Sarcasmo e apocalisse
di Marco Belpoliti
È possibile essere poetici utilizzando il sarcasmo? Toccare le corde più intime e allo stesso tempo demolire le credenze più profonde?
Kurt Vonnegut, scrittore americano, ci riesce da quasi cinquant'anni, da quando, dopo aver studiato biologia, combattuto giovanissimo la Seconda guerra mondiale, fatto il giornalista e l'addetto stampa, scrisse il suo primo romanzo di fantascienza. Reputato a lungo uno scrittore di serie B, Vonnegut conosce oggi una nuova fama in Italia. In realtà, i suoi libri sono sempre stati tradotti, negli anni Sessanta e Settanta dai grandi editori, poi da Eleuthera, che li ha ancora in catalogo. "Ghiaccio nove" (in originale "Cat's Cradle") è il terzo romanzo apocalittico di Vonnegut, il primo in cui lo scrittore libera tutta la sua carica esplosiva lavorando su tre temi che ritornano nei libri successivi: la vocazione catastrofica della scienza occidentale; la pretesa dell'America di dominare il mondo; la religione come rifugio ma anche risorsa nascosta degli esseri umani. Vonnegut irride tutto e tutti, ma possiede un fondo di pietas su cui fonda la propria fede anarchica: l'umanità non è cattiva, è solo fondamentalmente debole, perciò i sistemi sociali sviluppano scientemente la stupidità e la sottomissione dell'uomo facendo leva sull'egoismo e la bramosia. La storia raccontata in "Ghiaccio nove" è fantastica, eppure reale. Felix Hoenikker, il padre della bomba atomica, è morto lasciando ai figli in eredità una molecola in grado di congelare ogni forma vivente. I tre - una femmina e due maschi - sono esseri paradossali, sia in senso fisico sia morale: geni e mostri. La storia si svolge in tre fasi, prima a Ilium, la città di Hoenikker, dove si reca il narratore, poi su un aeroplano (nel suo affollato bar) in volo verso la fantomatica Isola di San Lorenzo, una specie di Cuba castrista e folle, infine sull'isola medesima, dominata da un dittatore cui si contrappone una strana religione: new age in anticipo. Vonnegut usa un modo di narrare scorciato, per brevi tasselli; eppure riesce a dilatare a dismisura i suoi piccoli spazi, quasi si trattasse di miniature medievali: particolari minuziosi e paesaggi improvvisi, dettagli e insieme grandi visioni. Il paradosso è reso reale dalla sua scrittura comica e insieme sarcastica, impietosa e lirica.
Sbalordisce, diverte, commuove, fa pensare. I suoi libri sono legati da un sottile filo di storie parallele, come una saga invisibile, un metatesto dell'apocalisse prossima e ventura.
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