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L'occhio dell'Ayatollah


di Ian Watson


Tre anni prima, Alì aveva perso l'occhio destro e parte del volto durante una delle battaglie contro l'Iraq. Quale battaglia? Dove? Non lo sapeva.

Sua madre, vestita d'un mantello e velata, con gioia lo aveva visto partire per il paradiso, sul retro di un camion fumoso, stipato tra reclute delle guardie rivoluzionarie che avevano tutte all'incirca la sua stessa età, sedici anni.

Sangue, stillato da un dito materno gli adornava la fronte; la donna si era fatta un profondo taglio con un coltello da cucina.

Che aspetto aveva sua madre? Occhi a mandorla, naso largo, guance lattee, labbra generose. L'unica volta che Alì vide di più del suo corpo fu, brevemente, quando nacque, incidenze questo che non comprese allora, né riuscì a ricordare in seguito.

Il sangue di lei sulla sua fronte era un gesto rituale.

Il camion viaggiò tutto il giorno e tutta la notte attraverso la polvere, infine si diresse verso i colpi sordi e le esplosioni dell'artiglieria pesante. Le reclute salmodiarono e cantarono finché divennero rauche, e pregarono per la morte, porta del paradiso.

Giunti ad un paesaggio lunare di rovine, nascosto dal fumo, Alì e i suoi compagni vennero equipaggiati con bombe a mano e mandati allo scoperto attraverso un campo minato, in direzione del tuono. Più avanti, fiumi di pietre sembravano precipitare dal cielo, come se si fosse avvicinato al battito del cuore di Dio il misericordioso, il compassionevole.

La mina che fece saltare in aria il suo compagno, braccia e gambe che volavano separatamente verso il cielo, dilaniò un lato del viso di Alì.

Le settimane successive furono nebulose per lui. Si sentiva galleggiare in una cortina di tuono, nera e muta, occasionalmente attraversata da rossi lampi di dolore. Infine l'ospedale affollato lo rilasciò, dal momento che poteva camminare e il suo materasso era necessario ad altri, e la madre velata lo riaccolse in casa come un mezzo martire. I vicini ammirarono le cicatrici di Alì e ciò che rimaneva della sua orbita vuota.

Poi la guerra finì con un nulla di fatto. Alì visitò spesso la Fontana del Sangue, giù in città, per godere della visione dei pennacchi d'acqua colar rosso che schizzavano come da arterie recise. Parte di una moltitudine composta da mezzo milione di fedeli, egli inneggiò alla morte dell'Autore satanico, l'apostata blasfemo che si nascondeva in Occidente, terra del Demonio.

Ma non fu l'Autore satanico a morire; fu l'Ayatollah, padre della Verità, prediletto da Dio il misericordioso, il compassionevole.

L'angoscia tormentò Alì, l'angoscia straziò' un milione di cuori, cinque milioni. Alì, diretto verso l'interno del cimitero di Beshte Zahar, si rintanò come una talpa nel denso agglomerato di una delle più immense folle della storia, milioni di sassolini di carne cementati dalla sabbia di un dolore rabbioso, non cementati, piuttosto ondeggianti, nell'atto di condensarsi come la zavorra e il cemento e il liquido, in un gigantesco miscelatore di calcestruzzo.

Indebolite, urlanti, protese in avanti, pronte a ghermire, pazze di un amaro dolore: un milione di locuste e solo un petalo a nutrirle - la bara, in procinto di arrivare.

Egli si fece largo nell'edificio interno, costituito da containers da carico. Migliaia di individui in lutto si percuotevano la testa con il pugno, all'unisono. Mistici raccoglievano ciotole di terra dal fondo della cripta e le passavano all'esterno, perchè la folla mangiasse il prezioso terreno.

Un elicottero atterrò. Qualche momento dopo un tumulto di giovani riuscì a trascinare il corpo avvolto nel sudario fuori dalla bara. Mani ignote fecero a pezzi il lenzuolo funebre, ogni frammento una preziosa reliquia.

"Ya Alì. ya Hussein" gridarono diecimila voci. Le sottili gambe bianche del santo uomo sporsero in alto come stecchi nudi, non appena il cadavere scivolò fuori.

