica di un angolo dell'Abruzzo, Biagio Proietti racconta il film che ha scritto con Diana Crispo. Peter Fonda, molto attento, lo ascolta e si fa tradurre ogni parola.

"Sound" – dice Proietti – è la storia di un tecnico, Roberto, che ha studiato in America e che lavora da alcuni anni a Telespazio.

La vicenda prende l'avvio nel 1982, durante i campionati mondiali di calcio, e si conclude nel 2015 quando Roberto, ormai vecchio e ritiratosi definitivamente su un altopiano, si dileguerà inseguendo l'impossibile incontro ravvicinato che ha mutato tutta la sua esistenza e che condizionerà anche il futuro dì qualcuno a lui molto caro".

- Che cosa cerca esattamente Roberto inseguendo le vibrazioni e le dissonanze del "messaggio" dallo spazio?

"L'uomo è sempre stato assorbito in modo totale dal proprio lavoro e ha trascurato la moglie, i figli, la famiglia per il suo attaccamento alle proprie ricerche. Sarà proprio il sibilo che egli capta durante una notte a dare un senso a tutti i suoi anni di studio, ma quel suono che vibra a una velocità non conosciuta sulla Terra lo proietterà anche avanti nel tempo facendolo invecchiare e lasciandolo inconsapevole degli incontri, delle passioni, delle illusioni e delusioni consumate negli anni dei periodi intermedi rubatogli dal suono".

- Quali personaggi interpretano le tre donne che circondano Roberto?

«Ana Obregon è la moglie, una donna che non sopporterà l'angoscia dell'esperienza impostale dal marito e che si ucciderà.

Elena Sofia Ricci è la giovane che potrebbe offrirgli un nuovo futuro, l'illusione di un passato vergine. Daniela Poggi è una donna amata da Roberto per due anni e poi dimenticata in un salto temporale impostogli dal sibilo: in una notte di ritrovata passione, l'uomo non riconoscerà la compagna e per la donna il mistero di quell'individuo, che ormai vive in una dimensione sopra le righe, sarà una ennesima fonte di paura, di consapevolezza della relatività dei legami tra gli esseri umani".

- Perché ha scelto Peter Fonda come interprete del suo «rabdomante» di suoni dallo spazio?

«L'attore americano con la sua immagine legata a un film come "Easy Rider", sintomo di un cambiamento, di una svolta nel cinema americano, mi è parso subito l'interprete ideale per "Sound". Con la sua sola presenza, Peter mi sembra possa esprimere il senso della libertà, della speranza e anche della disperazione che tessono la nostra avventura terrena e che simboleggiano la nostra dispersione nel mondo della tecnica creato dalla stessa umanità».






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