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Intrighi stellari


di Paolo Mereghetti


Luke Skywalker è tornato in forze. E con lui la principessa Leia Organa, non si capisce bene se per merito della tecnologia digitale o perché Carrie Fisher avesse terminato le riprese prima della sua scomparsa. Sono loro le pietre di volta di questo ottavo episodio - Star Wars - Gli ultimi jedi - perché la sceneggiatura del regista Rian Johnson li sceglie per passare il testimone ai nuovi «eroi», l'ex raccoglitrice di ferraglie Rey (Daisy Ridley) e il pilota di caccia Poe Dameron (Oscar Isaac). Oltre naturalmente al «cattivo» Kylo Ren (Adam Driver), che avevamo lasciato malconcio ma non annientato nel precedente Il risveglio della Forza, e l'ex assaltatore FN-2187 ormai ribattezzato Finn (John Boyega) e annoverato a pieno titolo nell'esercito dei «buoni». Forse un po’ troppo numerosi, e infatti Gli ultimi jedi è come scisso lungo due storie parallele, che poi era anche il lascito del film di J.J. Abrams (e della sua sceneggiatura con Lawrence Kasdan e Michael Arndt).

Così, facendo di necessità virtù, il film segue da una parte l'incontro/scontro, sull'isola in cui si era nascosto, tra Luke e Rey, decisa a capire non solo se quello che sente dentro di sé sia la prova del suo legame con la Forza ma anche a scoprire le ragioni della fuga dal mondo dell'ultimo jedi, l'unico che sembrerebbe in grado di risollevare i destini della Resistenza sempre più schiacciata dalle forze del Primo Ordine. Un dialogo non troppo amichevole, dove naturalmente entra come coprotagonista anche Kylo Ren, allievo di Skywalker in passato e qui contraltare di Rey, con cui entra in un sempre più intenso contatto a distanza.

Dall'altra parte c'è il disperato tentativo dei ribelli della Resistenza di sottrarsi alla caccia spietata del generale Hux (Domhnall Gleeson) e del suo esercito, costantemente in superiorità di forze e di strategie.

È in questo filone parallelo che si muovo Poe, testa calda non troppo rispettoso delle gerarchie (prima dell'ammiraglio Leia Organa poi del viceammiraglio Amilyn Hondo, interpretato da Laura Dem), e soprattutto Finn, pronto a tentare un'impresa ai limiti dell'impossibile in compagnia dì un volto nuovo della saga, l'intraprendente Rose (Kelly Marie Tran).

Questa seconda linea narrativa è quella più leggera e avventurosa, con i tradizionali capovolgimenti di fronte che sembrano mettere i due sempre sul punto di soccombere e che sostengono, insieme ai colpi di testa di Poe, la speranza, di resistere allo strapotere militare del Primo Ordine.

Qualche volta citando fin troppo esplicitamente il primo film della serie, come nella visita a una specie di Las Vegas galattica che dovrebbe (invano) ritrovare le invenzioni del «porto delle nebbie» dove avevamo fatto la conoscenza di Han Solo nel lontano 1977; altre volte affidandosi a più originali invenzioni visive, pensate con un occhio al marketing (come gli strani animali che ogni tanto riempiono lo schermo e che saranno perfetti per il merchandising), ma anche con belle intuizioni cinematografiche, come l'idea del deserto di sale che nell'ultima battaglia lascia sorprendenti scie di rosso porporino. Senza dimenticare qualche prevedibile gag (quando Luke Skywalker sembra volersi scrollare con noncuranza dalla spalla un'apocalittica gragnuola di proiettili, a cui naturalmente è sopravvissuto indenne) che serve per allentare la tensione.

Quasi due film, dunque, indispensabili per far continuare una storia complessa che dovrebbe arrivare al suo epilogo tra due anni, al nono episodio della saga (anche se la Disney ha minacciato di non volersi fermare ai film immaginati quarant'anni fa da George Lucas) e che assolvono lo scopo per cui sono stati prodotti e intrecciati, cioè soddisfare ogni possibile tipo di pubblico. Personalmente rimpiango l'idea di non aver più affidato la regia ad Abrams (qui presente come produttore esecutivo) e di aver scelto due stili fin troppo diversi per i due rami della storia, ma è indubbio che il film nonostante la sua lunghezza monstre (152', il più lungo finora di tutta la saga) sappia tenere lo spettatore attaccato alla poltrona. E soprattutto gli faccia iniziare a contare quanto tempo dovrà aspettare per la prossima (definitiva?) puntata.






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