Alì, ansioso di toccarlo, si trovava in prima fila, ma la sua vista difettosa lo ingannò. Quando si fece strada all'indietro attraverso la marea di corpi, rimase stupito da ciò che stringeva nella mano destra, qualcosa che sembrava una viscida pallina da ping pong. Ansando, si fermò abbastanza a lungo da dare un'occhiata. Nell'incavo del suo palmo, un vitreo occhio umano, con una appendice di nervo ottico: una specie di gonfio girino oculare.

Era avvenuto un miracolo? Un frammento di sudario si era forse tramutato nell'occhio perduto di Alì ora restituitagli? Non era stato lui stesso chiamato Alì in onore del martire che aveva fondato proprio la scuola dell'Islam?

Alla fine la sua mente comprese ciò che le sue dita e le sue unghie avevano fatto: lui, Alì, l'uomo dal mezzo volto, aveva strappato uno degli occhi dell'Ayatollah.

Alle sue spalle riecheggiarono .degli spari. L'elicottero atterrò di nuovo... Più tardi Alì venne a sapere di come alla fine il cadavere fosse entrato nella fossa, per essere ricoperto da pietre del lastricato passate di mano in mano, e di come una dozzina dei containers da carico fosse stata accatastata sul sepolcro. Nessuno avrebbe potuto o voluto dire in che stato fosse ridotto il corpo alla fine.

L'occhio venne sistemato su una mensola a fianco del letto di Alì, lo sguardo fisso su di lui senza interruzione (e come poteva essere altrimenti, dal momento che l'occhio era privo di palpebra?). Quello sguardo sembrava seguirlo in qualunque punto della piccola stanza, con la pupilla ruotata fino allo strabismo per cercarlo.

Alì pregava. Pensò di far uso di conservanti; ma si chiedeva quale fosse la cosa migliore da fare. Poteva veramente immergere quel santo occhio nell'alcool, anche se di uso medicinale? Così si recò in una farmacia per chiedere consiglio su come conservare - così disse - una rana morta, e ritornò con un barattolo di formalina. Una volta affogato in quella soluzione di formaldeide, il bulbo oculare nuotava con decisione da una parte all'altra del contenitore per tenerlo d'occhio. Tenere d'occhio lui, l'insignificante Alì dal mezzo volto? Oh no. Stava all'erta, semplicemente, aspettando, guardando all'esterno.

Alì pregò: Alì sognò. Ed ebbe una visione. Il santo uomo era stato un falco, ma cosa cercava il suo occhio di rapace?

Ebbene, esso sorvegliava la terra intera, cercando il luogo in cui si era nascosto l'Autore satanico.

Gli eventi si svolsero secondo la volontà divina. I segni degli uomini vennero davvero turbati in quei giorni a Teheran.

Gli angeli condussero Alì nell'ufficio del dottor Omar Hafiz, decano del programma missilistico nazionale, che per parte sua aveva originariamente sognate di far esplodere un ordigno nucleare su Tel Aviv, e liberare così i Palestinesi. Quegli uccelli esplosivi lanciati su Baghdad erano stati solo une spettacolo di secondaria importanza: purtroppo, la mancanza di una testata esplosiva aveva fatto deragliare il progetto. Come mossa successiva, il dottor Hafiz sognava un satellite da ricognizione per controllare gli spostamenti delle armate irachene, ma nel frattempo si era giunti alla pace. Più tardi, Hafiz pensò di usare il razzo prototipo per mettere in orbita un satellite da telecomunicazioni che sorvolasse l'intera superficie della terra: la "Voce di Dio", che avrebbe dovuto radiotrasmettere la verità ...

Poi un angelo visitò anche il dottor Hafiz.

“Noi possiamo far volare il tuo falco," rassicurò Alì, "Il gelo dello spazio preserverà l'occhio dalla corruzione. Esso guarderà in basse, verso l'Europa, l'America, l'Africa. L'Autore satanico può essersi nascosto deve vuole, può aver anche subito interventi di chirurgia plastica, ma l'occhio lo troverà ovunque. Con la sua percezione miracolosa lo riconoscerà. È lui quello che cercherà, anche se ci volessero cinquant'anni per trovarlo."

"Ed io, il mezzovolto," disse Alì "dovrò essere a portata di mano quando il >nostro falco identificherà la sua preda, non è vero? Perché l'occhio è stato affidato alla mia mano, non è così?"


