Recensione di Eleonora del Poggio a "L'ospite"
Bisogna dare a Cesare quel che è di Cesare. Non siamo stati mai teneri con Urania, soprattutto per certe scelte datate degli ultimi anni.
Ora no. Ora il quindicinale mondadoriano offre davvero il meglio della sf contemporanea. E non solo. Basta qualche nome pubblicato recentemente: John Shirley, David Brin, Mike Resnick, Stanislaw Lem e, appunto K.W. Jeter. Di quest'ultimo, in poco più di sei mesi, sono stati pubblicati ben due romanzi: Madlands: terre impossibili (recensione P.d.o. n. 11) e L'Ospite. A ciò s'aggiunga Dr. Adder stampato da pochissimo da Fanucci e presente in questa stessa rubrica.
Dunque un nome da tenere in considerazione?
Direi di sì. La sua frequentazione nei generi è tipicamente americana. Oltre alla fantascienza ha avuto vari agganci col fantastico e con l'horror. E se vogliamo essere pignoli L'Ospite non è proprio un classico sf.
Potremmo inserirlo in un filone meta-horror.
O pseudo-fantastico.
Ma è la connotazione politica chi ci interessa di più in questo romanzo.
La trama: nel corso di alcuni esperimenti sulla telepatia, ai ragazzi del Gruppo Wyle viene somministrata una droga che produce effetti sorprendenti e terribili. Da questa comune esperienza nasce qualcosa, un essere oggettivo che continua a vivere in loro, nonostante gli anni e gli sforzi per cancellarlo.
...È la stessa solfa sull'espansione di coscienza che hanno propinato fin dagli anni Sessanta Leary e tutto il resto di quei venditori di droga. Ora lui è un eminente oratore richiesto nel giro delle conferenze e le strade sono piene di zombie col cervello bruciato che borbottano da soli. Altro che vera illuminazione.
E non è solo questo. Ne L'Ospite è tutta una generazione ad essere contestata. Il comune sentire addotto dalla droga è una metafora sull'inutilità delle ideologie massificanti.
Siamo dunque in un mondo politically correct? È giusto che sia così? Non ci sono più anni formidabili che tengano?
Il romanzo di Jeter non è una spietata messa all'indice. È una pacata riflessione. Di chi probabilmente ha pagato anche di persona.
Il finale è a sorpresa, un po’ sfruttato per la verità, ma pur sempre di qualità.
Tutto questo è sufficiente per fare un buon libro?
Lo comprerei di nuovo?
Dico di sì. E per una volta tanto le domande importanti che possono muovere le montagne le lascio a voi. E mica posso portare tutto il peso su queste gracili spalle!
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