Vonnegut, il dramma della Storia che si ripete
di Ermanno Krumm
L’illuminista paradossale, il reduce che rifiuta la storia, Kurt Vonnegut si avvicina ulteriormente, con l'ultimo libro, al suo modello. L'amato "Candide" di Voltaire ritorna in questo divertissement che gioca, alleggerendoli, con i temi e le modalità dei romanzi precedenti. C'è sempre un viaggiatore nel tempo fuori dalla storia per ridicolizzare meglio la casualità demenziale degli eventi (la guerra, prima; l'ultimo decennio del secolo, ora), ci sono anche l'ironia, l'umore nero e l'intelligenza di sempre. Sembra, invece, più lontano il lungo lavoro del lutto per la terribile esperienza della guerra, tipico, per esempio, di Mattatoio 5 ('68) e Galàpagos ('85). I modi carnevaleschi di eleganza settecentesca, con cui ne aveva aggirato e smontato il trauma, tornano - ora che il frastuono del bombardamento di Dresda sembra tacere - in una fiammata di irresistibile affabilità.
Del narratore americano nato a Indianapolis nel 1922, e diventato fin dagli Anni '60 uno dei più celebri e originali del sud Paese, si possono dare letture numerose e differenti. Offrendo spunti, digressioni e personaggi diversi, ciascun capitolo di Cronosisma autorizza infinite letture. E, d'altra parte, Vonnegut è famoso proprio per il suo modo di entrare e uscire dai generi. La fantascienza continua a fornirgli spunti efficaci. In quest'occasione è una contrazione dell'universo che comporta il ripetersi degli ultimi dieci anni a partire dal 1991. La storiografia, l'antropologia e il fantastico lo assistono nei tanti passaggi di ilare derisione: i poveri umani non possono che ripetere, punto per punto, quanto già accaduto. Ognuno ricorda quel che aveva detto nel momento in cui deve dirlo di nuovo.
Sembra di essere a teatro. Nessuno può modificare nulla, neanche cambiando una frase per salvare un amore o la pelle. Si può solo ripetere e subire quest'ultima terribile irrisione della storia. Solo il narratore multiplo sembra salvarsi: entra ed esce, dalle sue stesse gabbie con la leggerezza di un giocoliere.
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