Gli eventi si dispiegarono come la rosa fragrante dal germoglio.

I chirurghi rinnovarono il volto di Alì, ricostruirono la sua orbita e gli diedero un occhio di vetro. Dei maestri gli insegnarono l'inglese e il francese, fino a che non li parlò fluentemente. I reparti d'assalto provvidero a quell'addestramento alle armi che gli era stato crudelmente negato in tempo di guerra. Un passaporto contraffatto lo identificò come australiano naturalizzato.

Inaspettatamente la sua patria lanciò il primo satellite terrestre, chiamato l'"Occhio dell'Ayatollah", e annunciò al mondo (e all'Autore satanico, ovunque si trovasse) che la capsula orbitante conteneva esattamente quello.

Gli ottenebrati infedeli all'esterno del sacro rifugio dell'Islam risero. Le anime corrotte al suo interno lanciarono sguardi preoccupati al cielo notturno. Nessuno, eccetto la gerarchia più alta, conobbe l'intera verità riguardo ad Alì.

Quando Alì chiudeva il suo occhio sinistro, vedeva attraverso l'occhio artificiale, dallo spazio, i paesi della terra, giù in basso. Questo perchè il suo occhio di vetro era più che un ornamento: attraverso di esso, miracolosamente, il giovane poteva vedere tutto ciò che vedeva la reliquia del santo uomo tramite le lenti zoom del satellite, così come era stato promesso in sogno al dottor Hafiz durante la sua visione.

Nel freddo vuoto, al di sopra dello strato più esterno dell'atmosfera, l'"Occhio dell'Ayatollah" orbitò per un anno, due anni, cinque anni…

Travestito da autentico immigrante australiano in vacanza, Alì vagabondò per il mondo più frugalmente che potè, finanziato da una carta d'oro dell'American Express universalmente accettata, nonostante si rammaricasse ancora di quell'espediente. L'occhio orbitante sembrò pulsare mentre sorvolava il Pakistan, e lì giunse Alì:' un brillamento solare doveva esserne stato responsabile.

Di nuovo, sopra il Nicaragua, ebbe un tremito, per cui Alì si recò in quella terra lacerata dai conflitti. Forse un raggio cosmico aveva colpito l'occhio. Egli si ritrovò in Svezia, in Irlanda, in America, Inghilterra, Francia. Sempre restando all'erta.

Dal suo nascondiglio l'Autore satanico pubblicò un altro libro, raddoppiando il fervore di Alì.

Sette anni passarono. L'occhio scandagliava, Alì restava in guardia.


Alla fine, dopo lungo tempo, l'occhio fremette. Stava osservando un'isola a sud-ovest della costa scozzese, l'atollo sottile che si annidava all'interno della baia dell'isola maggiore, come un balenottero appena nato accanto alla madre, il suo Leviatano.

L'occhio passò oltre, ma non prima di avere impresso vividamente tutto ciò nella mente di Alì.

Il giovane volò a Londra, ricevette una pistola ed alcune granate da una certa ambasciata, poi prese un treno per Glasgow. Sarebbe stato necessario attendere lì per qualche settimana finchè il satellite, opportunamente deviato, non fosse passato di nuovo sullo stesso punto della Scozia.

Comprando mappe e guide, egli venne presto a sapere che il nome dell'isola madre era Arran, e quello della minore Isola Sacra, denominazione che gli fece stringere i denti per la rabbia.

Quando venne il momento, Alì prese un autobus per la costa, poi un traghetto per Arran. Dopo aver affittato una modesta automobile, egli riconobbe quell'isola sovrastata da picchi e dirupi di granito, con gole ricoperte da felci e torrenti vivaci che si gettavano tra grandi massi, colline moreniche, scure conifere e selvaggi cervi rossi, lasciando improvvisamente spazio, a sud, ad alture ondulate rigogliose di eriche, quieti pascoli e spiagge sabbiose ombreggiate da sporadiche palme.

Alì alloggiò in una pensione nella piccola cittadina costiera di Lamlash, di fronte all'Isola Sacra. Aveva comprato un martello e si faceva passare per un entusiastico geologo dilettante, per non parlare del binocolo, che lo rendeva un appassionato bird-watcher.

