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Introduzione di Giampiero Prassi a “L'orrida tana”


Con questo "Tintinnante antro di Geordie", (libera traduzione informale) il progetto di proporre narrativa inglese ed americana di autori emergenti o di particolare interesse tocca un culmine notevole e una consacrazione ormai definitiva, grazie alla grande passione e disponibilità di Danilo Santoni ed alla gentilezza incredibile degli autori contattati. Ian Watson è uno dei nomi più brillanti della scena inglese, mi ricordo quanto mi piacque, la sua antologia pubblicata da Urania "Cronomacchina molto lenta", per non parlare delle sue apparizioni più recenti,

Ma del nostro vi parlerà meglio Danilo nell'apposito spazio, io voglio tuttavia aggiunge alcune considerazioni personali:

Per prima cosa il titolo, quando non hai nulla, di meglio in mente tanto vale proporre il titolo integrale, a noi sembra dotato di un suo travolgente fascino.

Certamente questo racconto farà molto discutere, si tratta di una storia sordida, esplicita, a tratti ributtante, ci riferiamo agli eventi di cui si occupa.

Tanto per cominciare è horror puro; io personalmente ho delle riserve sul genere in questione, non tanto per la sua onorata tradizione letteraria; quanto per la sua abietta rappresentazione filmica. Ci saranno dei veri capolavori di film, ma personalmente ritengo che inventare e mostrare le più orribili depravazioni non può non avere un ruolo nella crescente decadenza etica e spirituale, sebbene gli strizzacervelli dicano che hanno un ruolo "catartico".

È altrettanto vero, tuttavia, che non possiamo nasconderci che, nella realtà, ci sono manifestazioni orrende di violenza e depravazione. Così l'artista non può ignorare certe realtà, la denuncia è il primo passo verso la rimozione

In questo senso va letto Jingling Gordie's Hole, Watson incrocia due filoni fondamentali, da un lato c’è la coscienza che certe manifestazioni bestiali non sono estranee alla natura umana, al retaggio ancestrale, Dall'altro, nel caso specifico, c'è la condanna dell'ignoranza in materia sessuale, alimentata da una società chiusa come quella inglese degli anni cinquanta (ma non solo).

Perchè dalla violenza del sistema nasce lo violenza e la depravazione degli individui.

Il tutto è condito da una notevole carica lirica, nelle pause tra un trauma e l'altro il nostro protagonista trova sprazzi di vita normale, di sensazioni accettabili. A tratti sembra di leggere Bradbury.

Mi fermo qui, a voi l'ardua sentenza, a costo di apparire ridicolo consiglio ai lettori impressionabili di prepararsi a passaggi di rara brutalità. Il nostro amico Marco Gordini, invece, protesti pure se a lui sembra che manchi qualche etto di frattaglie. Per me si tratta di un racconto terribile ma magistrale, Lovecraft celava dietro "innominabile" ciò che qui ha la chiarezza e la definizione di un servizio televisivo. A suo modo GRANDE!






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