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Benvenuti a casa Graham


di Fabio Ferzetti


Negli Usa è già un fenomeno e anche molti severi critici europei hanno confessato la loro ammirazione. In Italia arriva il 25 luglio ma non se ne andrà tanto in fretta perché il debutto del 31enne Ari Aster è uno di quei film che torna a bussarvi in testa anche diversi giorni dopo la visione. Segno che colpisce nel profondo, smuovendo fantasie presenti più o meno in ognuno di noi. Una regia fitta di prestiti e filiazioni, ma molto personale fin dalla magistrale sequenza d'apertura, una lunga carrellata che abolisce lo scarto fra realtà e rappresentazione fissando subito le coordinate di un incubo. La protagonista, una Toni Collette da urlo (letteralmente), è infatti un'artista che riproduce momenti decisivi della sua vita di famiglia in case di bambola di allucinata precisione. Ed ecco condensato l'intero film. Cosa succede "veramente" a casa Graham? Quali conflitti sepolti fa riaffiorare la morte di quella nonna tirannica? Perché la nipotina Charlie, volto da uccello notturno e un gusto spiccato per i collage macabri, vive in un capanno tra gli alberi? E cosa significano le miniature allestite dalla capofamiglia? Tra le qualità di un horror raramente si citano le psicologie dei personaggi, la complessità dei loro legami (ci sono anche un figlio liceale e papà Gabriel Byrne, tutto pazienza e razionalismo), la capacità di costruire un mondo immaginario usando solo (o quasi) elementi del nostro quotidiano.

Bordeggiando acrobaticamente tra "Rosernary's Baby" e "Sussurri e grida" con un occhio (giura Aster) alle famiglie nevrotiche di Mike Leigh, "Hereditary" più che terrorizzare spiazza, scuote, inquieta. Non tutto è altrettanto sottile: appaiono anche, non senza humour, teste mozzate, tombe profanate, libri di occultismo, etc. Ma un vero horror per adulti, di questi tempi, è una paradossale benedizione.






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