Come dominava la spiaggia, quell'isoletta! Con la sua estensione di due miglia di colli frastagliati e scabro granito dava rifugio alle minute pecore Soay dalle lunghe zampe, all'irsuto bestiame delle Highlands, e a uccelli, uccelli.

L'Isola Sacra era una riserva naturale, un centro di studi sul campo. Dalla punta più meridionale un faro splendeva verso il Firth of Clyde.

Isola sconsacrata, pensò Alì.


La tradizione voleva che un santo cristiano chiamato Molaise vivesse sull'isola al tempo del profeta Maometto, sia benedetto il suo nome. La cella del santo poteva ancora essere visitata: i Vichinghi l'avevano deturpata con iscrizioni runiche.

Anche l'Autore di Satana si nascondeva in una specie di cella. Pensava forse di poter passeggiare liberamente per quelle brughiere, tra la capre? Le sbarre della sua cella erano invece gli sguardi di un autentico sant'uomo, il cui organo della vista continuava a vivere.

Ma ora il satellite che conteneva fisicamente quell'organo doveva rientrare nell'atmosfera e paracadutarsi versa il basso, sulla superficie della terra. Proprio in vista di quell'operazione finale era stato realizzato il progetto del dottor Hafiz! Il falco si sarebbe finalmente avventato sulla preda.

Studiando le sue mappe, Alì scelse una gola che conduceva ad una vetta, poi telefonò ad un numero segreto in Australia, per allertare Teheran.

La sera successiva, la parte principale dell'"Occhio dell'Ayatollah" discese ed atterrò morbidamente sulle graziose eriche montane.

Il mattino seguente Alì prese il traghetto per l'Isola Sacra, in compagnia di una mezza dozzina di ornitologi. Il mare era mosso, la brezza pungente, e gli spruzzi inondarono ben presto la lente della scatola decorata contenente l'occhio, che Alì portava intorno al collo come una macchina fotografica placcata d'oro. Già lo strano apparecchio aveva attirato alcuni sguardi incuriositi: Alì era forse uno sceicco petroliere amante degli uccelli che viaggiava in incognito e non poteva rinunciare ad almeno un pizzico di ostentazione?

"Ah," si disse "ma io non sono che il più umile dei servitori!"

Fortunatamente la traversata non coincise con l'ora della preghiera, ma il giovane si accorse che la vista gli si stava annebbiando. Rannicchiatosi dietro un carico, al riparo da sguardi indiscreti, egli aprì la scatola dorata e depose di nuovo il santo occhio sul suo palmo. La soffice sfera sembrava ancora bruciare del gelo dello spazio siderale.

Ispirato, il Mezzo-Volto si sfilò la protesi di vetro dall'orbita ricostruita e la rimpiazzò con l'occhio dell'Ayatollah. La sua vista ondeggiò ed egli vide due scene contemporaneamente: le infernali, aride colline che si avvicinavano, lambite da schizzi di schiuma, e quello che poteva interpretare solo come una visione del paradiso, il declivio di una vallata verdeggiante in cui sgorgavano fontane di latte che si riversavano in torrenti luccicanti di ogni sorta di gioielli. Un paesaggio sovrastato da una danza di scintillanti colori pastello, simili ad aurore o a. diafani, rosati veli verginali, con l'esclusione delle vergini, però. Al di sopra di tutto aleggiava una promessa di estasi immateriale, curiosamente eterea, come se stesse osservando quel luogo da qualche caldo Eden del passato, per cortesia di un angelo.

Quella visione in qualche modo subconscia, sommersa, doveva essere sempre rimasta annidata nel suo sguardo interno, come un centro, un punto focale.

In quel mistico momento gli sembrò di ricordare l'oggetto perduto di tutti i suoi desideri sepolti. Su tutta l'isola crescevano le luci di quella gioiosa creazione, una congiura di maligna bellezza. Il miele scorreva come lava dalla cima di un colle.

Egli chiuse l'occhio che gli era rimasto, e attraverso l'altro, quello santo, vide di nuovo la cruda severità dei rilievi, la loro desolata realtà.

I gabbiani emettevano stridule grida di battaglia, il sole era un'ulcera gonfia di giallo pus e la sua persistente immagine sulla retina una danza di sangue. L'impatto delle onde riecheggiava debolmente quel torrente di massi che aveva sentito precipitare tanto tempo prima, sul campo di battaglia.

