Recensione di Emiliano Farinella a "Dr. Adder"
Se Cronenberg vi dà la nausea.
Se non avete visto Crash perché era vietato ai minori.
Se credete che Dick fosse un visionario.
Se pensate che in Blade Runner facesse troppo buio ... beh, allora non leggete Dr.Adder!
Altrimenti fate come Limmit: andate alla porta del bagno, entrate e tirate fuori dalla tazza quella testa (o quel che ne rimane) spiaccicata e gocciolante. Guardate nell'acqua rossa galleggiare piccoli frammenti di tessuto cerebrale, come molli cavolfiori rosa, e quell'occhio che vi fissa. Ah cazzo, penserete, accucciandovi sul sedile con i pantaloni tirati giù alle ginocchia. Leggere Dr.Adder ti fa diventare proprio un duro.
Ok, siete pronti per iniziare...
È un gran bel libro che nell'edizione italiana soffre essenzialmente di due pecche: LA copertina è una brutta copia dell'originale, e in quarta di copertina viene spacciato come un "romanzo cardine nell'evoluzione del genere cyberpunk" ... beh, non c'è male per un libro che è stato scritto nel '72... ben prima che Gibson si sognasse ogni rosa olografica e Bruce Bethke stampigliasse "Cyberpunk" in cima ad un suo racconto nell'83, battezzando un genere.
Dr. Adder precorre certe tematiche del genere, ma, d'altronde, altre di fondamentale importanza non le vede proprio ...
In Dr.Adder la problematica dell'informazione esiste in via embrionale ... c'è Droit, uno spacciatore di informazioni, un maniaco collezionista di notizie, un ricettatore di soffiate: c'è KCID (ombrosa proiezione di Dick) che gestisce una emittente radiofonica in valigia che viene ascoltata in tutta Los Angeles, e c'è Melia, una ragazza sordo-cieca capace di connettersi direttamente ai circuiti televisivi e interferire direttamente con i segnali. Questa ragazza pare anticipare con le sue capacità due fattori: la cavalcata nel cyberspazio e il TV hacking che andava fortissimo negli anni '80 in California. L'anticipazione di questo fenomeno è interessante ... fino agli anni '70 non era successo granché su questo fronte, si dovranno attendere almeno una decina d'anni per arrivare al mitico Orson Clarcke che per mesi e mesi si intromise nelle trasmissioni televisive di mezza west coast disturbando le tranquille serate di tanta gente un po’ troppo tranquilla.
Melia anticipa anche lo sforamento di sistemi coperti con una coreografia che diverrà poi tipicamente cyberpunk, più o meno sono descrizioni a cui ora siamo abbastanza abituati, pare quasi che Jeter non abbia buona, dimestichezza col genere perché usa le parole sbagliate al momento sbagliato ... poi facciamo mente locale, e beh, non è malaccio, decisamente non è male! E di questo passo arriviamo dritti dritti al finale che - come talvolta accade - è ambientato in uno scenario apocalittico e un po’ splatter (beh, poteva fare di meglio) ma prima di giungere alla fine vediamo come ci si è arrivati.
La storia prende il via da una fattoria nei pressi di Phoenix. Una fattoria dove si allevano galline giganti, che forniscono equivalentemente uova giganti per la vendita e prestazioni sessuali per i tecnici della fattoria.
Limmit prende il largo e sbarca a Los Angeles: una città ridotta a parco giochi della sua fetta più ricca. Qui regna incontrastato Dr. Adder, un bel personaggio che incarna la veste di scienziato pazzo con molta, molta carica e anche qualche altro ruolo non ben definibile ... Ciò in cui è maestro il nostro dottore è scrutare dentro la gente alla ricerca dei suoi sogni più perversi da trasformare in realtà, appunto per costruire quel parco di divertimenti in cui si è trasformata Los Angeles. Il dr. Adder appare come il realizzatore di una possibile simbiosi tra uomo e artificialità, in una prospettiva visivamente provocante e per il resto decisamente conturbante.
Al dottor Adder si contrappone Mox, un altro brutto tipo ... maniacalmente più puritano e con smanie egemoniche, e repressive, eccessive, decisamente insopportabili.
L'ambientazione per certi versi è alla Blade Runner, nel senso che pare fare molto buio e c'è un bel po’ di spazzatura ovunque (ogni stanza ha i suoi 5 cm di immondizia sul pavimento!). Ma non c'è molto altro in comune. Camminando per l'interfaccia (questa parte di Los Angeles) si incontrano quasi esclusivamente ricchi in gita di piacere, puttane - trasformate da Adder in mostri con mutilazioni, costruzioni artificiali e sfiguramenti vari del corpo - sicari e MoFo (le squadre di bastonatori di Mox). Per il resto state certi di trovare ad ogni angolo di strada un attacco alla rete di TV via cavo e una buona scusa per rimanerci secchi in pochi secondi.
Voi riuscireste a cavarvela in un posto del genere?
Beh, credo proprio di sì!
A leggere tutta questa maledetta fantascienza dice Limmit si arriva a un punto in cui si accetta di tutto ....
Il mondo è ridotto male, ma non è ancora perduto: anche qui c'è spazio per rivoluzionari ed idealisti, persino Limmit tra una scopata e un'altra (ah, non l'ho detto ma qui come in Crash pare che l'autore si sia impegnato per riuscire a far vedere che tutti si fanno tutti!) ci fa un pensierino alla rivoluzione.
Non è un'idealista lui, ma è una scusa come un'altra per morire, per morire sapendo almeno da che parte sta chi ti farà fuori. E soprattutto una buona scusa per legarsi a quella rivoluzionaria che lo insegue per tutto il libro.
Ma alla fine la conclusione di Limmit era prevedibile: "La rivoluzione: che stronzata!"
E già... e così stando splendidamente in tema con le immagini del libro, il mondo continua ad andare tranquillamente a puttane.
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