"Ebbene, Autore di Satana," si disse Alì sorpreso "tu sei già nell'inferno."

Quando chiuse il santo occhio destro per guardare la scena con quello sinistro, splendettero di nuovo aurore celestiali, frange d'interferenza tra due differenti modalità di visione, che risvegliavano in lui memorie profondamente celate di un tempo in cui aveva percepito il mondo con freschezza e meraviglia, molti anni prima, un tempo in cui era nato e aveva dovuto creare il mondo intorno a sé.

"Nell'inferno, già," aggiunse "a meno che i tuoi occhi non vedano diversamente."

Dopo che fu sceso dal traghetto per arrampicarsi sull'isola, egli vagò con un solo occhio aperto, alternativamente il destro o il sinistro. L'occhio santo tracciava la strada secondo sterili geometrie di roccia, cielo ed erba, mentre l'altro alimentava la predilezione nascente del suo animo per quello scintillio di sottili veli pastello, dietro i quali giaceva invitante bellezza allo stato puro.

Egli si affrettava, esitava, si affrettava di nuovo. Il santo occhio lo condusse per un sentiero sassoso, verso quello che una volta doveva essere stato il cottage di un piccolo possidente ed ora era diventato un'estesa fattoria con vetri a specchio alle finestre, circondata da un alto recinto di filo spinato, destinato probabilmente a trattenere le capre. Gli unici guardiani, in quei giorni, erano i gabbiani.


L'Autore di Satana sedeva alla scrivania, emaciato, quasi totalmente calvo, con un tremito nervoso in un occhio. Ma quando vide l'intruso che gli puntava contro la pistola sorrise, come se lo aspettasse.

"Così è giunto il momento, alla fine."

Quel dannato sorriso, ancora indice di un inattaccato equilibrio mentale!

Alì chiuse il suo santo occhio. Vista attraverso quello sinistro, la testa dell'Autore era sovrastata da un nimbo.

Alì si rivolse all'occhio destro, rafforzando la presa sulla pistola e sondando lo spregevole volto. Un momento dopo aprì anche l'occhio sinistro, ma la sua vista traballò di nuovo vertiginosamente, costringendolo a riabbassare la palpebra.

"Sembri un semaforo umano." Osservò l'Autore, come se scegliesse le ultime parole ironiche per i posteri, adatte a qualche futuro dizionario di citazioni.

La sacra attenzione di Alì venne attirata da un tagliacarte, usato dall'Autore per aprire la voluminosa corrispondenza reindirizzatagli, e tutte le buste piene di cheques che lo pagavano generosamente per la sua blasfemia nella moneta corrente di Satana: dollari, sterline, franchi, marchi.

Ora anche l'occhio sinistro di Alì vide il tagliacarte appuntito: un alone rosato tingeva la lama di sangue diluito. Il manico era di iridescente madreperla. Alì ricordò la/battaglia contro l'Iraq e improvvisamente si sentì ingannato, manovrato. Uno strano desiderio si agitò in lui.

"Qual'è?" chiese come se fosse un indovinello, "Qual'è il mio vero occhio, l'occhio sincero?"

Forse colpito dall'idiosincrasia della natura umana, l'Autore fissò stupefatto quell'uomo che apriva alternativamente prima un occhio poi l'altro, guardandolo biecamente.

Gli stava veramente offrendo una scelta come nelle favole? Una scelta tra la vita e la morte, o solo tra due diversi tipi di morte?

Egli esitò, poi disse a caso: "L'occhio sinistro."

"Un angelo guida le tue parole."

Alì afferrò il tagliacarte, aprì ambedue gli occhi contemporaneamente e puntò la lama d'acciaio verso quello santo.

L'Autore si irrigidì, immaginando di aver scelto la risposta sbagliata - forse non avrebbe mai potuto scegliere correttamente! - ma Alì trafisse l'occhio dell'Ayatollah, lo cavò fuori gocciolante di umori, e piantò il coltello col suo carico gelatinoso giù sulla scrivania.

"Questo," disse Alì "è l'occhio che vede l'inferno."

Il peso di una possessione durata per anni cadde dal cuore di Alì, e, per la prima volta da quando potesse ricordare, le lacrime sgorgarono dal suo occhio sinistro.






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